La ragazza di neve La ragazza di neve

La ragazza di neve

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1998, New York, parata del Giorno del Ringraziamento: Kiera Templeton, tre anni, sparisce. Succede tutto in un attimo: il padre perde la presa calda e leggera della mano di sua figlia e improvvisamente non la vede più, inghiottita dalla folla che si spintona. Inutile chiamarla, chiedere aiuto e disperarsi. Dopo lunghe ricerche, vengono ritrovati solo i suoi vestiti e delle ciocche di capelli. 2003, cinque anni dopo, il giorno del compleanno di Kiera: i suoi genitori ricevono uno strano pacchetto. Dentro c'è una videocassetta che mostra una bambina che sembra proprio essere Kiera, mentre gioca con una casa delle bambole in una stanza dai colori vivaci. Dopo pochissimo lo schermo torna a sgranarsi in un pulviscolo di puntini bianchi e neri, una neve di incertezza, speranza e dolore insieme. Davanti al video c'è anche Miren Triggs, che all'epoca del rapimento era una studentessa di giornalismo e da allora si è dedicata anima e corpo a questo caso. È lei che conduce un'indagine parallela, più profonda e pericolosa, in cui la scomparsa di Kiera si intreccia con la sua storia personale in un enigmatico gioco di specchi che lascia i lettori senza fiato. Un thriller perfetto che ribalta le regole del genere.



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La ragazza di neve 2022-09-21 21:20:57 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    21 Settembre, 2022
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UN THRILLER MEDIOCRE

Siamo a New York nel 1998 e durante la parata per il giorno del Ringraziamento la piccola Kiera Templeton di appena tre anni sparisce nel nulla, saranno vani tutti i tentativi dei genitori di cercarla e anche poi quelli della polizia.

Passano gli anni, il matrimonio di Aaron e Grace, il padre e la madre della bambina, si sgretola e la loro vita è cambiata molto da quel giorno. La speranza di poterla ritrovare rimane sempre viva e nel 2003 arriva una videocassetta, dove c'è una bambina che gioca e sembra proprio la loro figlia scomparsa. I filmati non finiranno qui e ne arriveranno degli altri ma Kiera non si trova da nessuna parte.




"Aaron e Grace, invece, non si sarebbero fermati che un’ora più tardi quando, dopo aver perso la voce e il cuore nelle ricerche della figlia, la loro vita sarebbe cambiata per sempre."




Miren Triggs si appassiona al caso fin da subito, prima da studentessa e poi da giornalista e deciderà di non fermarsi fino a quando non arriverà a trovare la bambina.

Mi fermo qui con la trama perché di più non posso dire, però sono di fronte all'ennesimo thriller lento e con poca suspense con una struttura narrativa confusa e con decisamente troppi piani temporali.

L'autore utilizza dei capitoli brevi che conclude spesso con un cliffhanger, per tenere alta la tensione della storia, che poi però viene smorzata o annullata quando per ritornare allo spazio temporale che abbiamo lasciato in sospeso, passano tre o quattro capitoli.

E' una storia simile ad altri thriller, sicuramente è molto difficile essere originali in questo genere, non ci sono colpi di scena eclatanti, si legge velocemente ma non si rimane attaccati alle pagine, non capisco il successo di questo libro e mi chiedo quanti lettori di thriller leggendolo lo possano apprezzare.

La scrittura di questo autore è semplice ma dispersiva, si perde in dettagli che non interessano al lettore e inoltre in alcuni punti l'ho trovato poco verosimile.

I personali sono delineati in maniera approssimativa, l'autore si sofferma di più su Miren perché sarà la protagonista anche dei prossimi capitoli, visto che la serie porta il suo nome.

La polizia che dovrebbe indagare non riesce a mettere insieme due prove e trovare delle piste valide, mi è sembrato che come molti altri bambini scomparsi ci fosse l'intenzione di trovarli ma che alla fine i molti casi e il poco personale, abbia influito molto e non abbiamo fatto nulla per Kiera.




"In quel video Kiera mi fece pena. Durante l’intero minuto di registrazione scriveva su un quaderno, indossando un brillante e scomodo vestito arancione. Era una bambola rotta, come lo ero stata io. Se facevi attenzione, potevi immaginare le lacrime che cadevano sui fogli. Anch’io avevo avuto un periodo così, in cui mi sentivo sola, prigioniera dell’universo, e in realtà forse lo ero ancora, per quanto avessi cercato di rimettere insieme i pezzi con una colla fatta di rabbia e disperazione."


E' un thriller debole, piatto e poco avvincente che anche volendo non riesco proprio a salvare, prevedibile e poco originale e questo non è un giudizio personale perché per chi ama i thriller non può rimanere colpito in positivo da questo testo.

L'autore è spagnolo, mi sono chiesta più volte perché ambientare la storia a New York, trovo sempre, la scelta di cambiare paese da parte di uno scrittore, come un qualcosa di sbagliato che toglie autenticità alla storia. Non metto in dubbio che Castillo conosca New York e magari la apprezzi, però era meglio ambientarla in Spagna.

Il finale è la parte che mi ha delusa di più, mi aspettavo una conclusione degna di questo nome, speravo che ci fosse un colpo di scena e invece niente.

Ho letto questo romanzo perché avevo sentito parlare bene di questo autore spagnolo, ma ancora una volta ho capito come si promuova un libro con leggerezza senza una vera critica costruttiva, sì è un thriller scorrevole ma la storia è banale e molto prevedibile, di romanzi così ne ho letto centinaia quindi non è nulla di che. Sono sicura che questo autore abbia scritto o scriverà qualcosa di meglio.

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