L'uomo vestito di nero
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Recensione della Redazione QLibri
L'umanità vestita di nero
Prima d'ogni altra cosa occorre precisare, per chi non lo sappia già, che “L’uomo vestito di nero” non è un racconto inedito di King, ma uno di quelli contenuti nella raccolta “Tutto è fatidico”: è stato semplicemente ripubblicato in un'edizione illustrata (da Ana Juan) e accompagnato da un altro racconto di Nathaniel Hawthorne, che lo ha ispirato e viene definito da King uno dei 10 migliori racconti americani: “Il giovane signor Brown”.
Parlando del racconto di King, c’è da dire che quando l'ha scritto doveva trovarsi nel massimo dell'ispirazione, non tanto contenutistica quanto descrittiva. Certo, l'impressione è accentuata dai cupissimi e affascinanti (anche se spesso un po’ staccati dal contesto narrativo) disegni dell'illustratrice, ma c'è da dire che la prosa di King deve averla aiutata molto: questa riesce infatti a materializzarsi nella mente del lettore, con una maestria che oserei definire degna del caro maestro Edgar Allan Poe. L’immagine del bosco di Milton è quanto di più oscuro e cupo mi sia ritrovato a immaginare, e ciò contribuisce enormemente all'efficacia del racconto e al suo tono: molto grave e spaventoso. Dunque il Re dell'horror è qui ai suoi massimi livelli, sebbene riguardo ai contenuti ci sia poco da discutere.
ll racconto di Hawthorne, invece, ha una chiave di lettura più profonda, pur conservando toni altrettanto inquietanti; anzi, direi anche più disturbanti. Sì, perché sebbene al protagonista de “L’uomo vestito di nero” sia riservato un destino simile a quello del signor Brown, la sua è la semplice reazione a un incontro spaventoso, che nulla gli rivela sulla natura umana. Quel che accade al signor Brown è invece, oltre che altrettanto se non più spaventoso, qualcosa che lo porta a mettere in discussione tutta la sua concezione del mondo e del prossimo: ne viene fuori la profonda ipocrisia dell'essere umano, che sotto una parvenza di santità può nascondere segreti sconcertanti, motivi anche più malvagi di chi è apertamente dissoluto, rendendolo ancor più deprecabile. La scoperta di questa verità genera nel signor Brown un cambiamento irrimediabile, una triste perdita delle illusione riguardo alla bontà umana, che spesso non è altro che una maschera.
Due racconti che consiglio, con una preferenza nei riguardi del secondo.
“Giurai a me stesso che non l’avrei mai più percorso, mai e poi mai, a nessun costo, e a tutt’oggi ritengo che forse la grazia più grande che Dio abbia concesso alle Sue creature sia il fatto di non conoscere il futuro. Credo che sarei impazzito se avessi saputo che invece avrei percorso di nuovo quella strada, e meno di due ore dopo.”
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Demoni in agguato
In questo libro ci vengono riproposti due racconti, uno di King e uno di Hawtorn che hanno come tema i demoni: quelli che troviamo quando ci addentriamo nel fitto dei boschi e quelli capaci di tormentarci per tutta la vita se non li affrontiamo e non li sconfiggiamo. In entrambi i casi, pur tenendo conto delle differenze stilistiche sono racconti, si tratta di un modo di scrivere pulito, efficace e coinvolgente. Ottimo modo di parlare in modo diverso di demoni, diavoli, che forse esistono veramente e che forse esistono solo nella nostra testa. King ci racconta di un bambino che fa un incontro con un uomo vestito di nero, che lascia dietro di sé solo una macchia di erba ingiallita, ma che per tutta la vita gli lascerà il dubbio di essere proprio lì, dietro l'angolo ad attenderlo. Hawtorn torna nella città di Salem tanto cara ai cacciatori di streghe e ci racconta l'esperienza di un giovane che forse vede, o forse sogna quello che veramente sta dietro tutte quelle brave persone con cui condivide i banchi della chiesa, le giornate lavorative e i momenti di svago.
Indicazioni utili
Storie e favole attuali
«E ho scoperto che la scrittura può essere una forma di liberazione. Per vent’anni ho tenuto una rubrica intitolata “Tanto tempo fa, lontano da qui” sul Call di Castel Rock, e so che a volte è così: quello che si scrive a volte scompare per sempre dalla memoria, come le vecchie fotografie che, esposte alla luce del sole, sbiadiscono fino a diventare bianche.»
Comincio subito con un grazie. Un grazie che viene dal cuore e che va a quella persona che ha avuto il così bel pensiero di regalarmi questo titolo – insieme ad altre opere che scoprirete quanto prima – così inaspettatamente quanto calorosamente. Un ringraziamento che rappresenta una piccola ma doverosa premessa e che non si esaurisce con un mero “grazie” quanto con un lascito rimasto dentro a seguito della conclusione della lettura.
Veniamo dunque al titolo. Con “L'uomo vestito di nero” ci troviamo di fronte a uno scritto riproposto nella formula illustrata da Ana Juan ma che trae le sue origini dall’omonimo racconto già contenuto nella raccolta “Tutto è fatidico”. A questo si aggiunge un secondo componimento intitolato “Il giovane signor Brown” di Nathaniel Hawthorne e che rappresenta per il narratore uno dei migliori racconti della storia americana.
Nel dettaglio scopriamo con “L’uomo vestito di nero” una favola nera che si tinge di colori ancora più cupi grazie a quelle immagini che si cristallizzano nella mente del lettore. E il duo King-Juan non riesce soltanto nell’impresa di rendere vivide le immagini ma tocca anche temi e tematiche ancora oggi attuali e che si espandono dall’infanzia all’età adulta, al misticismo, alla superstizione, ai legami affettivi, al Male, ai legami genitoriali. A conclusione della lettura resta quel senso di scuotimento che provoca la riflessione ma anche l’interrogazione.
«Una parte di me gli credeva ciecamente, come crediamo sempre, con una parte di noi, alle cose peggiori che il nostro cuore possa immaginare.»
Ne “Il giovane signor Brown”, invece, seppur siano mantenuti i toni narrativi che accompagnano la prima parte della proposta letteraria, e seppur il destino comune ai due eroi sia in un certo senso il medesimo, con il signor Brown si va oltre perché, per mezzo di poche pagine, viene affrontato anche il tema della società che ci circonda con tutti i suoi pro e contro, con tutti i suoi chiaroscuri, con tutte le sue luci ed ombre. Cosa si cela dietro la maschera? Esiste davvero la bontà umana? Oppure dietro alla facciata si cela soltanto un velo ben costruito di ipocrisia?
Due racconti che non perdono la cristallinità degli originali, che si prestano ad una lettura rapida nel tempo ma di gran contenuto nello scorrimento. Un romanzo illustrato che resta e fa venire voglia di approfondire le opere magari andando anche a rileggere le raccolte precedenti, oppure, semplicemente andando a conoscere autori sconosciuti.
«A volte le storie reclamano con tanta insistenza di essere raccontate che si finisce per scriverle solo per farle stare zitte.»