La morte di Belle
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La morte di Belle
Il pregiudizio, la diffidenza e l'eccessivo puritanesimo sono gli elementi fondanti di questo capolavoro di Simenon; il protagonista del romanzo, un professore di storia in una cittadina del Connecticut, viene ghettizzato dalla comunità di cui fa parte, a causa di sospetti e pregiudizi che lo conducono a una graduale, ma ineludibile, perdita dell'autocontrollo foriera di oscure problematiche un tempo rimosse ma che riemergono in maniera distruttiva.
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L'occasione fa l'uomo ladro ?
L'inverno soffia brividi di neve su una cittadina americana , in un mesto susseguirsi ville di vacanza ninnolo di newyorkesi altolocati ed un circolo ristretto di borghesi residenti e benpensanti.
Belle, la freschezza dei diciotto anni nascosta sotto informi abiti invernali, un corpo di donna celato dal cappotto ed i capelli mogano che sbucano dal baschetto nero.
Muove la bocca Belle, sta parlando, eppure chissa' cosa dice oltre il rumore del tornio, capirla non si puo'. Certo, dal labiale qualcosa si intuisce, non molto...Una parola sicuramente : buonanotte.
Buonanotte Belle, buon riposo .
Belle e' morta, nel silenzio della sua stanza gli indumenti intimi strappati , la bocca rigida spalancata alla ricerca disperata di quel respiro che le mani intorno al suo lungo collo le negavano con violenza.
Seduto al suo passatempo prediletto, dietro il tornio che le assorbiva la voce, il quieto professor Spencer Ashby era solo in casa con lei quella sera. Buonanotte.
L'occasione fa l'uomo ladro o il ladro esiste e prima o poi fara' sua l'occasione ?
Ben lontano dalla collana di Maigret, l'incipit del romanzo richiama il giallo e benche' il lettore non possa che riscoprirsi soggetto indagatore, questo in fondo un giallo vero e proprio non e'.
E' essenzialmente uno dei romanzi sottilmente, taglientemente psicologici che Simenon ci propone sezionando l'animo e l'intelletto dei suoi protagonisti. Si aggiunga in questo libro l'analisi dell'uomo
correlata all'ambiente circostante che inevitabilmente influisce, incide, degrada, vizia, ossessiona.
L'unanime convinzione di colpevolezza puo' rendere assassini , ci si chiede.
Brillante e scorrevole, ritrattista d'eccezione l'autore si cimenta in un contesto che opprime, incuriosisce ed infatua. Del resto come non amare il realismo dell'individuo inscenato da Simenon ?
Buona lettura.
"Non aveva fatto niente...”
Questo giallo ha i contorni di un thriller psicologico ed acquista velocità catturando lettore e protagonista in un vortice fatto di immagini, oscure sensazioni, frasi rivelatrici.
Spencer Ashby è un pacifico professore che vive con la moglie in una cittadina del Connecticut, con l'abitudine di rilassarsi in uno stanzino/laboratorio dove fuma la pipa, beve un paio di scotch, corregge i compiti dei suoi allievi e realizza al tornio piccoli oggetti in legno.
Lo si potrebbe quasi definire un pantofolaio, ma forse quegli spazi che si ritaglia solo per sé denotano un bisogno represso di libertà, un modo di evadere dalle regole della comunità, regole che la moglie Christine - figura per molti versi materna – si vanta di rispettare scrupolosamente.
L'omicidio della giovane Belle, ospite dei due coniugi ritrovata morta nella sua stanza, si rivelerà una deflagrazione non tanto per il solido (almeno in apparenza) ménage domestico, quanto per l'equilibrio mentale dell'uomo.
“Perché provò un senso di colpa? Non aveva fatto niente...”.
Eppure qualcosa gli si appiccica addosso dal momento in cui gli viene mostrato il corpo seminudo della ragazza violentata e strangolata, e il turbamento sessuale che gli provoca la visione di “una pelle straordinariamente bianca”, mai provato quando Belle era ancora in vita, lo riempie di vergogna e fa riemergere il tormentoso ricordo di un'adolescenza vissuta all'insegna del perbenismo, con una vita erotica e sentimentale molto limitata.
Ed ecco che il cerchio si stringe inesorabile, tra le domande degli inquirenti, i sospetti della gente e l'impressione che persino la moglie abbia dei dubbi sulla sua innocenza.
Ormai l'uomo sembra essere il solo sicuro del fatto che il colpevole sia qualcun altro della comunità, forse un insospettabile, uno che la domenica canta tranquillamente gli inni in chiesa senza sentirsi come lui gli occhi puntati addosso e il vuoto intorno.
“L'assassino era in mezzo a noi”, dice all'uscita di una funzione domenicale particolarmente penosa a Christine, che lo invita subito a tacere.
Ma è solo la società che gli si è schierata contro o è anche lui, per qualche motivo, ad averne preso le distanze?
Ashby subisce una metamorfosi che ricorda quella del celebre personaggio kafkiano trasformato in repellente scarafaggio: si prova nei suoi confronti la stessa pietà e la sensazione di un pericolo incombente che lo minaccia, un nemico silenzioso che non si sa esattamente da che parte arriverà.
La narrazione procede su due filoni: l'indagine sull'omicidio, che sembra non approdare a nulla, e l'analisi psicologica del protagonista, sempre più vicino ad uno stato di psicopatia.
Impeccabile il modo in cui Simenon si destreggia tra i chiaroscuri della psiche umana, inserendo con cadenza ossessiva precisi segnali che si riveleranno strettamente connessi al finale dal sapore pirandelliano, tragico e liberatorio:
“E, forse per via di quel rivolo rosso che gli faceva sembrare la bocca più larga, pareva quasi che sorridesse”.