La passione del suo tempo
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La passione del suo tempo
*** Attenzione, spoiler ***
I tempi cambiano e le spie invecchiano, così pure come gli autori di romanzi di spionaggio. In questo libro scritto a metà degli anni Novanta, lo scrittore inglese adatta a cotali mutamenti le coordinate del suo lavoro, ma l’operazione non gli riesce del tutto. Da una parte c’è una storia che sfoggia il consueto sovrapporsi di intrighi e paranoie, intrisa di britannicità fino al midollo, che porta comunque il lettore a chiedersi in che modo si scioglierà il viluppo della trama; dall’altra, la narrazione ha un passo che rallenta a volte in modo eccessivo, dando l’impressione che una bella sfoltita alle pagine avrebbe giovato. Il romanzo è per lunghi tratti lo studio psicologico di Tim Cranmer, ex agente segreto prepensionato a causa della fine della guerra fredda: ricco per eredità, si ritira in una bella tenuta del Somerset con la fascinosa (e assai più giovane) compagna Emma, ma la ricomparsa di Larry, vecchio conoscenza sin dai tempi della scuola che poi si è riciclata come infiltrato fra i sovietici, viene a sconvolgere il tranquillo tran-tran appena avviato. La sparizione dell’amico e della donna mette in pericolo lo stesso Tim, che guidava le mosse di Larry nel Servizio, costringendo l’ex-agente a rispolverare le sue capacità nel vecchio mestiere in una rincorsa per cercare di capirci qualcosa che lo trascina, dimentico del mal di schiena, tra Londra, Bristol, Mosca e l’Inguscezia. E’ proprio il Caucaso, infatti, il nuovo scenario scelto da Le Carré come motore immobile dei suoi personaggi, una terra segnata da forti rivalità tra le popolazioni peggiorate dai cascami lasciati dal fallimento dell’impero sovietico: una situazione nebulosa che favorisce i tripli fondi in cui Larry si va a ficcare lancia in resta con entusiasmo ideologico, seguito dall'infatuata Emma e da Tim per un tributo tardivo all’antica amicizia. Peccato allora che questa ultima parte finisca per risultare macchinosa e abbastanza prevedibile, visto che già da qualche capitolo si è intuito dove si andrà a parare: perde così di efficacia anche il contrasto che sì è andato pian piano definendo tra l’entusiasmo ai limiti dell’incoscienza di Larry e la prudenza che talvolta sfocia nella pusillanimità di Tim. Al loro confronto, il resto dei personaggi sono meno definiti, a partire da una Emma che non riesce ad avere un profilo ben definito e da russi e caucasici che paiono un po’ di maniera: come sempre è invece ritratto il Servizio che, anche se ha cambiato sede, rimane la solita freadda organizzazione in mano soprattutto a grigi burocrati. Tirando le somme, il romanzo resta una buona lettura che, a parte qualche lentezza, non delude, ma non ci possono essere dubbi che il miglior Le Carré stia altrove.