La settimana bianca
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 6
Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
La bestia umana
Mi sono ritrovato questo libro in casa e ho voluto conoscere l'autore di cui non avevo mai letto niente. Non riesco a trovare punti di forza in questo romanzo se non la morbosità che la rende, forse, commerciale. La psicologia dei bambini delle elementari è poco credibile, soprattutto quella del bambino più grande. Si capisce subito dove si va a parare se vuole essere un noir. Lo stile non ha niente da dichiarare. Vorrebbe essere forse un romanzo introspettivo di formazione, ma non ci riesce anche se ci sono alcune intuizioni che riguardano il protagonista e il suo disagio nella situazione iniziale dell'arrivo in ritardo e della mancanza dello zaino che sono interessanti. Per me è un tipo di storia di cui si può fare a meno.
Indicazioni utili
Noir imperfetto
“In seguito Nicolas cercò a lungo, ancora oggi cerca, di ricordarsi le ultime parole che gli aveva rivolto suo padre”.
Incipit impeccabile per un romanzo che, sebbene definito “il più perfetto” di Carrère, a mio avviso è ben lungi dall’esserlo, sia per più di un’incongruenza e inverosimiglianza, sia perché lo svolgersi dei fatti non si rivela all’altezza delle aspettative.
Se è vero che la trama non perde mai quota, mantenendo abbastanza vivo l’interesse del lettore, non mancano però momenti noiosetti, quando ci si sofferma un po’ troppo su sogni, incubi e fantasie del bambino protagonista, a suon di periodi ipotetici tirati per le lunghe.
E poi, c’è l’elemento non poco disturbante di una sessualità infantile sviscerata nei suoi aspetti fisiologici e psicologici (un sogno innocente ma farcito di evidenti connotati erotici, svariati riferimenti al membro maschile), tanto che viene più volte da chiedersi se certi dettagli siano davvero così necessari.
Viene spontaneo il paragone con “Io non ho paura”: anche lì un bambino “tradito” dalle figure di accudimento, anche lì personaggi delineati a tutto tondo, ma la grazia del romanzo di Ammaniti latita in questo, se si escludono le ultime, struggenti pagine.
Un noir discreto, tutto sommato, a tratti emozionante, ma niente di più.
Indicazioni utili
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Una settimana bianca da dimenticare
Avevo buone aspettative su questo romanzo ma a lettura ultimata credo di sentirmi parzialmente deluso. Non tanto dalla trama di per sè, che rimane la cosa migliore direi, grazie anche all'ottima idea di lasciare al lettore la possibilità di comprendere da solo l'intera vicenda senza dare spiegazioni dirette, ma piuttosto dal contorno troppo poco sviluppato, nonostante il potenziale a disposizione di Carrère.... a cui va comunque il merito di averci pensato.
Certe situazioni così interessanti da portare avanti infatti sono state appena accennate, lasciando un po' di amaro in bocca nel lettore (almeno a mio avviso). Mi riferisco in particolare ad alcuni temi di straordinaria importanza e così attuali ancora oggi ahinoi, come gli episodi di bullismo ai danni di Nicolas (a proposito veramente spaventosa la scena del "solo contro tutti" nella prima notte passata nella camerata con gli altri compagni di scuola nel cottage di montagna) , oppure sempre per rimanere in argomento, alla figura del ragazzino "capobranco" carismatico che lascerebbe così ben promettere e che poi si perde strada facendo, sfociando nel "gioco del detective" a cui si presterà, lasciandosi conquistare dalla fantasia galoppante dello stesso Nicolas.
Proprio la fantasia di Nicolas, la sua capacità di elaborare storie per sfuggire ai drammi del quotidiano ed ai problemi familiari così evidenti, sebbene assolutamente giustificate e coerenti come si potrà ben intuire al termine del racconto, hanno però il difetto di allungare un po' troppo il brodo, facendo perdere quel pathos, quel senso di inquietudine che invece una narrazione meno singhiozzante riuscirebbe a comunicare.
In definitiva però rimane una lettura gradevole, ultimata la quale ci si può interrogare sul perché Carrère, nel corso degli anni, abbia abbandonato questo filone romanzesco per dedicarsi invece a tutt'altro genere.
Indicazioni utili
Aspettando la tragedia...
Premetto che io sono particolarmente sensibile alle storie che vedono come protagonisti i bambini, mi coinvolgono e mi mettono in uno stato di "agitazione" non indifferente, ma in senso buono...nel senso che quando un libro mi suscita queste sensazioni vuol dire che ha fatto breccia nel mio cuore.
