L'ombra dello Scorpione
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Un paradiso "diverso".
Romanzo distopico, apocalittico e catastrofista che mi ha attratto ed intrappolato nei suoi contenuti fin dalla prima riga. Un vortice che mi ha avviluppato il cervello intrappolandomi nel suo mondo.
Ho letto questo libro due volte, la prima quando ero poco più di un ragazzino, ricordo ancora la sensazione di "vivere" sempre in quel mondo, guardarmi intorno e sperare che succedesse... Ne ero intrappolato, ne ero dipendente, lo desideravo come si desidera l'eroina in crisi di astinenza, lo sognavo come si sogna di fare sesso durante l'adolescenza. Un sogno vero reale, concreto... Bagnato... Ogni volta svegliarsi in questo mondo invece era una delusione cocente...
Il 99 percento della popolazione muore a causa di un virus creato in laboratorio (durante il primo lockdown ci ho ripensato spesso ed è allora che l'ho riletto), ed i pochissimi sopravvissuti si ritrovano a vivere in un contesto urbano senza ordine, né scopo anarchico e libero... Praticamente il mio personale paradiso terrestre...
Il filo conduttore, l'attrattiva principale, l'idea geniale dello "zio King" è proprio questa: "Come spostarsi in un mondo intasato di auto piene di morti che stavano scappando dall’ epidemia? Come ci si procura il cibo? Come ci si protegge? Come risolvere un problema di salute? Come si comportano uomini che "erano normali" ora che sono svincolati dall’ autorità della legge? Come sopravvivvere in una realtà senza autorità, senza leggi, senza istituzioni?"
Punto di forza l'ambientazione e lo sviluppo dei personaggi
La caratterizzazione dei personaggi è magistrale
Una quindicina di personaggi principali, "protagonisti", tira le fila di un vero e proprio mondo costellato di personaggi minori ma memorabili.
Stuart Redman per i buoni, e Lloyd Henreid per i cattivi sono i protagonisti principali, i primi a farci capire come la linea che divide il bene dal male non è poi così marcata, e forse il trovarsi da un lato o dall'altro a volte è solo dovuto al caso, alla situazioni, alla sfortuna, agli amici... Casualità? Predisposizione naturale? Destino?
Randal Flagg è il diavolo a cui si contrappone la veggente ultracentenaria, Mother Abagail, debole nel corpo ma con un cuore che scalda e spinge. Spinge forte i suoi adepti, troppo forte... Il "Bene" è sempre un "Bene" per chi lo subisce?
L'opera procede in un crescendo, intrappolandoci sempre di più tra le sue righe, innamorandoci delle sue pagine piene ed abbondanti ci perdiamo al suo interno come in un lungo, profondo ed interminabile atto sessuale tantrico, Tanto che il finale sembra troppo sbrigativo, troppo deludente, ma purtroppo quando amiamo tanto una storia, la sua fine non può che lasciarci una grande delusione dovuta al taglio netto che questa dolorosa separazione ci impone.
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La causa di ogni problema.
”Cosa succederebbe, se un’epidemia di influenza mortale uccidesse gran parte dell’umanità?" Stephen King risponde a questa domanda con un romanzo corale che rispecchia, nel bene e nel male, il suo stile.
Nel bene troviamo un scenario vasto, grandioso, ricco di personaggi, di spunti, di storia. Soprattutto nella seconda parte, la tensione narrativa trascina, avvolge, talvolta sorprende. L’America post-apocalittica di King rimescola le carte del suo gioco, mettendo in campo gli archetipi del Bene e del Male: il primo genialmente insolito, il secondo una vecchia conoscenza che calza i suoi stivali a pennello.
Nel male, oltre alla banalità del male, troviamo pagine sciatte dov’è l’orrore scade in una noia farraginosa. Da dimenticare.
Nel romanzo, ci troviamo degli anni novanta. Niente smart phone, ancora. I computer, però ci sono già. Un errore, e il mondo scompare. Restano pochi sopravvissuti, l’uno per cento. Nel mondo nuovo, denaro e diamanti non contano nulla. Case, cose e cibo non mancano. L’essere umano, invece, è merce rara. Preziosa, ma deperibile. Pericolosa, ma indispensabile.
