La scomparsa di Stephanie Mailer
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Il 30 luglio 1994 a Orphea, nello stato di New York, sta per inaugurare la prima edizione del locale festival teatrale. Ma la cittadina viene sconvolta da un terribile omicidio: il sindaco della città viene ucciso in casa insieme a sua moglie e suo figlio. Nei pressi viene ritrovato anche il cadavere di una ragazza, Meghan, uscita di casa per fare jogging. Il caso viene risolto, l'omicida incriminato da due poliziotti, Jesse Rosenberg e Derek Scott. Lunedì 23 giugno 2014. Jesse Rosenberg, a una settimana dalla pensione, viene avvicinato da una giornalista, Stephanie Mailer, la quale gli annuncia che il caso del 1994 non è stato risolto: la persona a suo tempo incriminata è innocente. Ma non ha il tempo per fornire prove. Pochi giorni dopo viene denunciata la sua scomparsa.
Recensione della Redazione QLibri
la strana scomparsa di una giornalista
Joel Dicker, nato a Ginevra nel 1985, ha pubblicato La verità sul caso Harry Quebert, Gli ultimi giorni dei nostri padri, Il libro dei Baltimore. Ora torna in libreria con un poderoso libro dal titolo: La scomparsa di Stephanie Mailer.
Un libro giallo, ma non solo, piuttosto corposo (più di settecento pagine), che ho letto con interesse e curiosità, che non mi ha mai stancato, grazie alla capacità straordinaria dell’autore che riesce sempre a sorprendere e a creare il giusto tempo dell’attesa. Presentato nel recente Salone del Libro di Torino, Joel Dicker ha dichiarato che con questo libro lui vuole dimostrare che:
“La verità non esiste e la funzione è solo un gioco della realtà”.
La vicenda si svolge ad Orphea, una città immaginaria degli Hamptons, alle porte di New York. Una cittadina tranquilla, la cui quiete viene bruscamente interrotta una notte del 30 luglio 1994, in cui:
“Quadruplice omicidio a Orphea: il sindaco e la sua famiglia assassinati. Sabato sera il sindaco di Orphea, Joseph Gordon, sua moglie e il figlio di 10 anni sono stati trucidati nella loro casa. La quarta vittima è Meghan Padalin, di 32 anni. Quest’ultima, che al momento dei fatti stava facendo jogging, deve avere assistito per caso alla scena ed è stata freddata in piena strada, davanti alla casa del sindaco.”
Molti anni dopo il detective incaricato di seguire il caso, Jesse Rosenberg, sta per abbandonare il lavoro per andare in pensione. Durante i festeggiamenti viene avvicinato da una giornalista dell’Orphea Chronicle, Stephanie Mailer, la quale gli comunica che :
“Secondo lei, nel 1994 abbiamo preso un granchio. Dice che nell’indagine ci è sfuggito qualcosa e abbiamo sbagliato il colpevole. (…) Che la risposta era sotto i nostri occhi e non l’abbiamo vista.”
All’epoca era stato incriminato un ricco ristoratore, Ted Tennenbaum. Purtroppo dopo averne fatto la sua conoscenza, della donna se ne perdono completamente le tracce. Trovare l’assassino e scoprire che fine ha fatto Stephanie diventa una questione principale per gli investigatori, soprattutto per Anna Kanner, nuova vicecomandante
“arrivata a Orphea sabato 14 settembre 2013. (…) Davanti a me si schiudeva una nuova esistenza. Gli unici reperti della mia vita precedente erano i mobili che avevo fatto portare da New York.”.
Sullo sfondo ci sono i preparativi per una nuova edizione del festival teatrale, le manovre politiche dei politici locali, i problemi personali e familiari dei tanti personaggi coinvolti nelle indagini parallele, fino al momento in cui si stabiliscono improbabili e turbolenti collegamenti tra passato e presente. Affascinante è la descrizione dei complessi rapporti che legano le persone che abitano e formano la piccola comunità, intessuti di rivalità, invidie, adulteri, sentimenti di odio, di rivalsa e di vendetta.
