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L'ombra del vento

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Una mattina del 1945 il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all'oblio. Qui Daniel entra in possesso del libro "maledetto" che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore e da tempo sepolti nell'anima oscura della città. Un romanzo in cui i bagliori di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.



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L'ombra del vento 2023-09-13 09:40:20 Lety123
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Lety123 Opinione inserita da Lety123    13 Settembre, 2023
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sogni vissuti all'ombra del vento

“Una storia di libri maledetti, l’uomo che li ha scritti, un misterioso personaggio uscito dalle pagine di un romanzo per poterlo bruciare, un tradimento e un’amicizia perduta. È una storia d’amore, di odio e di sogni vissuti all’ombra del vento.”
Partecipe della tetralogia del Cimitero di Libri Dimenticati, “L’ombra del vento” è l’artefice della fama del noto autore spagnolo del novecento Carlos Ruiz Zafon. Lui, attraverso questo romanzo, tocca la storia di una Barcellona nebbiosa sfiancata dalla Guerra Civile, senza però mai rubare la scena ai misteri che ruotano intorno al giovane Daniel Sempere e al suo destino ricco di polvere del passato. Questo misto, quasi contrasto, di mondi e realtà rende il romanzo continuamente innovativo, mantenendo alta l’attenzione del lettore. In altre parole è una costante oscillazione tra il romanzo gotico, la commedia sentimentale e il genere fantasy-horror ma in realtà segue sempre la linea del thriller, diventando continuamente più avvincente. Questo perché per esempio il lettore non può non provare quella leggera morsa allo stomaco per lo spavento durante la lettura: è ricco di colpi di scena improvvisi, momenti di suspense, voci spettrali nel buio, volti sfregiati e demoni interiori.
Devo ammettere però che questa opera rapisce fin da subito: la storia nasce dall’aver scelto un romanzo e questo pian piano diventa sempre più reale come se il romanzo nascesse dalla potenza di un libro che crea un mondo intorno a sé. Questa consapevolezza non può che colpire in particolari gli amanti della lettura che si sentono partecipi nella narrazione dopo sole poche pagine. Eppure dopo non molto perde l’imput genere, presentandosi in maniera statica, molto dettagliato e si concentra per lo più sulla presentazione dei personaggi. La caratterizzazione profonda di questi ha reso così famoso l’autore e l’opera in sé: Zafon non tralascia nessuno, ma pian piano acquisiscono sempre più particolarità e dinamicità; da figure essenziali della storia, diventano dei compagni, degli amici, degli amori. Figure enigmatiche, profonde e divertenti: dall’irresistibile e profondo Fermin Romero da Torres, allo spaventoso ispettore Javier Fumero, fino all’incomprensibile Julian Carax. Sfortunatamente le figure femminile sono meno efficaci poiché a dispetto delle apparenze, partecipano alla storia solo in funzione delle figure maschili, rendendo questo romanzo poco innovativo da questo punto di vista. Compresi e immaginati perfetti i personaggi Zafon ci riporta nel mondo di misteri, segreti e continue scoperte, non lasciando neppure il tempo di riprendere il fiato prima della fine.
Una delle cose più curiose del romanzo è lo stile narrativo usato dall’autore: la sua storia è un intreccio tra altre due, quelle di Daniel e Carax le quali si intrecciano e sovrappongo, in modo che ad un certo punto il primo diventa il doppio del secondo. Tra loro c’è un forte legame dovuto da simili esperienze di vita ma anche da mente e desideri complementari.
È un romanzo che colpisce, attira, diventa un compagno di vita ma anche un maestro: insegna molti valori, esperienze e forse apre anche la mente verso nuove idee ed orizzonti. Un insegnamento particolare che ho colto è dovuto da Daniel il quale, nonostante i propri problemi e la giovane età non si è mai perso d’animo e con molta insistenza è riuscito a giungere al finale di questo romanzo.
“-scrivi-
-Appena arrivo ti scriverò-
-No, non a me. Scrivi dei libri. Scrivili per me. Per Penelope. E conserva i tuoi sogni. Non puoi sapere quando ne avrai bisogno-
-Sempre-“

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L'ombra del vento 2021-01-17 15:22:16 Anna_
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Anna_ Opinione inserita da Anna_    17 Gennaio, 2021
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"Ci sono cose che si possono vedere solo al buio"

Le opinioni positive un po' ovunque espresse alla fine mi hanno convinta a leggere il libro verso cui non ero propensa per il genere giallo cui è, primariamente, ricondotto.