Il periodo che stiamo vivendo, invece, è al tempo il migliore o il peggiore di avventurarci in questo lungo viaggio. La scelta, come sempre, spetta a noi. Sapendo che partire, comunque, vale la pena.
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Viaggio al termine della notte
Un romanzo che ho riletto di recente, e volentieri.
Ispirato a farlo, in verità, non tanto dalle cronache degli ultimi tempi, bensì da un piacevole scambio di opinioni con l’utente di Q LIBRI Marianna Archeomari, cui simpaticamente dedico questo mio pensiero.
Grazie Marianna, ti sono debitore di qualche ora di gradevole rilettura.
La realtà supera sempre la fantasia.
Non s’inventa mai nulla, che poi la vita non sappia ripresentare in proposito di più, e meglio.
Avreste mai detto appena pochi mesi or sono, ancora alle prese con le difficili digestioni post natalizie, che di lì a poco un parassita subcellulare, neanche una struttura autonoma con tutti i crismi di una cellula vivente, ma un miserabile protista, ci avrebbe dato tanto filo da torcere a noialtri umani, costretti giocoforza a rivedere completamente il nostro stile di vita e di interazione sociale?
Pure, è cronaca dei nostri giorni.
L’arte però, quando è espressa da valenti rappresentanti, ci si avvicina parecchio.
A tutti, nei giorni di quarantena forzata, sarà certamente emerso dai ricordi di scuola Boccaccio e il suo Decamerone, che ebbe il suo motivo di essere proprio in virtù di una pandemia, batterica stavolta, il Covid19 ancora doveva essere di lì a venire.
A qualcuno, poi, sarà anche venuto in mente il romanzo “Cecità” del Premio Nobel Josè Saramago, scrittore portoghese.
Anche qui, una pandemia improvvisa, che costringe i poveri disgraziati che ne rimangono vittime a essere reclusi in….chiamiamole così, particolari, ma molto particolari, unità di terapie intensive, dove gli orrori non mancano.
Il primo però che ha fatto romanzo particolareggiato di una pandemia virale rapidamente contagiosa, e con un indice di mortalità vicino allo sterminio totale della razza umana, è stato Stephen King, con il suo “L’ombra dello Scorpione”, e pure in epoca non sospetta, la prima uscita del romanzo in Italia risale, infatti, al 1978.
Scordatevi il titolo italiano, non significa niente e nulla ha a che fare con la trama, sarà stata una trovata pubblicitaria di richiamo del lettore.
Molto più chiaro il titolo originale, “The Stand”, in italiano la posizione, il palco.
In estrema sintesi, all’epoca o giù di lì il mondo intero era nella realtà scosso, colpito e impaurito per i guasti nefasti di un virus allora completamente sconosciuto, l’HIV, come tale identificato più tardi, agente etiologico dell’ AIDS, e di cui tutti, medici compresi, ignoravano qualsiasi cosa.
Tranne il fatto che, per fortuna o iella nera, secondo i casi, si trasmetteva con i rapporti sessuali promiscui.
Specialmente nella comunità gay, o in certi ambienti della prostituzione, o in caso di sesso non protetto, e non in altre situazioni, almeno in apparenza, con tutte le conseguenze di emarginazioni sociali del caso, la caccia alle streghe, il dagli all’untore, e le inevitabili condanne al pubblico ludibrio di benpensanti, moralisti e religiosi.
Ebbene King, come suo solito attento osservatore della realtà sociale americana, coglie il pretesto per ingigantire l’evento, lo accentua, lo esaspera, ne peggiora portata, diffusione, contagiosità e mortalità, aggiungendoci una diretta responsabilità di militari, a mò d’invettive a guerrafondai incapaci e irresponsabili.
Lo trasforma in orrore.
Dopodiché, letteralmente s’issa su un palco, prende posizione, resta neutrale, e placidamente si pone in osservazione, quasi dall’alto, con una visuale davvero ampia, testualmente spazia da uno stato americano all’altro, e con la sua magistrale capacità descrittiva ci delinea perfettamente uomini e cose, stati d’animo ed eventi.
