L'uomo inquieto
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Un romanzo struggente
Congegnato come un giallo, L’uomo inquieto gode di un invidiabile equilibrio tra la storia del protagonista e l’intrigo internazionale, concedendosi di affrontare temi non facili come la vecchiaia, la solitudine e la paura della morte. Wallander, infatti, si sente sempre più estraneo al mondo che lo circonda, ma anche a se stesso, poiché ha seri problemi di salute e amnesie che lo portano a rischiare la sua stessa carriera, interrogandosi sul senso della sua vita e del suo lavoro.
Mankell ci regala un’opera di spessore, che chiude in modo degno una saghe molto apprezzata, sciogliendo tutti i nodi rimasti in sospeso nei romanzi precedenti e ricollegandosi specialmente a I cani di Riga, con la ricomparsa dell’amata Baiba.
Un libro molto appagante per i fan di Wallander, ma che può essere letto anche da chi non conosce la serie. Un’ottima conclusione per una serie di alta qualità.
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La realtà capovolta
Kurt Wallander è uno straordinario personaggio, poliziotto e papà, che il lettore conosce, pagina dopo pagina, proprio in questa sua doppia veste. La storia è un giallo, un pò spy-story; gli enigmi principali vengono da storie della marina militare, dal mondo dei sommergibili, dalla guerra fredda, dal mondo delle spie. Ma più che non la storia in sè, di questo romanzo colpiscono, e rimangono, i tratti umani: un'amicizia che unisce due uomini per 47 anni; la toccante figura di Signe e il diverso rapporto che il padre e la madre hanno con la propria figlia; la figura orgogliosa di Baiba che ci fa riflettere sul rapporto che ognuno di noi ha con se stesso e con la sua solitudine; l'importanza dei luoghi sacri della propria vita e la necessità, in particolari momenti, di rivisitarli; la freschezza della biba Klara. Solitudine e paura permeano questo romanzo, che ci fa più che mai capire che "dietro ogni persona c'è un'altra persona".
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Linda è proprio 'na...
Tutti col fiato sospeso per leggere l'ultimo Wallander e poi?...
No delusione massima. Una fine che non meritava. Eppure durante i primi sette degli spazi di luce c'erano. Ora solo solitudine e tristezza. Anche Linda non è quella che credevamo. Mi dispiace ma da prima della morte di Svedberg in poi non ne vale più la pena. Addio Kurt. Confermo la banalità del tema e soprattutto che fine ha fatto il vecchio acuto poliziotto che tentennava ma aveva alcune possibilità di riscatto? Perché tutto è finito così?
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un addio triste e soprattutto noioso
Henning Mankell ci ha regalato con i romanzi del commissario Wallander alcuni fra i migliori gialli degli ultimi 15-20 anni (" la leonessa bianca" e " la settima donna " sono dei veri capolavori ).E' un vero peccato che il suo addio al malinconico commissario svedese sia cosi sotto tono, cosi noioso.La storia, non originale (il tema del ruolo ambiguo della Svezia al tempo della guerra fredda era già stato affrontato con altro vigore da stieg Larsson ) non decolla mai nè come intreccio nè come ritmo narrativo.Le uniche pagine ben scritte ( ma di una tristezza profondissima ) sono legate al tema della vecchiaia , le riflessioni sulla vita che scorre inesorabile e sui rimpianti che lascia nell'animo del protagonista.Forse Mankell era stufo del suo triste eroe, forse è stufo di scrivere gialli.