Il libro e la sua narrazione sono tese, mozzafiato e sorprendenti nelle sue conclusioni. Lo stile di scrittura è fresco, frizzante, non si perde in inutili digressioni. La curiosità è continuamente sollecitata, e l’intreccio ben congegnato e costruito inchioda il lettore in una lettura forsennata. Una vera e propria discesa negli inferi di una notte buia, attorno al quale ruota una trama densissima e corposa.
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Recensione Utenti
Opinioni inserite: 8
Capitano 99%
Il detective Jesse Rosenberg festeggia con i colleghi l’ultima settimana di lavoro prima della pensione. Sta per lasciarsi alle spalle una vita professionale di successi, siglata da quell’eloquente soprannome, capitano 100%.
Una donna gli si avvicina: “Mi chiamo Stephanie Mailer, sono una giornalista dell’Orphea Chronicle. Le dispiace se la chiamo capitano 99%?”.
È così che lo spettro dell’errore affiora dalle acque buie della memoria, dove da vent’anni giacevano sommersi i ricordi del quadruplice omicidio di Orphea. Il suo primo caso, il suo primo trionfo, la sua più profonda inquietudine: e se avessero davvero accusato un innocente?
L’improvvisa scomparsa della giornalista induce Jesse a riprendere in mano quella vecchia inchiesta, con l’aiuto del proprio compagno di allora e di una giovane e intuitiva poliziotta. Pagina dopo pagina, la trama si arricchisce così di personaggi, storie parallele e rivelazioni inaspettate, mescolando passato e presente, flashback e azione, indizi e smentite, menzogne e verità. Fino alla svolta finale.
Il thriller è squisitamente scorrevole, intrattiene a un ritmo serrato inanellando colpi di scena in abbondanza. Joel Dicker ripropone di fatto la stessa formula che decretò qualche anno fa il successo de “La verità sul caso Harry Quebert”, dando vita ad una storia avvincente, dallo stile fluido, caratterizzato da molteplici variazioni: di voce, di prospettiva, di tono. L’intento è chiaramente quello di affascinare con un’architettura appositamente complicata, infarcendo l’intreccio poliziesco con abbondanti digressioni nella vita e nei segreti dei numerosissimi personaggi. La sensazione è che l’autore si sia lasciato però trascinare dall’imperativo di sbalordire e abbia perso a tratti il senso della misura esagerando un po’ nelle forzature dell’intreccio, in divagazioni inutili, persino nella caratterizzazione di alcuni personaggi, che risultano esageratamente macchiettistici.
Volutamente sovrabbondante, la trama tiene comunque fino alla fine e il romanzo si lascia leggere con una certa piacevolezza. Per chi ama suspense, adrenalina e colpi di scena e non ne teme l’assunzione in dosi oltremodo massicce.
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Dagli squali alle ortiche
2014 - Stephanie Mailer allunga il braccio verso il capitano Jesse Rosenberg e chiede: Cosa vedi?
Lui le risponde la mano.
Io ti mostravo le dita Jesse, non la mano.
Avete visto ciò che volevate vedere, non quello che vi si mostrava.
1994 – Stato di New York, la cittadina di Orphea è in fermento per il festival del teatro, le strade sono deserte mentre tutti sono a godersi lo spettacolo. La notte frizzante viene squarciata da quattro terribili omicidi, gli agenti Jesse Rosenberg e Derek Scott, dopo una lunga indagine, incastrano il killer.
Io ti mostravo le dita Jesse, non la mano.
Avete visto ciò che volevate vedere, non quello che vi si mostrava.
Stephanie Mailer è scomparsa.
Il thriller trotta incalzante, sono brevi capitoli che terminano con una rivelazione o un nuovo quesito, il livello di suspense è altissimo. Vengo piacevolmente divorata dalle pagine come fossi donna in mare alle prese con un branco di squali, dopo che la mia barca è colata a picco.
Poi però una corposa parte del testo ruota attorno ad un evento di una tale assurdita’ da rendere la vicenda non solo inverosimile, ma ancor peggio che grottesca. Voglio serieta’ in un thriller, lascio le burle alla commedia.