In sintesi, come reagisce l’umanità presa alla sprovvista da un evento che è in sé e per sé horror vero, reale, tangibile, allo stato puro.
Tragico, stupido e banale, come lo è sempre l’horror che deriva, è colpa degli uomini stessi.
Il Re dell’Horror, com’è noto King al grande pubblico, dimostra qui, ancora una volta, tutta la sua grandezza di scrittore, spesso misconosciuta dai letterati puri.
Lo scrittore del Maine non sta qui a dilungarsi su angeli e demoni, come qualcuno assai superficialmente lo riduce, King descrive ben altro orrore.
Mostra a chiare lettere quello che diventa l’uomo quando giocoforza gli avvenimenti esigono una precisa scelta di parte.
Il romanzo inizia subito a spron battuto, ha un decorso progressivamente, e irreversibilmente tragico e angosciante, senza se e senza me ci introduce nel cuore della storia, l’evento da cui tutto si origina a cascata. Da un laboratorio supersegretissimo, di quelli dove si studiano e si approntano le migliori armi chimiche e virali per la guerra batteriologica, quindi gli agenti etiologici di bazzecole tipo ebola, peste, vaiolo e cosucce del genere, sfugge al controllo, fuoriesce e si diffonde rapidamente per tutti gli Stati Uniti, il campione assoluto dei germi patogeni.
Non è che un banalissimo virus influenzale; solo che muta talmente in fretta che l’organismo non fa in tempo a creare gli appositi anticorpi, figuriamoci poi approntare un vaccino adatto.
È contagiosissimo, quasi il 97% dell’umanità ne sarà vittima, non esiste cura efficace, e quello che è peggio, i contagiati al 100% sono spacciati, muoiono dopo pochi giorni, se non poche ore, dal contagio, senza possibilità di scampo.
Questo virus quindi, denominato Capitan Trips, letteralmente viaggia per il mondo, si diffonde ovunque, e spedisce in fretta chi infetta a compiere il gran viaggio nelle celesti praterie.
Contamina i soli esseri viventi appartenenti al genere umano, per fortuna, ma data la sua rapidissima contagiosità, si diffonde in tutti gli Stati Uniti d’America, e poi anche, e di proposito, nel resto del mondo, secondo l’etico assioma tutto umano, quanto stupido, del mal comune mezzo gaudio.
Seguono quindi scene di apocalittico delirio, si dilegua ogni parvenza di legge, di ordine e di regole civili, qualsiasi etica e morale comportamentale viene meno, viene messa al bando qualsiasi scrupolo o freno inibitorio.
Ognuno bada alla sua sola sopravvivenza, ovunque restano abbandonati nelle strade, nei negozi, nelle case, i morti da virus o da mano umana.
Imperversano, come sempre durante un’apocalisse, furti, violenze, sopraffazioni, fughe, saccheggi, non esistono più remore, divieti, controlli.
Il caos, l’illegalità e la paura regnano sovrani tra i pochi superstiti, che neanche sanno il motivo per cui il loro organismo fortuitamente è immune dal mortale contagio.
A questo punto King ci porta nel cuore della storia, sfodera il meglio di sé, sviluppa un colossale romanzo corale, proprio un canto gregoriano a più voci.
Di più, un vero romanzo distopico, un volume poderoso in cui racconta tanti personaggi, tutti uniti tra di loro, ma è come se raccontasse tante storie, tanti piccoli romanzi nel romanzo, e il tutto ad un ritmo veloce ma piacevole, fluido e stuzzicante, una brezza primaverile rivitalizzante per il lettore.
Secondo logica, la situazione vorrebbe che i superstiti si unissero, facessero fronte comune davanti ad una simile avversità, che ha cancellato di colpo la civiltà come la conosciamo.
Si supportassero a vicenda, se non con amore almeno con un minimo di empatia e di solidarietà, per ricostruire un nuovo mondo, traendo debito insegnamento dalla luttuosa esperienza, serbandone memoria a monito, ricostruendo una nuova civiltà ripartendo da basi etiche, che aborriscano armi, violenze, crudeltà, iniquità ed ingiustizie.
Ma dove? Ma quando mai? Ma come vi viene? Ma non esiste! Ma vien via! Pura utopia.