La storia incuriosisce e cattura sin dalle prime pagine per l'alone di segretezza che avvolge il luogo in cui, come a voler rispettare un rituale, il libraio Sempere conduce per la prima volta suo figlio Daniel, di quasi undici anni, in un giorno d'estate del 1945. Lettura che prosegue poi senza difficoltà rivelando un giallo sì, ma un po' atipico e, comunque, non soltanto un giallo.

Tanto segreto quanto misterioso, del Cimitero dei Libri Dimenticati, non si sa per certo né come né quando sia sorto ma di esso si conosce il (pregevole) compito: preservare quei libri che, altrimenti, il tempo destinerebbe all'oblio, nella speranza che un giorno ognuno di essi possa trovare un nuovo lettore che se ne prenda cura e si impegni a "mantenerlo vivo" per sempre.
Con (immancabile) stupore, Daniel si aggira (e con lui anche il lettore) in "quel labirinto che odorava di carta vecchia, polvere e magia" e alla fine, "tra titoli ormai illeggibili e scoloriti dal tempo... rilegato in pelle color vino, col titolo impresso sul dorso a caratteri dorati", trova il 'suo' libro: "L'ombra del vento" di Julián Carax, una storia che lo affascina al punto da voler leggere poi tutte le altre opere dell'autore.
Ma il mistero avvolge la vita di Carax: nato a Barcellona all'inizio del secolo, sulla sua sorte non si sa nulla di certo, mentre uno sconosciuto si dà da fare per reperire e bruciare tutte le sue opere.
Il lettore segue un Daniel curioso, ingenuo ma a suo modo anche tenace, nel suo percorso di crescita per circa un decennio in una Barcellona sotto il potere del franchismo, mentre indaga sulla vita di Carax e, passo dopo passo, vede la sua intrecciarsi sempre di più con quella di Julián: dal passato dell'autore emergono amori inconsapevolmente impossibili, amicizie indissolubili, infanzie tormentate, antiche gelosie e rancori mai dissipati, un segreto a lungo nascosto e la follia omicida del perfido ispettore Fumero.
Una serie di somiglianze avvicina la vita di Daniel e quella di Carax: entrambi appassionati di libri, ad entrambi apparterrà una penna che un tempo era stata di Victor Hugo e poi la relazione tra Daniel e Bea che sembra ricalcare quella di Julián e Penélope, "la bella Penélope, era donna e pertanto tesoro, non tesoriere".

Al fianco di Daniel ci saranno un padre dall'animo malinconico, il più delle volte in disparte a differenza di un vagabondo, Fermin, che diventerà per Daniel un amico fedele, insospettabilmente perspicace e coraggioso (di certo uno dei personaggi che conquista più facilmente le simpatie del lettore assieme a Miquel, l'amico di Julián e a Nuria Monfort, la donna da sempre innamorata di Carax).

Non mi sento di sconsigliare la lettura di questo libro, tuttavia non posso annoverarmi tra i lettori a cui è stato "capace di toccargli davvero il cuore" e dirne con il loro stesso entusiasmo.

"L'eco di parole che crediamo dimenticate ci accompagna per tutta la vita ed erige nella nostra memoria un palazzo al quale - non importa quanti altri libri leggeremo, quanti mondi scopriremo, quante cose apprenderemo - prima o poi faremo ritorno".

Personalmente non ho trovato tra queste pagine il palazzo di parole cui farò ritorno.
Del libro però ricorderò l'immagine del Cimitero dei libri dimenticati, un'immagine che mi fa pensare al più piccolo, ma non per questo meno ricco e labirintico, 'cimitero di storie dimenticate' che risiede, dove più dove meno, nella memoria di ognuno di noi. Storie che un giorno potrebbero lasciarsi scegliere da qualcuno, o scegliere qualcuno, cui affidarsi per continuare a vivere. Un 'nuovo lettore' grazie al quale l'eco di quelle vecchie storie risuonerà in modo diverso e si ritroverà "la voce e la penna" per scriverne (o almeno provare a scriverne) di nuove.

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L'ombra del vento 2020-03-30 13:37:10 valepd
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valepd Opinione inserita da valepd    30 Marzo, 2020
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Alle volte un po' lento ma una bella sorpresa

Ho iniziato questo libro senza prospettiva alcuna, ero pronta a tutto. Non mi aspettavo un libro cliché quindi mi sono proprio buttata nella lettura.
Devo ammettere che all'inizio mi ha preso parecchio.
Il fatto che il tutto fosse nato dall'aver scelto un libro lo rendeva ancora più interessante.
La potenza di un libro che crea intorno a sè una storia, stupendo.

