L'uomo dei sussurri
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Un thriller a bassa voce
Scrittore vedovo con figlio in età scolare a carico, decide di cambiare se non vita ,quantomeno casa per cominciare da capo. Suo figlio è strano: parla da solo, si isola e pur amandolo a lui non piace. A dieci mesi dalla morte della moglie fatica ad averlo attorno. vorrebbe dare sfogo al suo dolore e non lo può fare. Inutile dire che il bambino soffra dall'essere trascurato e si senta un peso per l'unico genitore rimastogli. La scelta della nuova casa in effetti non sembra molto felice. Si tratta di un edificio dall'architettura bizzarra che i bambini del luogo considerano come infestata dai fantasmi e che gli adulti prudentemente evitano. Tanto per non farsi mancare nulla la cittadina scelta per vivere sta assistendo inerme al rapimento di un bambino, con modalità che fanno pensare a una serie di delitti avvenuti vent'anni prima e per i quali è già stato incarcerato il colpevole. Che in circolazione ci sia un complice, o un emulatore intenzionati a far rivivere un incubo del passato? Questo thriller non mi ha particolarmente coinvolto. La storia e soprattutto i protagonisti non sono molto originali o interessanti. il poliziotto che si occupa delle indagini è ancora una volta un ex alcolizzato alla prese coi suoi demoni, tra i quali quello di non essere riuscito ad evitare la morte di un bambino vent'anni prima. Gli altri personaggi compreso il killer non sono un granché e hanno un fastidioso sapore di stantio e di già visto. Una storia comunque c'è, con una sua logica, delle indagini e delle spiegazioni logiche anche per i dettagli che inizialmente sembravano un furbo tentativo di cavarsela ricorrendo al sovrannaturale. In definitiva ho trovato questo volume una lettura gradevole, ma senza particolari picchi.
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Se l'espressione "old but gold" fosse un libro
Con il caldo di questo periodo, concentrarsi su una lettura può risultare abbastanza impegnativo, per questo cercavo una storia incalzante, capace di catturarmi già dalle prime pagine, ed è proprio quello che ho trovato ne "L'uomo dei sussurri", primo romanzo dell'inglese Alex North, di cui ora sarei curiosa di leggere altro.
Come molti altri elementi del libro, la trama non è nulla di rivoluzionario, ma forse è stato proprio questo elemento di familiarità ad avermi convinta da subito. Negli anni Novanta, la cittadina di Featherbank ha vissuto nel terrore del serial killer noto come l'Uomo dei Sussurri, che prendeva di mira bambini trascurati dai genitori; nel presente, i rapimenti sono ricominciati ed il piccolo Jake Kennery, appena trasferito dopo l'improvvisa morte della madre, sembra essere finito nel mirino dell'assassino. La storia si sviluppa tramite cinque POV: quelli degli investigatori Pete Willis ed Amanda Beck, quello del nuovo killer, quelli di Jake Kennedy e di suo padre Tom; quest'ultimo è l'unico a narrare la storia in prima persona, scelta che viene in qualche modo spiegata già nel prologo.
L'intreccio risulta abbastanza tipico per gli amanti del genere, ma il ritmo incalzante e l'ottima gestione delle svolte di trama permettono di mantenere sempre viva la curiosità del lettore: i colpi di scena non sono mai esagerati e riescono a stupire nei punti giusti. Anche l'angosciante atmosfera contribuisce a rendere coinvolgente la narrazione, seppur in alcuni punti il caro Alex calchi un po' troppo la mano; il suo stile per il resto è diretto e molto semplice e, pur presentando alcune ingenuità narrative, può essere scusato visto che si tratta di un esordio.
Altro punto a favore è la scelta di affrontare il tema della paternità: mi ha colpito in particolare perché, pur partendo dall'analisi delle difficoltà di comunicazione tra Tom e Jake, questo argomento viene poi mostrato sotto tanti punti di vista diversi e sicuramente non scontati.
Ad essere scontati sono invece gli altri elementi del romanzo: i protagonisti sono alla fin fine dei caratteri già visti in gran parte dei thriller domestici o dei mystery thriller (come l'onnipresente poliziotto tormentato dal passato di alcolista), e non penso mi rimarranno troppo a lungo in mente; la stessa cosa vale per l'anonima ambientazione, ossia la tipica cittadina di provincia abbastanza popolosa da garantire ogni genere di servizio ma in cui inspiegabilmente si conoscono tutti. In pratica non c'è nessun dettaglio che la renda memorabile, o faccia anche solo capire che siamo in Inghilterra: per quanto ci viene mostrato, potremmo trovarci in un qualunque Paese anglofono.
Come ho detto prima però, questa banalità non mi ha infastidita, sia perché in parte me l'aspettavo, sia perché a conti fatti era esattamente il tipo di storia di cui avevo bisogno. E un plauso speciale va ai traduttori che, una volta tanto, hanno ascoltato la mie preghiere ed utilizzato il termine "cazzo" anziché lo strabusato (e fastidioso) "fottuto". Grazie.