In questo libro viene raccontata una storia toccante ed intensa...in cui aleggia costante una sorta di "angosciosa attesa" della tragedia che incombe.
Nicolas è un bambino fragile, insicuro, che vive sogni popolati da incubi...e, come tutti i bambini, tende a "inventare storie"...ma questa volta la realtà ha superato la fantasia e si è "servita" delle sue storie apparentemente senza senso.
Un noir diverso dal solito...acuto, sensibile, profondo, ricco di riflessioni.
Sei portato a guardare tutto con gli occhi del bambino, a portarti addosso il suo disagio, il suo malessere, incapace di dargli un nome, un volto, ma percependo "il male" che opera indisturbato intorno a lui.
Carrère non si smentisce mai.
Sempre un gran bel leggere.
Indicazioni utili
Top 100 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Neve, attesa e rivelazione.
Nicolas non è un bambino come gli altri. Il fatto che arrivi allo chalet di montagna -dove passerà la settimana bianca coi suoi coetanei- accompagnato in auto dal padre, anzichè col pulmino preso dagli altri, e che il suo bagaglio resti nella vettura del genitore, è già sintomatico di una differenza significativa tra il piccolo protagonista e il resto del mondo.
Quel mondo a Nicolas non piace, preferirebbe nascondersi da esso. Il ragazzino è timido, introverso, insicuro; Carrère ne spiega i motivi con grande acume affabulatorio, sfruttando ogni parola per comporre un mosaico disperato in cui è palese la presenza del buio nella vita del piccolo, salvato, per il momento, solo dall'innocenza tipica dell'età.
Nemmeno il sodalizio con il simpatico animatore Patrick sembra poter portare sollievo. Nicolas, dopo essersi buscato una brutta influenza, spera di passare a letto tutti quegli interminabili giorni, se non fosse intrigato dalla sparizione di un bimbo del villaggio vicino.
Nicolas è intelligente, ama leggere, affascinato da storie inerenti situazioni spaventose. Mostri e orrori d'ogni genere si fissano nella realtà di tutti i giorni uscendo come per magia dalla pagine, rendendo più sopportabile, e al tempo stesso pericoloso, il suo "scontro" con il quotidiano.
Romanzo toccante e diretto, dalla scrittura essenziale, ma anche ben stratificato nella risoluzione del mistero e nella costruzione di quella che potrebbe essere l'imminente tragedia, "La settimana bianca" è un lavoro scandito dall'interminabile attesa. L'oculato affastellare dei fatti verso la verità permette d'avvertire immediata la distorsione, l'anomalia, il sentore del male senza poterlo individuare.
Carrère furbescamente gioca in sottrazione, offrendo una visione ad altezza bimbo cogliendone con efficacia gli aspetti più intimi tra paure, ingenuità e insicurezze.
A conquistare è la facilità con cui si entra in contatto con la debolezza del giovane protagonista, mai descritto con ricattatoria retorica, semplicemente come individuo incapace - non per sua colpa - di adeguarsi.
La comprensione dei fattori generanti il malessere è liberatoria ma da pagarsi a caro prezzo; la sofferenza del protagonista si fonde con quella dello lettore, finalmente sollevato dall'enigma ma oppresso dall'amara rivelazione.
Indicazioni utili
L'idea del male
Non è tra i più bei romanzi di Carrère, ma proprio per questo ha un fascino particolare, è una chicca: breve e intenso, elementi diversi concorrono al risultato voluto dall'autore che li struttura ai margini della vera azione, di taglio allo scandalo. L'autore lavora sulla presa di coscienza della realtà esterna attraverso gli stimoli sensoriali di un ragazzino, li analizza mediante i processi cognitivi psichici dell'idea del male, con le persone più vicine alla sua sfera distruttiva, come in una tragedia greca. È una terribile storia. Già dalla copertina e dall'inizio del racconto si percepiscono la contrapposizione del candore del colore con la malattia la rappresentazione dell'orrore e l'ansia per Nicholas, inerme e indifeso ragazzetto di dieci anni depositario di terrificanti profezie. Ha paura e allo stesso tempo ha un'eccitazione emotiva per i suoi segreti che sembrano avverarsi, passando poi per la certezza della sua mente. È un bambino sfortunato, anche quando riceve da alcuni suoi compagni di classe atti di bullismo. È il finale, però, quello che lascia più perplessi, anche se Carrère punisce il ragazzino perchè innocente attribuendo a quest'ultimo la colpa del suo candore.