Gli uomini non si smentiscono mai: e si dividono.
Da una parte, abbiamo un gruppo eterogeneo di persone normalissime, diverso per ceto, età, indole, e inclinazioni, che sono accomunati da un’unica, banale caratteristica: la compassione per i propri simili.
Questo gruppo annovera la studentessa universitaria incinta Frannie Goldsmith, l’operaio Stu Redman, il cantante pop Larry Underwood, il sordomuto Nick Andros, il demente e ritardato Tom Cullen, e altri ancora, tutte persone diversissime tra di loro, una variegata umanità mirabilmente descritta, e nei minimi particolari esistenziali, da King.
Lo scrittore del Maine si sbizzarrisce alla grande, sciorina tutto il suo incommensurabile talento narrativo, scrive, descrive, ritrae, analizza, scava, riporta, commenta, coinvolge, immedesima, incanta.
Focalizza il suo talento in pari misura su ognuno dei membri più rappresentativi di questo gruppo di sbandati, strappati ad un’esistenza semplice e comune, basata su valori universali non solo materiali, ma incentrati a priorità umane di solidarietà, condivisione, compartecipazione.
Tutti insieme guidati da una leader assai improbabile, eppure convincente, reale, di immenso valore umano e spirituale, una vecchissima signora di colore, Mother Abigail, la leader carismatica di questo gruppo di sopravvissuti, il gruppo della gente normale e perbene, i campioni dell’american way of life, sotto l’egida della Bibbia, del Bill of Rights, della legge Divina e Umana, e del Quinto Emendamento.
In contrapposizione a questo, il gruppo dei cattivi, un'altra ghenga di sopravvissuti, che comprende un folle piromane, detto "Pattumiera", un capo della polizia fuori di testa e tanti altri pazzoidi, violenti, delinquenti, dissoluti, immorali, che manco a farlo apposta hanno la loro base nella città più peccaminosa e dissoluta d’America, Las Vegas, la capitale del gioco, della perdizione, della bassezza umana, l’emblema della perdizione e del vizio.
Alla loro testa, chi poteva esserci?
Se la vecchia, paciosa e bonacciona Mother Abigail è il leader dei buoni, alla testa dei cattivi ci deve essere per forza un cattivone della peggior risma, un vero satanasso, se non il diavolo in persona, tale Randall Flagg, l'Uomo che cammina.
Sulle strade buie e oscure, anche sotto il sole di mezzogiorno.
In sintesi, Stephen King mette in scena l’eterna lotta del Bene contro il Male, un lungo viaggio al termine della notte, contrappone la casetta con il camino al casinò scintillante di neon, l’umile lavoro manuale alla tecnologia per la distruzione di massa, l’amore e la passione alla lussuria e alla depravazione.
Facendo agire e parlare i tanti, diversi e intriganti personaggi che pullulano nel romanzo, cosicché davvero il fedele lettore assiste da un palco in prima fila all’evolversi dell’umana avventura.
Si snoda su un copione già visto, sempre uguale, che vede la storia dell’umanità contraddistinta dall’incapacità di schierarsi compatti da una parte sola, non quella più giusta o meno sbagliata, semplicemente quella più umana.
Quello che, a mio avviso, rende questo poderoso romanzo davvero bello da leggere, è non solo la fluidità, la velocità delle azioni e dello svolgersi degli eventi che sono descritti, la capacità analitica dell’animo umano da parte di King che sa “rendere” i pensieri stessi dei protagonisti in guisa di dialoghi correnti, ma è anche, paradossalmente, l’estremo realismo del racconto.
Stephen King non racconta favole, scrive storie che suscitano emozioni da favola, non termina il romanzo con una conclusione felice come le fiabe, lo termina esattamente come andava finito, con verosimiglianza.
Come un romanzo, vero, reale, vissuto.
Lo scrittore americano non è un buonista o un illuso, scrive di cose vere e tangibili, e proprio per questo suo estremo realismo tutti i suoi personaggi, a ben vedere, si assomigliano.
Ciascuno di loro è un uomo, e perciò è buono e cattivo contemporaneamente.
Non bianco o nero, semplicemente; ma tutte le sfumature della gamma cromatica conosciuta.
