La mappa nera
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Colter Shaw lavora in proprio
Colter Shaw è un cacciatore di ricompense e dedica le sue giornate a rintracciare persone scomparse (o fuggite alla giustizia) dietro la speranza di ottenere le remunerazioni che parenti o autorità promettono a chi ritroverà gli scomparsi. Però, Colter, l’Inquieto, come lo definiva il padre, ha pure un suo obiettivo personale che lo assilla da vent’anni.
Ashton Shaw, eminente professore della California University di Berkeley, aveva costretto la sua famiglia ad abbandonare tutto e a rifugiarsi nella loro tenuta sulla Sierra Nevada, assillato dal timore paranoico di essere oggetto delle attenzioni minacciose di enti e multinazionali che ordivano oscure trame a danno suo, dei suoi e del Paese intero. Là li aveva tutti addestrati al survivalismo più integrale e assoluto, insegnando loro a diffidare di tutti e di ogni cosa.
Gran parte di questi timori, però, erano frutto della psicosi dell’uomo che, con gli anni, s’era andata aggravando, nonostante le cure della moglie, psichiatra. Tuttavia in parte erano paure pienamente fondate: proprio uno degli emissari di queste potentissime società, che Ashton cercava di denunciare, era penetrato nella tenuta e l’aveva ucciso facendolo precipitare da una rupe.
Per anni Colter aveva ipotizzato che l’autore dell’omicidio fosse suo fratello Russell, scomparso nel nulla proprio in quei giorni, ma ormai ha capito che i timori di suo padre non erano fallaci. La BlackBridge Corporate Solutions da anni agisce ai limiti della legalità e i suoi dirigenti sono persone assolutamente prive di scrupoli che adottano ogni metodo per il soddisfacimento dei loro avidi interessi.
Colter è convinto di aver individuato finalmente i responsabili della morte del padre e di molte altre persone che avevano cercato di ostacolare i loschi traffici della BlackBridge: dopo tutti questi anni, forse, sta per mettere le mani sui documenti lungamente cercati dal padre. Essi li inchioderebbero alle pesantissime responsabilità per la gestione criminale della loro società.
Ma quella gente è potente e crudele e non si ferma di fronte a nulla pur di ottenere ciò a cui mira, quindi Colter dovrà agire sempre tenendo ben presente le massime di suo padre, il Re del Mai: “Mai suppore che un nemico sia inoffensivo”; “Mai pensare di essere al sicuro”; “Mai rendersi vulnerabili”; “Mai prendere decisioni in base alle emozioni”; “Mai permettere al nemico di valutare le tue difese”. Cioè dovrà essere sempre cauto e calcolare ogni sua mossa con logica e preveggenza, cercando di precedere quelle dei suoi nemici.
A San Francisco si giocherà la partita finale con questa cricca di delinquenti, ma, nel frattempo, Colter dovrà risolvere pure il caso della scomparsa di una ragazzina (forse preda di sfruttatori) e cercare di riallacciare i rapporti con il fratello, improvvisamente riapparso nella sua vita.
Questo è il terzo capitolo della serie dedicata a Colter Shaw, enigmatico e cerebrale eremita che si dedica alle investigazioni dietro ricompensa non per necessità economiche, ma per assecondare un suo istinto di cacciatore, cercatore di tracce e che non si muove mai prima di aver valutato attentamente le percentuali di successo di ogni singola ipotesi.
Jeffery Deaver è un abile ed esperto artigiano del romanzo thriller e i suoi libri sono un ottimo cocktail di suspense, azione, colpi di scena e meticolose descrizioni d’ambiente e dei protagonisti. Le trame sono ben architettate e – se anche in alcuni casi si rischia di superare quel labile confine che divide le storie credibili da quelle in cui si deve ricorrere alla sospensione dell’innata incredulità per accettare alcune situazioni – non di rado vengono affrontati, in modo non banale, alcuni dei problemi concreti che affliggono la nostra società contemporanea: ad esempio, nel primo romanzo era presa di mira la dipendenza patologica dal gioco elettronico, nel secondo l’asservimento alle sette fideistiche, e, in questo, lo strapotere delle multinazionali.
Lo stile narrativo è rapido e fluido e ben asseconda il susseguirsi delle azioni nel loro concitato svolgersi.
A voler trovare difetti nelle storie si può osservare come la mania di descrivere con puntigliosa precisione le caratteristiche fisiche e comportamentali dei vari attori delle scene e le ambientazioni delle medesime – al punto da fornire dettagli sulla marca degli abiti, la tipologia delle bevande o dei cibi consumati, addirittura la specie di piante incontrate in un parco o lo stile architettonico degli edifici di una via – appaia eccessivo, defatigante e quasi barocco, se non proprio una forma di pubblicità occulta a questo o quel prodotto.
Però, è innegabile che, ad esempio, la città di San Francisco, venga descritta in modo così vivido e circostanziato, al punto da proiettare il lettore nelle sue strade e assuefarlo alle sue atmosfere. E i personaggi ci sono tratteggiati con tale accuratezza che, se li incontrassimo per strada, riusciremmo a riconoscerli.
Ho trovato un po’ fastidiosa l’assoluta perfezione con cui si muove Colter, che è sempre un paio di passi davanti ai suoi avversari, che prevede le loro mosse e riesce a contrastarle sempre con abilità, astuzia ed efficacia, che non viene mai preso alla sprovvista anche quando, a noi lettori, ci appare spacciato; che ha a disposizione sempre il gadget elettronico che gli permette di raggiungere i suoi scopi.
