La quarta profezia
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Recensione della Redazione QLibri
Pastorale portoghese
Quella di Fatima, in Portogallo, è tra le più note apparizioni mariane nel mondo, seconda solo alla celeberrima Lourdes in Francia.
Con alcune, eloquenti, differenze.
Lourdes vede un’unica protagonista assoluta, la santa Bernadette Soubirois, a cui sola apparve la Madonna, e alla quale non furono affidati particolari messaggi da secretare perché di peculiare gravità e delicatezza.
Inoltre, la giovane ebbe vita breve, anche perché dotata di una precaria costituzione fisica, da cui era affetta ben prima degli eventi di cui fu testimone.
A Fatima la Madonna appare, assai più tardi, ed in epoca relativamente recente, il 13 maggio 1917, non ad una sola giovinetta ma a ben tre bambini, tre pastorelli.
Quasi a significare un triplicarsi di testimoni oculari del mistero mariano, un moltiplicarsi dei diretti referenti ed un intrinseco diffondere l’evento a più voci.
La più grande di loro, pur avendo solo dieci anni, e del tutto analfabeta, divenne una delle più serie, ascoltate e studiate protagoniste di tali manifestazioni divine, probabilmente la testimone più attendibile disponibile nella storia di simili eventi soprannaturali.
Si chiamava Lucia dos Santos, e le apparizioni si sarebbero ripetute altre cinque volte, fino al 13 ottobre. Fatto ancora più singolare però, è che nell'incontro del 13 luglio la Madonna avrebbe rivelato un segreto (diviso in tre parti) che avrebbe dovuto essere rivelato solo al tempo stabilito, ad intervalli di tempo, costituenti appunto le tre profezie accertate. Cosa che in effetti avvenne; d’altra parte, come è umanamente risaputo, tener celato un segreto quando la sua stessa esistenza è nota da subito a più di una persona, è spesso difficilissimo, soprattutto data l’importanza e la portata del fenomeno.
Figuriamoci per due, per tre poi non si pone proprio il problema, è impossibile, come è noto i tre messaggi sono stati poi effettivamente rivelati, e resi pubblici a chiunque, suscitando discussioni di vario genere. Concernono fatti storici conclamati, l’ultimo fa espresso riferimento all’attentato in San Pietro a danno di Giovanni Paolo II, che scampato letteralmente per miracolo alla morte, volle incontrare suor Lucia e fece del proiettile che lo aveva risparmiato un ex voto di ideale importanza.
Per quanto detto, si comprende allora che Suor Lucia, riveste un interesse notevole per credenti o meno, a differenza di Bernadette, non è infatti una figura lontanissima nel passato, avvolta in una nebulosa che ricostruisce la sua storia tra incartamenti e documenti datati, moltissimi tra storici, fedeli, ecclesiastici, studiosi laici hanno della pastorella portoghese divenuta suora memoria diretta e recente; la religiosa morì infatti nel 2005, a quasi 98 anni, e pur essendo suora di clausura ebbe continui incontri e colloqui privati con alcuni vescovi e papi.
Questa la Storia, reale, per quanto la conosciamo: ed è un antefatto troppo gustoso su cui uno scrittore di particolare talento, da poco rivelatosi come tale pur provenendo da ben altro e brillante vissuto esistenziale, non può esimersi di romanzare a suo modo. Questa Storia con la maiuscola è per Glenn Cooper, che nei suoi romanzi di esordio si è consolidato come uno scrittore esperto di tematiche religiose, una sfida, un banco di prova, un invito particolare a scrivere di fatti storici reali e poco distanti nel tempo intercalando ai fatti la sua speciale inventiva.
Perciò lo scrittore americano ipotizza l’esistenza di un più che plausibile quarto segreto, o almeno una parte del terzo non ancora svelato, che in qualche modo la religiosa Suor Lucia è riuscita a celare a chiunque, perché la semplice ed umile religiosa, non priva però di acuta e sottile intelligenza di pastorella si, ma scaltra e resa saggia dal tempo e dalle esperienze ultraterrene, reputa senza dubbio troppo particolare, assai pericoloso, foriero di pericoli per l’esistenza della stessa Madre Chiesa intesa come entità, fede, dogma e istituzione…un quarto segreto sconosciuto a tutti, almeno finora.