Nessuno di per sé è dichiaratamente un arcobaleno o una notte completamente buia; sarebbe troppo facile e poco veritiero, non da King, non da grande scrittore.
Che cosa prevale in un uomo, lo determinano le circostanze, l’indole, le esperienze di vita, i caratteri, e in ultima analisi il libero arbitrio.
Non termina bene, o male, il romanzo: è un finale normale. Sapiente nella sua semplicità.
L’uomo alla fine resta sempre uguale a se stesso.
Sì, magari rimane scottato da qualche brutta esperienza, tipo una pandemia, e però, passata la buriana, qualcuno finisce sempre per ubriacarsi, il sabato sera, e dare fastidio agli altri, se non peggio.
A quel punto, magari, le forze dell’ordine non ce la fanno più a rimettere in riga i facinorosi, e qualcuno comincia a pensare che sarebbe il caso di armarli, gli agenti, i poliziotti, procurargli armi, celle e manette, autorizzarli all'uso della forza.
Davanti a queste cose, le solite cose, tanto vale dare un segnale, alzarsi, andarsene a realizzare altrove, novelli pionieri, o Adamo ed Eva, un uomo nuovo, una società a misura d’uomo. Altrove
Non si può stare sempre su un palco, a osservare, in posizione.
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NOI SIAMO LA CRETA DEL VASAIO
Un'altro capolavoro di King che ho letto molto volentieri, un volume ricco e corposo sia di pagine sia di contenuti.
Ho acquistato la versione completa perché leggendo numerose opere del giovane King ho sempre apprezzato i suoi approfondimenti sui personaggi e fatti e devo dire che ne sono contenta, anche se alcune parti le ho trovate anche un po' troppo lunghe.
Veniamo al romanzo, che inizia come thriller con un'epidemia che decima la popolazione, continua come libro distopico e psicologico con la narrazione del mondo post- virus batteriologico e termina con dei tocchi di fantasia e spiritualità.
Sicuramente è scritto in maniera magistrale, inizialmente ogni volta che sentivo qualcuno soffiarsi il naso o starnutivo immaginavo che fosse per l'epidemia! E tutte i dialoghi e supposizioni di un personaggio mi hanno fatto riflettere , anche dal punto di vista religioso ed io non sono una persona particolarmente credente. Ci sono dialoghi bellissimi, dei paragrafi che si potrebbero applicare benissimo alla nostra vita, la continua auto distruzione dell'uomo, le regole sociali, l' inquinamento globale e la corruzione dettata non solamente dal maligno ma anche da invidia, risentimento e gelosia.
I personaggi sono tanti e talmente ben descritti che il loro destino mi stava a cuore. Devo dire che quasi mi sono piaciuti di più i personaggi "cattivi" , che in realtà non lo sono realmente ma per una serie di fatti e di reazioni si sono ritrovati tali, persone con del potenziale positivo che si trovano a reagire a torti o gelosie e passare al lato maligno.
Il bene e il male e i loro rappresentanti non sono perfetti, Randall Flagg è un essere oscuro e terrificante ma in alcuni momenti è confuso e vulnerabile, Mother Abagail è una vecchissima signora ma anch'essa peccatrice.
Perché come dice Glen, noi non siamo né il vaso né la ruota del vasaio ma siamo l'argilla, siamo materiale che a seconda della qualità viene plasmato dal tempo, dalla nostra storia e dalle altre persone.
Una bellissima lettura.
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L'ombra dello scorpione
La cosa più inquietante che ti possa capitare durante la lettura di questo libro è starnutire.
Sì perchè tutto inizia così anche nel libro, un virus che sembra inizialmente un raffreddore, ma che diventa uno spietato mietitore di vittime, "Capitan Trips", un virus creato in laboratorio che sfugge alle barriere create dall'uomo per un "errore umano" e in 19 giorni, poco più di due settimane, stermina quasi l'intera razza umana.
E così i punti di vista che sono molteplici e a volte disarmanti, pian piano diminuiscono fino ad arrivare a poche voci amiche che ci accompagnano per quasi 1000 pagine.
Un lavoro immenso, un mondo post-apocalittico che non sfocia troppo nella fantasia, ma rimane ancorato all'"attualità"..
