L'uomo sul tetto
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L'uomo al balcone.
Questo racconto mi ha lasciato molto sorpresa, perchè purtroppo racconta qualcosa di agghiacciante e che purtroppo, troppo spesso, fa parte della cronaca nera, delle nostre città.
Un uomo al balcone guarda giocare delle bambine in un parco, loro ignare saranno le prescelte, quelle che violenterà e ucciderà, non c'è spiegazione, non si comprende quello che scatta nella mente di questi uomini perversi, scellerati e depravati.
Questa volta per Martin Beck e per i suoi colleghi, la corsa è contro il tempo, prima che accada di nuovo, devono scoprire chi è il killer che colpisce nel parco e che strappa la vita a delle bambine innocenti.
"Non esisteva più una vita privata, niente tempo libero, nessun spazio per pensieri che esulassero dal lavoro e dalle responsabilità. Finchè l'assassino era libero e finchè c'era luce, finchè c'era un parco e finchè un bambino poteva andarci a giocare, allora, fino a quel momento, esisteva solo una cosa, l'indagine."
Con il fiato sospeso ho seguito questa caccia all'uomo, ho tifato per questi poliziotti, che lottano e non mollano, anche se hanno pochi elementi sanno che è estremamente necessario trovare lo psicopatico che terrorizza la città.
Ho letto tre racconti e sono rimasta piacevolmente sorpresa, ho apprezzato molto questi autori che hanno lanciato un genere, il giallo scandinavo, agli inizi degli anni sessanta e che ultimamente ha riscosso tanto successo, con nuovi autori che non possono non essersi inspirati a Maj Sjöwall e Per Wahlöö.
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Una lettura inaspettata e cruda
Sjowall e Wahlooo hanno scritto il ciclo dei romanzi "criminali" che vedono protagonista il commissario Martin Beck a cavallo fra gli anni '60 e '70 e hanno volutamente dato una forte impronta sociale alla loro scrittura. Queste storie hanno tutte come sfondo i disagi della società svedese dell'epoca.
In questo romanzo sono messi particolarmente in risalto la povertà (e il confinamento sociale e affettivo in cui può ritrovarsi chi non ha più un lavoro) e la brutalità della polizia, a cui segue "regolarmente" l'impunità. Due temi che noi ritroviamo ancora oggi sui giornali di casa nostra tutti i giorni, ma che io personalmente non mi sarei aspettata descritti così crudamente riguardo alla società svedese, pur se di 40 anni fa.
Leggendo questo libro si ha la sensazione di entrare in una storia vera, realmente accaduta. Dove il caso e gli errori umani producono effetti irrimediabili. E i protagonisti, che cercano di dare il loro meglio, sono travolti dagli eventi.
Quindi un libro sia di denuncia sociale, sia di lettura piana. Quella che io chiamo "normalità del crimine". Solo nel finale il crescendo e l'efferatezza degli eventi angoscia e prende alla gola.