La follia Mazzarino
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Cos'è davvero la Follia Mazzarino?
“La Follia Mazzarino” è forse il primo romanzo scritto da Michel Bussi, opera a cui è anche particolarmente legato tanto da esservi ritornato sopra a distanza di dieci anni dalla sua prima stesura, tanto da rivisitare alcuni personaggi e tanto da rendersi conto che, nonostante i tempi acerbi, al suo interno già vi erano racchiusi molti di quei temi che poi sarebbero diventati ricorrenti nei suoi lavori (quali la ricerca dell’identità, il rapporto tra genitori e figli, l’adolescenza, la manipolazione, l’apparentemente irrazionale che alla fine ha una spiegazione logica, il gusto per gli ambienti che costituiscono quel labirinto da esplorare e scoprire).
La storia nasce da una semplice constatazione: incrociare una persona e avere l’impressione di riconoscerla seppur consapevoli che magari quel volto che ha riaperto i solchi della nostra memoria appartiene a un defunto. Quante volte ci è successo o ci succede nel trascorrere delle nostre giornate? L’immaginazione è più rapida della ragione tanto che quella risata, quel tratto distintivo che è stato associato, non può nascere che da questa semplice sensazione.
Siamo nell’agosto del 2000 su un’isola immaginaria – e questa è anche una novità per chi conosce lo scrittore – della Manica di Mornesey, in cui sorge la statua dedicata al Cardinale Mazzarino. Colin ha sedici anni, è orfano prima del padre, Jean, poi della madre, Anne, (suicida), da quando aveva sei anni ed è cresciuto con gli zii, Brigitte e Thierry. È un ragazzo autonomo, indipendente, silenzioso a cui basta un libro per star bene. Con i neogenitori ha un rapporto superficiale, non riesce ad instaurarvi un legame di sincero affetto. È più su loro spinta che decide di partecipare a un campo estivo purché però lo mandino in quel che lui ha scelto e cioè su quell’isoletta in cui Jean, archeologo, e Anne avevano fondato un’associazione finalizzata al preservare un’abbazia caratterizzata, come tutto il sottosuolo del territorio, da cunicoli distribuiti come arterie e rappresentanti la presenza dei frati benedettini. È in questo contesto che ha avvio la Follia.
«L’espressione, lo sguardo, l’insieme del viso non mi lasciavano dubbi, nonostante la barba che nei miei ricordi non c’era. Era lui!»
Al contempo, il laureato in giurisprudenza e prestato al servizio estivo di sorveglianza a bordo di una mountain bike da parte del comune, Simon Casanova, viene chiamato ad intervenire sul luogo di un delitto. Sì, un delitto occorso su questa realtà in cui regna il nulla e la più totale apatia. Un messaggio chiaro e inequivocabile:
«Alle 16.31 sono stati dichiarati scomparsi due detenuti del penitenziario Mazzino, Jonas Nowakoski e Jean-Louis Valerino. Sono fuggiti durante un trasferimento dal continente al centro di detenzione. Jean-Louis Valerino, condannato per truffa, è un detenuto a fine pena, doveva essere rimesso in libertà fra meno di due mesi. Jonas Nowakoski è molto più pericoloso, ha varie condanne per una rapina a mano armata e lesioni gravi a pubblici ufficiali. Doveva scontare ancora sette anni.»
È in un lasso temporale di appena quattro giorni che le vicende si svolgono in un perfetto alternarsi di mistero, avventura, reati e un tesoro da scoprire. Perché nulla è come appare, perfino la stessa Follia Mazzarino. Tra adulti menzogneri, un padre che forse davvero morto non è, evasi, un barbone sempre ubriaco, giornalisti senza lode ma con tanta ambizione, nuovi amici (Armand e Madiha) e poliziotti stagionali, Michel Bussi crea un giallo dai ritmi serrati, i tempi ben bilanciati e il giusto ritmo narrativo.
Un elaborato in cui ritrovare ogni aspetto caro e ogni tratto distintivo di questo particolarissimo autore ma anche un elaborato in cui traspare il profondo legame con lo scritto proprio da parte del suo creatore. Da leggere.