L'uomo di Londra
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Prove di scrittura
Nessuno nasce con un bagaglio di nozioni e di competenze, e questo appunto vale per tutti, Georges Simenon compreso. Infatti, non è logico pensare che romanzi come I fantasmi del cappellaio o La scala di ferro siano state le prime opere del narratore belga, che pur in possesso di un notevole talento ha dovuto, come gli altri, studiare e provare per poterlo mettere a frutto. In questo senso L’uomo di Londra scritto nel 1934 e quindi una delle primissime opere di Simenon rappresenta una tappa del percorso intrapreso e che porterà a romanzi di grande interesse e di livello elevatissimo. Già si scorge la particolare attenzione per la descrizione del paesaggio, Dieppe e il suo porto sovente avvolti da una fitta nebbia, e per l’ambientazione, in un tentativo non completamente riuscito di ricreare particolari atmosfere. Pure l’analisi psicologica dei protagonisti è già presente, ma è appena abbozzata, così che i personaggi, pur sufficientemente caratterizzati, non riescono ad avvincere il lettore. La trama, poi, è alquanto esile e il tutto è al servizio di di una finalità tendente a dimostrare che un mediocre resterà sempre tale, in ogni circostanza, anche quella a lui più favorevole, insomma che l’abito non fa il monaco. La nota veramente positiva e originale è che i due protagonisti principali presentano le stesse caratteristiche, entrambi prigionieri di una mediocrità a cui tentano di ribellarsi, ma che nel complesso pare loro non dare fastidio più di tanto.
In tutta sincerità e pur tenendo conto di questo esercizio di scrittura L’uomo di Londra mi è solo moderatamente piaciuto; il giudizio è influenzato più che altro dalla trama evanescente e pronto a perdonare all’autore la mancanza di quelle così rilevanti caratteristiche che dimostrerà di avere in seguito, tuttavia non posso esimermi dal considerare che la vicenda mi è parsa ben poco interessante, tanto che sono arrivato stancamente alla fine, a una fine inaspettata e per questo poco logica.
Indicazioni utili
Nebbia
“I loro sguardi si incrociarono per la prima volta, ansiosi, pieni di stupore, incapaci di staccarsi l'uno dall'altro”.
Riconoscersi per la vita e per la morte, incontrarsi e scontrarsi nella nebbia fitta, sullo sfondo di un mare verde velenoso, mentre si fa largo la consapevolezza che nessuna forza di volontà potrà arrestare il corso degli eventi.
Non è la storia di un amore tormentato, ma Simenon usa più volte per vezzo stilistico una fraseologia dal sapore romantico per raccontare il punto di svolta nella vita di Louis Maloin, scambista alla stazione marittima di Dieppe.
Dall'alto della sua cabina Maloin fuma la pipa e beve il caffè preparato dalla moglie per tenersi sveglio nelle ore di lavoro, controlla l'arrivo dei treni e osserva l'attracco dei traghetti provenienti dall'Inghilterra col loro carico di uomini e merci.
Vede anche altro, una notte, qualcosa che interrompe il corso monotono dei suoi pensieri e della sua esistenza.
Chi è quell'inglese con la faccia scavata e lugubre? Chi dei due diverrà la preda e chi il predatore? “Non sapeva niente, ma lo conosceva!”
Una valigetta piena zeppa di denaro che è costata la vita ad un uomo può avere lo stesso effetto travolgente di una passione malata, e può fare affiorare un sorriso maligno anche sul volto più bonario.
In un'atmosfera cupa e carica di presentimenti lo scrittore belga tratteggia il ritratto di un uomo perbene trascinato dalla seduzione del male, che fa presa sulle sue piccole e grandi frustrazioni.
E' una guerra tra poveri (“Disgraziati, poi, non lo erano forse tutti?”), un bubbone che deve scoppiare per lasciare spazio al pentimento, alla ritrovata lucidità, con il ricordo di una quotidianità che da fonte di insofferenza assume i contorni nostalgici di un bene perduto.