Le azzurre onde atlantiche degli Hamptons, in cui sguazzavo dilaniata da predatori assassini, si trasformano in un verde campo di ortiche nella primavera della pianura Padana e io dentro a rotolarmi, senza tregua e senza antistaminici.
Seguono un’accozzaglia di personaggi e morti a bizzeffe, segnalo alla fine del volume –ormai inutile- un elenco dei soggetti principali.
Di gran lunga migliori i due romanzi precedenti, mentre di malumore termino finalmente il nostro tomo mi imbatto nel risvolto di copertina col volto del Dicker che se la ride di gusto.
Ma che ti arrabbi, mi rimprovero. Saranno pure autori di successo, ma in fondo sono solo ragazzi, lasciamo che si divertano.
Da leggere tutto d'un fiato
Dopo aver visto il film "Harry Quebert", che mi é piaciuto veramente molto, non ho potuto fare a meno di comprare questo libro.Mi sono detta che, se il film tratto da un suo libro, era stato così coinvolgente, chissà leggere un suo libro. E devo dire che già dalle prime pagine sono stata rapita dal modo di scrivere di Joel e dalla storia. Non è certo come leggere i soliti gialli o thriller... Questo libro ha veramente una marcia in più. Pensi di scoprire tutto, pensi di aver capito come sono andate le cose, ma rimani sempre a bocca aperta per lo stupore e l'inventiva dello scrittore. Sebbene ci siano veramente tanti personaggi, non ci si perde per nulla e la storia non risulta mai noiosa. C'è sempre qualcosa che ci fa andare avanti, e avanti e ancora avanti... La curiosità di scoprire la verità si fa sempre più presente! Un libro fantastico, spero di vederlo presto sul grande schermo!
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La notte buia
Quest’autore predilige le storie complicate, intrecciate, incastonate le une nelle altre ed anche questo suo ultimo lavoro ne è una dimostrazione. Un libro davvero lungo da leggere ma che non ti annoia mai e in cui non perdi mai il filo, pur essendo tanti i personaggi, pur essendo tanti i segreti che nascondono. Nonostante il titolo, molto presto perdi di vista Stephanie, nel senso che la tua attenzione viene via via spostata su altri canali. Hai la sensazione proprio di essere accompagnato dall’autore su altri percorsi e di mano in mano che la morsa dell’indagine si stringe, ti senti sempre più appassionato a scoprire che cosa è successo in quella notte buia e tutte le conseguenze che quel fatto ha comportato nella vita di così tante persone. Il mio personaggio preferito in assoluto è stato l’anima scura di Dakota.
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Sono finita anch'io nella notte buia
Ho amato profondamente gli altri libri di Dicker, in particolare "il libro dei Baltimore", ecco perché avevo aspettative molto alte su questo e non vedevo l'ora di leggerlo. Adesso che l'ho appena finito, posso dire che è un ottimo libro, non mi ha assolutamente delusa, ma per me non è all'altezza dei precedenti.
L'intreccio è veramente molto complesso, per dare un'idea posso dire che Stephanie Mailer è una giornalista che si mette a indagare su un quadruplice omicidio avvenuto venti anni prima in una tranquilla località degli Hamptons, la ragazza non è convinta che colui che fu dichiarato colpevole lo sia stato davvero. Indagando, riapre però ferite vecchie di venti anni e soprattutto scopre un vaso di Pandora che sconvolgerà di nuovo la cittadina. Questa è la trama base, alla quale si intrecciano moltissimi altri personaggi, molte altre storie che si svolgono a cavallo fra il 1994 e il 2014, mentre leggi sembra un bel guazzabuglio senza né capo né coda, in realtà più vai avanti più ogni tassello va al suo posto fino alla fine dove davvero non rimane neanche un interrogativo aperto perché tutto è stato spiegato. Con così tanti personaggi e così tante storie da seguire, l'unico rischio è di perdersi un po' ma questo romanzo ha il pregio di tenerti attaccato col naso fra le pagine dall'inizio alla fine, tutto scorre velocemente e non te ne accorgi nemmeno.
