La casa del giudice
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In Vandea
Non si sa bene cosa abbia combinato a Parigi, ma ritroviamo Maigret confinato in Vandea ad annoiarsi finchè un’anziana donna, Didine, non denuncia un crimine nella casa del giudice che le abita vicino. Lei e il marito sono due incalliti spioni nonché pettegoli – benchè sgradevole, il ritratto della vecchia impicciona che sa tutto di tutti in paese è riuscitissimo – ma alla notizia il nostro sente nuova vita rifluire in sè come il sergente delle Sturmtruppen e si mette a indagare anche se ufficialmente non ci sono né vittima né delitto. La faccenda implica il trasferimento a L’Aguillon, ennesimo borgo marinaro per Simenon in cui raccontare di un porto e di pescatori che si alzano all’alba (qui con l’aggiunta degli allevatori di cozze): appena arrivato si apposta e sorprende il giudice Forlacroix nell'atto di trascinare un cadavere fuori dalla sua casa per sbarazzarsene in mare. Tra i due uomini si instaura subito una corrente di simpatia, ma Maigret, seppur piacevolmente avvolto dall’ospitalità ricevuta, indaga partendo dalla famiglia, ovvero i figli Lise, malata di mente e affetta da ninfomania, e Albert che suggerisce all'investigatore di volgere la sua attenzione su Marcel Airaud, ingenuo e rozzo pescatore, padre del figlio della cameriera dell’albergo nonché amante di Lisa. Se i sospetti cadono sul magistrato, questi si proclama innocente confessando in cambio l’omicidio, perpetrato anni prima a Versailles, di uno dei numerosi amanti della moglie. Uno di essi è il vero genitore di Albert mentre la paternità di Lise resta incerta: l’antica tragedia c’entra però poco con la banale quotidianità del nuovo fattaccio, la verità sul quale il commissario porta a galla seguendo una successione di complicati incroci interpersonali (si spiega pure la fissazione di Didine per il benestante vicino di casa) che rivelano come le situazioni siano ingarbugliate e come ognuno abbia qualche segreto da nascondere. Pieno di figure che compaiono per poche pagine eppure si dimostrano indimenticabili - oltre a Forlacroix almeno la cameriera Therese, l’imbrillantinato e mediocre ispettore Mèjat, il codazzo di notabili che segue il giudice istruttore – il romanzo che vede il suo protagonisti risolvere due omicidi al prezzo di uno si fa apprezzare come uno dei migliori della serie anche perché il po’ po’ di roba sopra descritto sta in centocinquanta facciate scarse.
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Una piacevole lettura
Questo giallo è del tutto atipico e in questa peculiarità rivela l’attenzione di Simenon a cercare sempre qualche cosa di nuovo affinché un personaggio così amato come Maigret non venga a noia. Prima di tutto il celebre commissario non è più di stanza a Parigi, ma è stato relegato in un oscuro paese della Vandea perché caduto in disgrazia e senza che se ne sappiano i motivi. Lì soffocherebbe nella noia se non ricevesse la visita di una vecchietta tanto minuta quanto intraprendente e che gli accenna a un cadavere che da qualche giorno è disteso sul pavimento di una stanza del villino di un suo vicino, un giudice di pace in pensione. Ecco l’occasione per risvegliare dal torpore il commissario e fargli avviare un’indagine che, dopo le prime fasi piuttosto lente, diventa un susseguirsi di colpi di scena con un ritmo incalzante e crescente, quasi si trattasse di un lavoro scritto sull’onda delle note del celebre Bolero di Ravel. Una piccola comunità, dove tutti si conoscono o credono di conoscersi, una stagione che alterna sole a pioggia, la vita regolata dal movimento delle maree che si riflette sul lavoro dei mitilicultori, insomma una provincia francese non rurale, ma marittima e che Simenon descrive con la consueta sorprendente abilità. Maigret giganteggia su tutti, non solo per la sua mole, a tratti sembra il gatto che gioca con il topo, ma non c’è nessuna ferocia in lui, c’è quel senso di pietà che spesso lo caratterizza e che lo porta ad avere compassione nei confronti di certi assassini. La vicenda può apparire forse piuttosto intricata,ma il gomitolo si sbroglia progressivamente in itinere e la conclusione è come al solito logica e plausibile.
Di sicuro la lettura di La casa del giudice consentirà di trascorrere in modo veramente piacevole alcune ore, il che non è poco; le indubbie qualità letterarie, inoltre, contribuiscono a rendere questo romanzo meritevole di attenzione.
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Lettura poco impegnativa ma piacevole
Il Commissario Maigret è stato allontanato da Parigi, nel piovoso paese di Luçon. Demoralizzato e rassegnato, il Commissario riceve però la visita della signora Didine, moglie di una sua vecchia conoscenza, un doganiere guercio; la stramba e pettegola signora denuncerà un omicidio avvenuto proprio, come da titolo, nela casa del giudice. Maigret partirà, quindi, alla volta di L’Aiguillon, un apparente tranquillo paese di mitilicultori. Qui le indagini si svolgeranno, gravitando attorno alla famiglia del giudice, portando a alla luce anfratti oscuri che nessuno avrebbe mai creduto possibili.
“La casa del giudice” è un piacevole romanzo giallo, di tipico stampo simenoniano. Lo stile è asciutto, le descrizioni sono essenziali ed i dialoghi abbondanti, intervallati da pause allusive che stuzzicano la mente del lettore, incentivandolo a completare le ipotesi del famosissimo Commissario.
La trama è ben sviluppata, piacevole da leggere e spinge inevitabilmente colui che legge a risolvere il caso assieme all’ardito poliziotto. Mi sono divertita a stilare mentalmente l’elenco dei moventi dei diversi personaggi implicati nella vicenda (stranamente, anche sfiorando quello corretto).
Lo consiglierei? Sì. Sebbene si tratti di una lettura poco pretenziosa, atta a svagarsi e rilassarsi, si è rivelata davvero piacevole ed adatta a tutti.
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La violenta tempesta dopo la tediosa quiete
Confinato nel paesino di Lucon dopo essere stato sfiduciato dai suoi superiori parigini, il Commissario Maigret ha il morale sotto i tacchi, ed è talmente rassegnato che la noia, la flemma e il piattismo del paesino lo annichiliscono sempre più ogni giorno che passa. Un copione scontato e inesorabile, almeno fino all'arrivo di Didine Hulot, un'anziana estremamente ficcanaso che, accompagnata dall'altrettanto eccentrico marito, denuncia al detective la presenza di un cadavere nella casa del giudice Forlacroix: una vera e propria 'manna dal cielo' per il protagonista, che decide subitaneamente di gettarsi a capofitto nello spinoso caso, sia per fare luce sul mistero sia per ritrovare se stesso e 'sentirsi rivivere'.
Un romanzo dalla trama complessa e articolata, costruita in mezzo ai liquidi villaggi della Vandea, straordinariamente incolumi e slegati dal continuo (tra)scorrere del tempo. Uno scenario inedito e sconosciuto che cozza tremendamente con il 'futurista' e mai domo Maigret, impegnato nella ricerca di un malfattore che ben si nasconde fra gli introversi e ritrosi paesani, eufemisticamente 'poco disponibili con i forestieri'.
Il tutto circondato da un ritmo lineare e un registro linguistico informale e privo di raffinatezze, che rendono il testo di facile lettura e amabile comprensione.
Un giallo, dunque, piacevole, intrigante e adatto praticamente a tutti. L'ideale per sgombrare un po' la mente e svicolare dalla opprimente calura estiva.