Una lotta fra il bene e il male che nella desolazione dell'umanità diventa ancora più reale e anche gli eventi più incomprensibili diventano accettabili.
Un bene rappresentato da Mother Abagail, un ultracentenaria, e un male rappresentato da Randall Flag, l'Uomo che cammina, senza volto e senza età.
Una battaglia metaforica e vera.
Mi chiedo il perchè di questa rappresentazione. Beh, che il male sia giovane, bello e attraente è comprensibile... Anche la paura in fondo è una forma di attrazione. Ma il bene rappresentato nella debolezza degli anni (ma anche nella saggezza, ricordiamolo), vuole forse rappresentare la fine di un ciclo?
King è sempre un maestro nel rappresentare i difetti e le virtù di questo nostro mondo. I personaggi assumono corpo e diventano magicamente tangibili. Ammetto di aver avuto qualche personaggio preferito e speravo con tutto il cuore nel lieto fine. Ma King, non guarda in faccio a nessuno, e la sua mano, o meglio la sua penna, muove gli eventi in modo autonomo e, in qualche modo "giusto".
Ho sempre apprezzato i finali di King. molti lo definiscono il suo punto debole, ma il lieto fine, il vissero sempre felici e contenti, è quanto più lontano ci sia dalla realtà costruita da King in questo romanzo e anche in questo caso non c'è una netta presa di posizione.
Dirò solo che ho apprezzato il romanzo e, il finale era esattamente quello che ci voleva.
Di sicuro ti fa venire la voglia di prendere in mano immediatamente un altro libro di King.
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Il male trova sempre una via...
Da dove cominciare per dare un giudizio degno a un'opera di tale dimensione?
Il libro è uno di quelli particolarmente "corposi" (soprattutto se si legge la versione completa dell'opera) ed è strutturalmente suddiviso in due sezioni: la prima, dal tono più thriller, che narra delle vicende dello scoppio dell'epidemia e del suo mortale propagarsi; la seconda che invece ha uno stile improntato più sulla fantascienza-post-apocalittica con una trama scandita dalla contrapposizione tra le forze del bene e quelle del male e avente come protagonisti i sopravvissuti della terribile "Captain Trips", ovvero l'influenza che ha decimato il 99 per cento della popolazione mondiale.
Le tematiche che si possono leggere tra le righe e fra le vicende che legano i personaggi delle due fazioni sono molteplici: l'ambiente, l'ecologia, l'innata attitudine umana dell'auto-distruzione, la follia, la sopravvivenza, la sociologia, la rinascita, ma soprattutto la capacità del maligno, dell'ombra, del male, di trovare una strada per manifestarsi.
La caratterizzazione dei personaggi (Fran, Larry, Stu, Glen, Mother Abagail, Flagg, Lloyd...) è magistrale e riesce a far conoscere appieno al lettore le sensazioni, gli stati d'animo di ciascuno e a tenerlo sempre incollato al susseguirsi degli eventi.
Un'opera complessa, ricca, scritta ottimamente e priva di momenti di stallo, da rileggere sicuramente (avendo tempo!) per cogliere sfumature che, a mio parere, sfuggono al primo "round".
Un libro di un'attualità impressionante.
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L'OMBRA DEL MALE
Altro "librone" di Stephen King, una delle sue opere più lunghe, a livello di pagine (in buona compagnia con "It").
La storia è suddivisa in due grandi parti, che si possono riassumere in questo modo: l'epidemia che falcia quasi interamente il genere umano e la lotta dei buoni contro i cattivi (o viceversa) superstiti.
La prima parte, devo ammettere, mi ha preso tantissimo, ma anche perchè personalmente rimango sempre affascinata da queste visioni distopiche, del degrado della società umana in situazioni disperate, del silenzio, del nulla che pian piano dilagano sul Mondo con la scomparsa del genere umano: le immagini sono inquietanti, come solo il Maestro del male può descrivere. King a mio parere ha un enorme talento: la capacità di parlare di più storie, di descrivere a 360 gradi più personaggi, una moltitudine di personaggi, come in questo romanzo, come in molti altri (cosa ammirevole se si confronta a "scrittori" che a malapena riescono a dettagliare i protagonisti...).