La cosa che ho trovato molto differente rispetto ai libri precedenti sono i personaggi: negli altri romanzi erano sempre molto realistici, molto umani, molto sensibili, in questo invece molti di loro li ho visti come stereotipi, macchiette, personaggi quasi più teatrali che reali: il sindaco corrotto, l'uomo d'affari che tradisce la moglie, la giovane drogata, il regista fallito pazzo, il critico che è un perfetto pallone gonfiato. Questa descrizione invece non si applica ai tre personaggi principali, Jesse, Derek e Anna, i quali sono personaggi veri anche se ci vogliono 700 pagine per capirli fino in fondo e sapere cosa hanno passato per diventare quello che sono oggi.
E' un libro da cui non ti staccheresti mai, alla fine ti senti anche te dentro la notte buia.
NB. Nota negativa: la mia edizione era piena zeppa di errori/refusi, è una cosa che reputo sempre molto antipatica, se poi mi trovo davanti a cose come "l'hanno scorso" mi diventa addirittura inaccettabile. Spero che le edizioni seguenti siano state corrette.
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Da leggere con attenzione per non perdere il filo!
Joel Dicker è un giovane scrittore elvetico, nato nel 1985. E’ quindi poco più che trentenne ed ha già fornito ampie prove delle sue capacità: ne sono testimonianza quello che sino ad oggi è forse il suo capolavoro, “La verità sul caso Harry Quebert” del 2012, un best seller complesso ed enigmatico che ha rivelato il talento dell’autore ed ha rappresentato un vero e proprio caso letterario, e “Il libro dei Baltimore” del 2015, una saga familiare alla Thomas Mann forse meno coinvolgente del precedente ma con evidenti progressi stilistici. Ed ecco, pubblicato nel 2018, un terzo romanzo-fiume, un poliziesco a mio modo di vedere affascinante e raccontato nel modo giusto da un autore ormai smaliziato che tiene sulla corda, senza cedimenti e con un ottimo ritmo narrativo, i suoi affezionati lettori. Sono ben 700 pagine, che spaziano con continui sbalzi temporali dal 1994 (anno in cui è stato commesso un atroce delitto: hanno perso la vita l’intera famiglia del sindaco di Orphea e una ragazza che faceva jogging nelle vicinanze) ed il 2014 (anno in cui vengono a galla rivelazioni sensazionali, che portano ad una ripresa delle indagini). Il tutto accade a Orphea, una ridente cittadina immaginaria degli Hamptons, alle porte di New York: qui si organizza periodicamente un festival teatrale ed è proprio in occasione della manifestazione del ’94 che avviene il fattaccio. Il festival si ripete nel 2014 e, dopo una serie di eventi che costituiscono la trama del racconto tra i quali appunto la scomparsa della giornalista Stephanie Mailer, vi partecipano i principali indiziati dei delitti. La polizia (due sono gli investigatori, Jesse Rosenberg e Derek Scott, cui si aggiunge più tardi un terzo agente, Anna Kanner) brancola nel buio, i sospetti si concentrano su un gruppo di personaggi che avrebbero avuto interesse ad eliminare la famiglia del sindaco e svariati testimoni, vicini alla verità. L’intrigo è complicato e si deve all’abilità narrativa dell’autore se la tensione non viene mai meno. I capitoli si susseguono, spaziando dal 1994 al 2014, e via via sono i protagonisti che narrano in prima persona quello che è accaduto o che accade: tutti gli eventi sono abilmente concatenati, con particolari cui il lettore dovrà prestare molta attenzione per non perdere il filo. Attenzione messa a dura prova dalla lunghezza del romanzo, inusitata per un poliziesco. Da notare che nel racconto che fa da spina dorsale al romanzo, si possono individuare ed estrapolare almeno altri due filoni narrativi che potrebbero da soli formare la trama di altri due romanzi: la vicenda di Dakota Eden, una ragazza dall’adolescenza difficile che si riscatta riconquistando gli affetti familiari, e la storia drammatica di un tormentato rapporto adulterino tra il direttore di un importante giornale newyorkese, Steven Bergdorf, e la sua giovane ed avvenente impiegata, Alice, con esito truculento e finale surreale. A parte la prolissità sopra segnalata, una certa banalità nei dialoghi ed un finale a sorpresa forse troppo semplicistico (ad una conclusione dopo tanto scrivere si doveva pur arrivare!), il giallo di Joel Dicker è indubbiamente il risultato di un lavoro minuzioso e faticoso: nonostante l’imponente mole del libro, non ci si annoia a patto di prestare grande attenzione a quello che si legge e a non perdere (può capitare!) il filo del racconto.