“La quarta Profezia”, l’ultimo romanzo di Glenn Cooper, è tutto qui: in maniera bisogna ammetterlo magistrale, stuzzica la curiosità del lettore, lo avvince, lo convince, e lo induce a seguirlo senza esitazione in una storia di molte pagine, con mille intrecci e continue sorprese, colpi di scena, avventure e misteri che non annoiano, neanche per un attimo invitano ad interrompere la lettura perché inverosimile o noiosa, tutt’altro. Chi legge prosegue non diremmo con il fiato sospeso, perché rischierebbe di finire in apnea, ma certamente osserva da posizione privilegiata, con partecipazione, le traversie del protagonista principale Cal Donovan, parteggia apertamente per lui ed i suoi sodali, tutto il romanzo è l’eterna lotta del Bene contro il Male in cui il lettore sa subito per chi deve chiaramente schierarsi.
Se è vero come si dice che ogni scrittore riversa parte se non tutto di sé in quanto scrive, allora questo assioma è quanto mai vero per Glenn Cooper, tutti i suoi libri rispecchiano la versatilità, la varietà culturale e l’ingegno poliedrico dello scrittore americano
Nativo della Grande Mela, Cooper ha studiato dapprima con successo Archeologia, successivamente ancora più brillantemente Medicina. Si è affermato con inventiva nell’industria farmaceutica, e successivamente cimentandosi con successo e idee innovative ed all’avanguardia nel ramo delle biotecnologie.
Cooper è l’emblema dell’uomo del futuro, è uomo colto, profondo, preparato ed elegante, versatile nei suoi interessi storici e scientifici, è un geniaccio, un Elon Musk o un Steve Jobs prestato alla letteratura di evasione.
Cimentandosi con crescente successo nella narrativa, ha esordito dapprima nella sceneggiatura e poi nel romanzo storico seriale con un ciclo di volumi che vedono protagonista un professore di teologia di Harvard, Cal Donovan.
Cal Donovan non è Indiana Jones, nemmeno il Robert Langdon dei romanzi di Dan Brown, è assai di più, è un uomo del suo tempo, immagine speculare del suo creatore: colto, preparato, un uomo d’intelletto e però sportivo, aitante, pronto all’azione, mai banale o didascalico, di livello e di carisma tale da essere contattato direttamente dal Papa per i suoi servizi.
Il Papa della nostra storia è Celestino VI, una evoluzione futura dell’attuale Papa Francesco, e questo dà idea della abilità di Cooper di proporci storie del tutto plausibili e verosimili. Celestino VI è a suo modo un rivoluzionario, desidera una Chiesa costruttiva e concreta, fattiva di bene pratico per l’umanità, desidera mettere all’asta i capolavori unici che costituiscono il tesoro della Chiesa, come per esempio la pietà di Michelangelo, per creare un fondo da destinare ai poveri del mondo, come da missione del Cristo. Per farlo, serve sfidare le tradizioni e le frange più conservatrici della curia, e…arrivare per primi alla quarta profezia.
Glenn Cooper ci riesce e con lui il suo lettore, perché l’autore prende il lettore per mano, inizia a rilento per poi lanciarlo allegramente su e giù su un saliscendi di continue sorprese e rivelazioni, e si badi, quasi tutti i fatti narrati sono verità storiche documentate che in un certo senso arricchiscono chi legge, oltre che a dare verosimiglianza a tutta la storia.
Certo, è una buona lettura, e nulla più, un ottimo prodotto all’avanguardia come può esserlo una Tecla o un computer Apple, certamente non un capolavoro come la Pietà di Michelangelo. Potremmo dire a volergli cercare una pecca che forse è un po’ troppo una americanata, ma in senso buono, vale a dire che pur essendo un testo ben scritto e costruito, qua e là traspaiano luoghi comuni e stereotipi assai banali, che da un Glenn Cooper o dal suo alter ego Cal Donovan non ci aspetteremmo, ma capiamo che sono assai duri a sparire: inficia infatti talora in modo dozzinale e semplicistico il dire comune, ad esempio, che tutti a Roma vanno pazzi solo per l’amatriciana o la cacio e pepe, o che Scampia in provincia di Napoli è luogo natale di soli delinquenti.
Sono errori veniali, in verità, ma confidiamo che Glenn Cooper provvederà in futuro a fare ammenda, da esperto teologo Cal Donovan sa che la Chiesa contempla confessione, pentimento e perdono, e questo non è un segreto.