Pagina dopo pagina leggerete la storia di Daniel, un bambino ingenuo e puro che si trasformerà piano piano in un ragazzo, con tutti i problemi del caso. Una delle sensazioni che comunicava era proprio questa.
Purezza. Attaccamento. Ingenuità.
Sembrava fosse quasi una storia reale, a volte. Una storia vissuta e poi raccontata ai posteri.
Credo che uno dei punti forti sia stato proprio questo, il fatto che riuscisse a coinvolgerti e a farti sentire parte del mistero come se davvero qualcuno te la stesse raccontando faccia a faccia (cosa che in fondo succede con i libri).
Ho parlato di mistero, appunto.
Ebbene sì, sappiate che alle volte mi ha fatto sentire quella leggera morsa allo stomaco dalla sorpresa e dallo spavento, quasi. C'erano veloci colpi di scena che non ti aspettavi, colpi di scena che riuscivano a tenere alto l'interesse del lettore. In fondo la base di tutto è anche un mistero quindi la suspense era d'obbligo, soprattutto in alcune parti.
Poi c'è Fermín, che personaggio che è stato. Ho amato il suo personaggio, davvero tanto. Era forse il più pratico tra tutti, una soluzione e un'idea per far fronte a tutto.
Nonostante quelle bellissime risposte a tono che ogni tanto dedicava al povero Daniel che, vista la sua giovane inesperienza, chiedeva consiglio al suo amico.
Mentre, nonostante tutto, mi è dispiaciuto un po' per il padre di Daniel che avrei voluto vedere un po' di più. Credo di aver nutrito un certo affetto per lui nonostante abbia fatto poche comparse rispetto agli altri.
Però, più di tutto, mi ha colpito la storia d'amore che si cela sotto il mistero.
La bellezza e la sincerità credo sia la vera perla del libro, sarà che io per i libri divento una romanticona, ma davvero, credetemi.
Credo sia stata una delle migliori, nonostante abbia avuto un risvolto non proprio allegro.

Ogni libro insegna qualcosa, anche la più piccola cosa che a tanti può sembrare insensata o quasi inutile. Ed anche questo libro insegna qualcosa.
L'attaccamento che Daniel ha può essere considerato sia curiosità e sia voglia di scoprire la verità. Lui non arretra neanche quando vede che i suoi sforzi in quel momento non stanno dando i frutti sperati. Questo credo sia un grande insegnamento che alle volte, quando gettiamo la spugna, dimentichiamo facilmente.
Un altro ''dettaglio'' (che tanto dettaglio non è) che mi ha commosso, per così dire, è l'affetto che prova Daniel verso il libro. Credo questo rappresenti un po' ogni lettore, ognuno ha il proprio rapporto personale con un libro, con una storia, con un personaggio, e credo che questo atteggiamento da parte del protagonista possa essere condiviso da tanti e apprezzato da tutti tanto è 'dolce'.

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L'ombra del vento 2019-08-26 06:45:38 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    26 Agosto, 2019
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NEL CIMITERO DEI LIBRI DIMENTICATI

“«In questa storia c’entrano i libri.»
«I libri?»
«Libri maledetti, l’uomo che li ha scritti, un misterioso personaggio fuggito dalle pagine di un romanzo per poterlo bruciare, un tradimento e un’amicizia perduta. E’ una storia d’amore, di odio e di sogni vissuti all’ombra del vento.»
«Sembra il risvolto di copertina di un romanzetto, Daniel»
«Non per niente lavoro in una libreria. Ma questa è una storia vera. […] E come tutte le storie vere comincia e finisce in un cimitero, anche se molto particolare.»”