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La verità sulla scomparsa di Stephanie Mailer
Il primo amore non si scorda mai.
Con "La scomparsa di Stephanie Mailer", Joël Dicker torna alle origini della sua produzione letteraria, cimentandosi nuovamente con il genere poliziesco, cinque anni dopo "La verità sul caso Harry Quebert", che lo fece conoscere al grande pubblico.
Essendo questo, appunto, un ritorno al genere che lo rese celebre, ho ritrovato con piacere alcuni elementi di stile che avevo apprezzato nella "Verità sul caso Harry Quebert". Una prosa asciutta, innanzitutto, essenziale, perfetta per il genere: un poliziesco nel senso più tradizionale del termine, ma con i ritmi serrati tipici del thriller.
Ho accennato ad una prosa asciutta. Credo che qualche parola in più su questo punto vada spesa, dal momento che qualcuno potrebbe farmi notare, giustamente, che l'ultima fatica di Dicker sfonda il tetto delle settecento pagine! Ebbene, mi credete se vi dico che scorrono che è un piacere? Ho letto questo romanzo in meno di una settimana; il mio sguardo scorreva agile sulle parole, sfiorandole appena. Ciò è dovuto alla capacità dell'autore di ricorrere a proposizioni brevi e musicali, e all’aver dato vita ad una trama densissima, ricca di colpi di scena -gestiti con sapienza ed equilibrio- che si susseguono incessantemente.
Settecento pagine, di cui non una sola risulti superflua. Questo è il vero punto forte di Dicker: un intreccio ricco e solidissimo, il cui disegno apparirà chiaro solo a lettura ultimata, non una pagina prima.
Sulla trama preferisco tacere, affinché possiate godere appieno di questo romanzo.
Vorrei però sollecitare ulteriormente la vostra curiosità accennando a due ulteriori elementi tipici dello stile di questo giovane autore: la coralità e l'analessi.
I romanzi polizieschi di Dicker, ormai è chiaro, sono splendidi intrecci corali: non esiste un protagonista, ne esistono decine. E vi affezionerete a tutti (o quasi!), vi do la mia parola. Capita sovente, anche agli scrittori più famosi che, portando avanti più narrazioni parallele, una o più tra queste risultino deboli, sottotono: a Dicker questo non accade, mai.
Quanto all'analessi, è forse il vero biglietto da visita del giovane autore francese: tanto nella "Verità sul caso Harry Quebert" quanto nella "Scomparsa di Stephanie Mailer", infatti, le indagini presenti richiamano un'indagine passata, considerata chiusa decenni prima.
E in tutto ciò, sapete qual è la cosa migliore? Che alla fine tutto torna, a dispetto di ciò che troppo frequentemente accade in romanzi di questo tipo.
Appagante.
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"Qui comincia La Notte Buia"
Orphea, città immaginaria degli Hamptons alle porte di New York. È il 30 luglio 1994, la cittadina si sta preparando a mettere in scena la prima edizione del locale festival teatrale quando un quadruplice omicidio, in cui restano uccisi lo stesso sindaco Gordon con suo figlio e sua moglie nonché una passante intenta a fare jogging dal nome Meghan Paladin e nota tra i paesani per il suo impiego presso la libreria Illinois, sconvolge la pace e la serenità del luogo. Gli agenti Jesse Rosemberg e Derek Scott, all’inizio della loro carriera, riescono a risolvere – seppur a caro prezzo – il caso e a inchiodare magistralmente il colpevole.