Tutti i potenziali colpi di scena, gli eventuali rovesciamenti di fronte che potrebbero vederlo in difficoltà se non, addirittura, a rischio di soccombere ai suoi avversari, sono, praticamente ogni volta, bloccati sul nascere, quando non sono, addirittura, previsti in anticipo con un piano complesso per indurre in errore i suoi nemici. Le rarissime volte in cui potrebbe trovarsi in difficoltà, a soccorrerlo arriva un provvidenziale deus ex machina (nella specie il misterioso e quasi onnipotente fratello Russell) che, non solo lo trae dai guai, ma addirittura lo sostiene e appoggia nella sua lotta.
Se pure Superman ha i suoi punti deboli e un po’ di kriptonite può renderlo inerme, Colter Shaw è assolutamente inattaccabile e, in quella violenta partita a scacchi contro gli uomini che hanno ucciso il padre, non sbaglia mai una mossa, anche se il lettore lo scopre solo pagine dopo che i fatti sono accaduti.
Quindi, in definitiva, il personaggio Colter è assai poco credibile e reale, ma sicuramente appagante e gratificante in un universo dove i cattivi ricevono sempre la giusta punizione che si sono abbondantemente meritati con le loro malefatte e la giustizia è sempre giusta, definitiva ed efficace. In definitiva, la soluzione catartica della vicenda non viene negata al lettore, il quale, al contrario, ne può godere nel modo più pieno e consolatorio.
Quindi il libro, proprio per questi confortanti esiti, è divertente e distensivo e dona qualche ora di sano svago, staccati dalla realtà quotidiana. Da leggere come degna conclusione della trilogia (iniziale?) di Colter Shaw.
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Un documento che poteva cambiare il mondo.
Colter Shaw, il cacciatore di ricompense protagonista di una serie, per ora breve, di romanzi di Jeffery Deaver, sgominata la setta fanatica di Osiride (”Gli eletti”) è alla ricerca in questo thriller di una serie di documenti, uno in particolare, che il padre, in seguito assassinato barbaramente, aveva nascosto prima di morire in una misteriosa borsa: materiale segreto e compromettente, cercato anche da un’organizzazione criminale (la BlackBridge) che, tra l’altro, tramite una capillare rete di spacciatori, diffondeva droga in quartieri di San Francisco allo scopo di alterare la tipologia degli abitanti e favorire la speculazione edilizia: naturalmente con la strisciante connivenza di faccendieri corrotti, di politici, di frange della polizia e di alcune multinazionali. Il documento, sottratto alla BlackBridge da un agente dell’organizzazione ( pure lui assassinato), era finito nelle mani del padre di Shaw che dopo varie peripezie era riuscito ad occultarlo. Il documento, così ostinatamente ricercato, ha un’importanza fondamentale: si tratta di un emendamento dei primi anni del secolo scorso che riformava la Costituzione dello Stato e permetteva alle multinazionali di rivestire cariche pubbliche di importanza strategica, una sorta di capitalismo al potere, con tutte le conseguenze nefaste del caso. Il terremoto di San Francisco del 1906 ed il conseguente smarrimento degli atti procedurali avevano bloccato l’iter, già approvato da referendum popolare, del documento in questione: fondamentale quindi l’importanza di ritrovarlo, sia da parte di multinazionali interessate, sia da parte di Colter per impedire il sovvertimento delle Istituzioni. Il thriller diventa di capitolo in capitolo sempre più appassionante: Colter deve seguire le tracce lasciategli dal padre, le gang criminali controllano ogni suo movimento giungendo più volte allo scontro fisico e ad atti terroristici. Il nostro eroe non è solo, ha l’appoggio del fratello ritrovato e di poche altre persone fidate: teatro della vicenda è una San Francisco periferica, con i suoi quartieri controllati da bande di spacciatori, locali equivoci, aree dismesse e pericolose, con costruzioni fatiscenti, sporcizia e disperati alla ricerca di cibo e soldi. Gli agguati sono frequenti, i colpi di scena non mancano. Colter riesce anche a dedicarsi alla sua attività di base, quella di cacciatore di ricompense: una madre cerca una figlia scomparsa, che Colter ritroverà, ma sulla vicenda se ne innesterà un’altra che metterà in pericolo la vita di Colter stesso. Insomma, una trama emozionante, che coinvolge molti personaggi: tra questi, un facoltoso imprenditore, titolare di un impero finanziario, che vuole a tutti i costi impadronirsi del famoso documento e che finirà assassinato in modo rocambolesco. Naturalmente Colter e soci avranno la meglio: i misfatti della BlackBridge verranno scoperti e arrestati i responsabili. E il documento che avrebbe dovuto cambiare il mondo? Smarrito, poi ritrovato, di nuovo fatto sparire e successivamente riportato alla luce, viene messo alla fine in condizioni di non poter più nuocere a nessuno, grazie ad un magistrale ed assolutamente inatteso colpo di scena finale dovuto ad un astuto sotterfugio di Colter.
Un thriller avvincente, degno del miglior Jeffery Deaver, più solido e meglio strutturato del precedente romanzo dell’autore, “Gli eletti”, del quale è il proseguimento. Lo stile ricorda le trilogie di Don Winslow, soprattutto la trilogia del Cartello, il cui protagonista, Art Keller, assomiglia per certi versi al Colter Shaw di questo thriller. A mio parere, si riesce a cogliere una evidente differenza: nei romanzi di Winslow il lettore si sente trascinato nel vivo dell’azione, sembra quasi viverla in prima persona, mentre nei gialli di Deaver, il lettore, pur coinvolto, sembra solo spettatore di quanto accade. Probabilmente la descrizione dei luoghi e l’ambientazione più accurata anche nei particolari, inducono il lettore di Winslow a sentirsi letteralmente trasportato nel vivo dell’azione. Ciò nulla toglie alla bravura di Deaver, soprattutto nel suscitare emozioni e nel descriverci una San Francisco come raramente capita nella letteratura “thriller”.