Confesso di essermi approcciato alla lettura de “L’ombra del vento”, uno dei maggiori best-sellers degli ultimi vent’anni, secondo forse solo ai romanzi di Dan Brown e di J.K. Rowling, con un misto di desiderio (quello di concedermi, durante le assolate vacanze estive passate in spiaggia sotto l’ombrellone, una lettura scorrevole e disimpegnata), paura (di scontrarmi una volta di più con la legge non scritta ma ineluttabile in base alla quale molto raramente la quantità – di copie vendute – si associa con la qualità) e perfino senso di colpa (per essere passato dagli amati Faulkner e Nabokov a uno scrittore forse irreparabilmente compromesso con le più bieche e opportunistiche leggi del mercato). Per fugare subito ogni dubbio vorrei iniziare questa recensione con l’ammissione, per nulla scontata, che il romanzo d’esordio di Carlos Ruiz Zafon è un’opera che supera brillantemente le aspettative del lettore, purché egli non abbia, per partito preso, “la puzza sotto il naso”. L’autore spagnolo dimostra certamente una notevole astuzia nel momento in cui, nel prologo, introduce quel luogo suggestivo e fantastico che è il Cimitero dei Libri Dimenticati, una labirintica biblioteca segreta “dalle geometrie impossibili”, percorsa com’è da tunnel, ballatoi, scale e piattaforme, nella quale vengono conservati tutti quei libri che per i motivi più diversi rischierebbero di scomparire per sempre, in attesa che ad essi possa venire concessa, tornando nelle mani di un nuovo lettore, una seconda vita. Si tratta di una vera e propria “captatio benevolentiae” del lettore, dal momento che Zafon, parlando di libri, e dell’amore e del rispetto che bisognerebbe nutrire per essi (“Ogni libro possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza”), si accaparra aprioristicamente il suo rispetto e la sua ammirazione. Creando questa sorta di “orfanotrofio” dei libri, in cui gli adepti come il giovane protagonista Daniel “adottano” un libro, Zafon fa un’operazione simile a quella di Ray Bradbury in “Fahreneit 451”, nel quale – come si ricorderà – ogni membro della comunità degli uomini-libro che custodisce il patrimonio letterario dell’umanità, tramanda oralmente un’opera per preservarla dai roghi del regime autoritario e simil-nazista che ha proibito la lettura (e non a caso ne “L’ombra del vento” c’è un misterioso personaggio, Lain Coubert, che si aggira per le strade di Barcellona bruciando i libri). In realtà il romanzo di Zafon fa sfoggio solo superficialmente di una coscienza “bibliofila” (a differenza di Bradbury non c’è qui nessuna riflessione meta-narrativa sui rischi che la letteratura corre nella società contemporanea, ad esempio per l’avvento di nuove e pervasive forme di media) e ben presto rivela la sua natura di feuilleton, con tanto di storie d’amore tragicamente romantiche, case abbandonate che custodiscono innominabili segreti, personaggi enigmatici dalla dubbia identità, rivelazioni inattese che emergono dal passato, agguati notturni, colpi di scena e sorprendenti agnizioni. Contrariamente alla moltitudine degli scrittori che si sono cimentati e continuano a cimentarsi con la narrativa popolare, Zafon mostra però, fin dalle prime pagine, anche una precisa consapevolezza critica della natura della sua opera, citando Dumas (il sorriso enigmatico del padre di Daniel “che doveva aver preso in prestito da un romanzo di Dumas), Verne (“Sembra un’invenzione uscita dai libri di Jules Verne”, esclama Daniel, riferendosi alla serratura che chiude il portone del Cimitero dei Libri Dimenticati) e la letteratura d’appendice in genere (quando fa dire a Isaac, il vecchio custode del Cimitero, “Quel tipo sembra uscito dalle pagine di un romanzo d’appendice” e “Le piacciono i romanzi d’appendice”). “L’ombra del vento” risulta pertanto un’originale, intelligente, e financo colta, operazione di rivisitazione dei canoni e dei luoghi comuni di un certo tipo di letteratura ottocentesca, quella di Dumas e di Hugo, con sconfinamenti nel romanzo gotico (penso soprattutto a “Il fantasma dell’Opera” di Gaston Leroux). Con i dovuti distinguo, Zafon fa in fondo una cosa non dissimile da quella messa in atto venti anni prima da Umberto Eco ne “Il nome della rosa”, libro che, dietro alla sua trama “gialla”, nascondeva la sua natura di erudito pastiche, con rimandi al romanzo storico, al saggio filosofico e alla letteratura didattica e morale. Col capolavoro di Eco vi sono diversi punti in comune, oltre all’intreccio thrilling: la biblioteca come epicentro di tutti i misteri e la coppia di improvvisati detective (Daniel e il suo mentore Fermin sembrano occhieggiare l’Adso da Melk e il Guglielmo da Baskerville de “Il nome della rosa”). Oltre a questa consapevolezza, che potremmo quasi definire post-modernista, Zafon possiede anche una considerevole capacità narrativa. La sua storia (anzi le sue storie, dal momento che il romanzo ne sviluppa parallelamente due, quella di Daniel e quella di Julian Carax, le quali si intrecciano e addirittura si sovrappongono, con esiti molto interessanti che fanno sì che il primo diventa, con il trascorrere del tempo, quasi un doppio del secondo, a cui lo legano non solo analoghe esperienze di vita – l’amore di Daniel per Bea che rimanda a quello di Julian per Penelope, la comune passione per i libri – ma anche singolari coincidenze – il possesso della penna appartenuta un secolo prima a Victor Hugo), la sua storia – dicevo – è ottimamente architettata, e ancor meglio sviluppata nell’arco delle sue quattrocento pagine, con i momenti di suspense che si alternano sapientemente a quelli romantici, le sequenze drammatiche a quelle più leggere e ironiche. Lo scrittore spagnolo è bravo anche a creare personaggi che, seppur manicheisticamente dicotomizzati, sono capaci di imprimersi indelebilmente nella memoria del lettore, dal picaresco Fermin Romero de Torres (un logorroico e donchisciottesco personaggio, dotato di smisurati appetititi – anche sessuali -, che nondimeno si dimostrerà nel corso del romanzo munito di insospettate doti di profondità filosofica, di coraggio e di fedeltà) al perfido Francisco Javier Fumero (il sadico e spietato ispettore della polizia criminale, che uccide e tortura senza pietà per vendicarsi della sua vergognosa infanzia), dal misterioso Julian Carax (l’autore di introvabili romanzi, sulle cui labili e inconsistenti tracce si metterà Daniel per ricostruire la sua storia di passione e dannazione) fino alle tante femmes fatales (figure affascinanti e autenticamente romantiche, spesso costrette a pagare con un tragico destino la loro dedizione all’essere amato). Certo, non tutto è perfetto ne “L’ombra del vento”. Le coincidenze (che un personaggio del romanzo definisce “le cicatrici del destino”) proliferano in maniera francamente inverosimile (basti pensare che Julian Carax, Fumero, Jorge Aldaya – il fratello della ragazza amata da Julian – e Miquel Moliner – il marito di Nouria, per un certo tempo a sua volta compagna di Julian – erano stati tutti allievi dello stesso collegio), e certi flashback (in cui peraltro Zafon dà sfoggio di una fantasia che richiama il realismo magico di Garcia Marquez, come nel caso dei sogni profetici della domestica Jacinta e della rievocazione del Tenebrarium) hanno un po’ la funzione di pedanti spiegoni. Questi difetti appaiono però emendabili e veniali, soprattutto perché, in un’opera che si legge tutta d’un fiato, vengono più che compensati da un’appassionata rivisitazione degli anni della guerra civile e del franchismo, e soprattutto dalla originale e suggestiva descrizione di una Barcellona lontanissima dai cliché turistici, una città magica, “che ti entra nel sangue e ti ruba l’anima”, fredda e piovosa, ambigua e misteriosa, in cui negli stretti vicoli del Barrio Gotico e del Raval o nelle solitarie strade del Tibidabo la nebbia può nascondere ad ogni angolo sorprese e incontri inaspettati.