23 giugno 2014. Stephanie Mailer, avvicina l’ormai capitano di polizia di Stato Jesse Rosemberg, pluripremiato e a ormai una settimana dalla pensione. Senza mezzi termini lo informa del fatto che nell’indagine del 1994 ci sono stati molteplici inesattezze e errori tanto che assolutamente non può ritenersi chiusa l’inchiesta. La reazione dell’uomo all’inizio è sicura, a suo dire la ricostruzione dei fatti non presenta lacune e anzi, è proprio l’epilogo delle vicende a rendere inequivocabile il risultato nonché la colpevolezza dell’indiziato numero uno. Eppure, il tarlo inizia a far breccia nella sua mente. E se si fossero sbagliati? Contattato Derek, che da oltre venti anni è nella sezione amministrativa, Jesse decide di riprendere in mano quanto accaduto in occasione di quel primo festival e proprio quando inizia a dar credito alle affermazioni della giornalista, ecco che questa scompare. Che avesse scoperto qualcosa di concreto sul quadruplice omicidio? Che l’omicida non sia stato Ted Tennenbaum e che al contrario il vero colpevole sia ancora in vita e a piede libero? I giorni trascorrono inesorabili, ad aiutare i due agenti si affianca Anna Kanner, vicecomandante della polizia di Orphea e ex negoziatrice dell’anticrimine di New York, che apporrà un contributo fondamentale non solo alle ricerche della donna ma anche alla risoluzione di una matassa tutt’altro che sbrigliata. A far da contorno al giallo non mancano i preparativi per la ventesima edizione del festival teatrale, non manca il fantasma della “notte buia”, non mancano i fantasmi della cittadina e dei singoli protagonisti presentati.
L’opera scorre rapida tra le mani del lettore che riesce a seguire senza difficoltà le fasi della ricostruzione poliziesca nonché quelle relative alle vicende del passato. Il testo, è infatti, un continuo flash back tra ieri e oggi, espediente narrativo, questo, che permette al conoscitore di comprendere i personaggi, di amarli e sentirli vicini nonché di essere condotto a quella che è la soluzione del caso. Non mancano analisi sulla dimensione umana e in particolare sulla psiche profonda che si cela dietro ciascun individuo. Nulla è mai come appare. Dettagliati e ben caratterizzati sono quindi i personaggi e le ambientazioni. Utile è anche la griglia finale – stile Follettiano – che favorisce la memorizzazione di ciascun “attore”.
E se lo stile è fresco e fluente e se la trama è ricca di colpi di scena e ben costruita su quello che è l’intreccio portante, purtroppo, verso la metà dell’elaborato, è proprio questa eccessiva articolosità a rischiare di danneggiare il contenuto dello scritto.
Se chi legge ha una partenza, vista la mole di oltre 700 pagine, rapida e ammaliatrice tanto che non riesce a staccarsi dalle pagine viaggiando su una media di un 150/200 al giorno, arrivato intorno alle 457 pagine, questo ha una battuta d’arresto tanto che, seppur la curiosità di conoscere l’identità dell’omicidio resti, seppur la curiosità di scoprire cosa sia accaduto nel 1994 e cosa nel 2014 sia ancora forte, ahimé, quelle poco più di 245 pagine sono veramente dure da digerire. Lo scritto tende a cadere nel prolisso, in digressioni inutili, senza contare che l’autore soltanto sul finale si decide a sopperire a quegli elementi della giovinezza e della storia di Jesse, Anna e Derek che aleggiano nell’aria sin dal principio. Se a questo si somma un continuo rimescolarsi delle carte, la piacevolezza scema un po’. La sensazione, per quanto il giallo sia interessante, è quella che l’autore abbia voluto allungare un racconto che comunque avrebbe retto e avrebbe conquistato anche con qualcosa di meno. Ha rischiato, nel far ciò, di rovinare un buon lavoro. Stonante, talvolta, l'eccessivo utilizzo del passato remoto.
In conclusione, “La scomparsa di Stephanie Mailer” è un buon poliziesco, un volume che tiene e incuriosisce, con personaggi solidi e una trama anche troppo articolata e in cui la mole si dimostra essere un’arma a doppio taglio. Ad ogni modo è una lettura che sa il fatto suo.