L'orologiaio di Filigree Street
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Inghilterra vista Giappone
Bellissima copertina.
Ma…
Astenersi bramosi di thriller.
Pochissimi giri di vite alla trama, comunque avara di colpi di scena.
Londra Ottocentesca (senza troppo accorgercene), i servizi segreti, un imperscrutabile orologiaio orientale artefice di mirabolanti ideazioni meccaniche, una giovane scienziata ribelle sconfessata dalla famiglia, seppur buoni ingredienti, non bastano a fare di questo romanzo una storia avvincente.
Benché scorrevole e servito di uno stile accurato e gradevole alla lettura, per lunghi tratti il testo è caratterizzato da un rincorrersi di dialoghi che non dicono abbastanza dei personaggi né di ciò che li circonda; ne risulta un dipinto piuttosto povero di particolari accattivanti.
Gli sparuti personaggi hanno lo stesso spessore dei fogli di carta che scorrono con la lettura e peraltro paiono precipitati sulle pagine bianche senza troppa cognizione di causa, orfani di un intreccio che li coniughi tra di loro scongiurando gli espedienti più grossolani.
E’ un vero peccato, perché dentro questo libro stanno alcune intuizioni brillanti che sarebbero potute fiorire in modo interessante, ma sono rimaste boccioli: fra queste il dono sinestesico di Thaniel, il protagonista, capace di tradurre mentalmente in colore le tonalità sonore percepite dall’orecchio.
Paradossalmente per una storia che parrebbe avere come punto di svolta l’entrata in scena del suddetto misterioso orologiaio, la prima parte è abbastanza intrigante mentre tutto precipita clamorosamente proprio nella seconda parte, dove si dovrebbero trarre le fila dei presupposti generati nell’incipit.
E invece niente, il tendone del circo si sgonfia piano e mestamente,
altro che “un orologio gli sconvolgerà la vita”…
Ad ogni modo, dategli una possibilità, magari incappate in quel qualcosa che io non ho trovato.
- “Tra tutte le cose che potrebbero accadere, finisce per accaderne una sola, ma […] a volte ciò che è improbabile è molto più bello o interessante del probabile.” -