La seconda parte invece tentenna, e anche nel contenuto sembra distaccarsi dalla prima (che in fondo è molto realistica, non ci sono "mostruosità", fatta eccezione per la figura del Diavolo...). Non so, sembra quasi volesse epilogare frettolosamente la vicenda, proponendo le solite lotte, trite e ritrite, come se non sapesse come concludere l'opera o volesse, appunto, chiuderla in fretta, per qualche motivo.
In generale comunque è un sì.
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SPETTACOLARE
Siamo nel 1990, Capitan Trips e’ un virus mortale causato dalla dispersione di un’ arma batteriologica. La maggior parte della popolazione Americana muore e il contagio e’ velocissimo e attacca e distrugge l’ organismo in tempi brevissimi.
Poche sono le persone immuni a tale virus e si differenziano in brave persone e cattive persone.
Ma ognuno di loro ha una storia alle spalle, si legge di piromani,stupratori,studenti universitari spaesati,bambini che hanno perso i genitori e vagano per città vuote dominate dal nulla.
Tutto e’ a disposizione di tutti, sappiamo bene che un’ essere umano non può vivere solo pur avendo tutto l’ oro del mondo.
Inizia cosi per tutti i superstiti un lungo viaggio verso est dove attendono una nuova vita, persone amichevoli, prati verdi, montagne, laghi, un’ anziana di 108 anni Mother Abgail e un comitato che cerca di ricreare la Nazionalità Americana o verso ovest con lusso, alberghi, casinò ed un comitato non proprio repubblicano con a capo una sola persona Randall Flagg/ L’ Uomo Nera/ L’uomo che cammina, sta soltanto a loro la scelta se stare dalla parte del bene o dalla parte del male se seguire i sogni dove appare Mother Abgail o i sogni dove sussiste l’ uomo con gli occhi rossi!
Conosceremo talmente tanti tipi di persona durante questa guerra tra bene e male che a tratti verrà difficile ricordare tutti, ci verrà da pensare, per alcuni: “E se avesse avuto una famiglia diversa? E se avesse avuto maggior fortuna dalla vita?”.
Questo libro lega il tuo cuore a tante anime e si arriva ad ammirare anche chi il male lo elargisce senza scrupoli. Lo scrittore ha voluto procedere su una trama lunga e in certi aspetti difficile da seguire, a tratti si può voler decidere di interrompere la lettura, ma riesce a recuperare l’ attenzione su di se con ottimi colpi di scena! E collegamenti alla vita prima di Capitain Trips.
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autentico capolavoro
Stephen King non è propriamente tra i miei autori preferiti, ma l'ombra dello scorpione è sicuramente il suo libro che più mi ha coinvolto. Una trama lucida e geniale si snoda meravigliosamente pagine dopo pagina,
senza mai cadere nel banale o nel ripetitivo. Nonostante la mole del libro la lettura rimane piacevole fino in fondo.Il tessuto letterario del libro è ben supportato da una scrittura sorprendentemente pulita e diretta che proietta il lettore in una dimensione post apocalittica quasi reale. Un'opera splendida sotto tutti gli aspetti
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Da leggere e avere !
Un gran bel romanzo, da leggere assolutamente e forse anche più di una volta.
La razza umana sull'orlo dell'estinzione, ciò che ne resta è meno del 5% di ciò che popolava il pianeta prima che l'epidemia facesse la sua comparsa.
Sicuramente King trasporta il elttore in questo mondo fatto di solitudine e di disperazione. non trascurando quella suspance che lievita grazie alla accopiata "Desolazione/Entita Malvagia".
Il libro eèuna continua lotta tra il bene e il male che non avviene solamente in modo plateale ma si sviluppa anche nella coscienza di ogni personaggio.
Ognuno dei personaggi e sedotto da entrmabe i lati della propia personalità ed è spesso costretto a fare delle scelte che possono spesso essere viste in entrmabi i modi.
Un libro che sicuramente e semplice nella lettura ma che talvolta diventa quasi logorroico in alcune sue parti (pochissime per la verità) ma sicuramente ricco di emozioni.
I colpi di scena non mancheranno sicuramente e la fine non è affatto scontata.