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L'ombra del vento 2019-03-21 19:46:56 leogaro
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leogaro Opinione inserita da leogaro    21 Marzo, 2019
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Vento di brividi

1945: l’adolescente Daniel vive a Barcellona col padre libraio, nella malinconia per l’assenza della madre precocemente morta. Una mattina, il padre lo porta nel Cimitero dei Libri Dimenticati, una biblioteca segreta che conserva volumi sottratti all’oblio: qui lo invita ad adottare un libro per averne cura tutta la vita. Daniel sceglie “L’ombra del vento” di Julian Carax e ne rimane rapito. Volendo altre informazioni su Carax, contatta l’esperto Barcelò, grazie al quale scopre che la sua è l’unica copia sopravvissuta delle opere di Carax, andate tutte misteriosamente bruciate.
Anni Cinquanta. Daniel fa amicizia col mendicante Fermin R. de Torres, che ingaggerà come aiutante nella libreria paterna. Un uomo sfigurato avvicina Daniel, si presenta come Coubert e gli intima di vendergli il libro, ma il ragazzo riesce a fuggire. Daniel e Fermin, a questo punto, iniziano la ricerca su Carax: trovano la sua casa natale e, in essa, una lettera d’amore per una certa Penelope. Da Nuria Monfort, impiegata in una casa editrice, Daniel scopre la verità sui genitori biologici di Carax e un’ambigua relazione con un certo Coubert che cercò poi, inspiegabilmente, di bruciare i suoi libri. Proseguendo le ricerche, Daniel e Fermin scoprono l’infanzia di Julian presso la prestigiosa scuola San Gabriel, dove il benestante Ricardo Aldaya lo manteneva filantropicamente agli studi. Misteri su misteri, la trama si intrica sempre ogni qual volta sembra si stia per dipanare! Mentre le indagini di Daniel proseguono, l’ispettore Fumero, il lato oscuro della polizia locale, si fa sempre più intraprendente, inseguendo la sua vanità e i fantasmi del passato. Quando, in una tenebrosa Villa Aldaya in rovina, Daniel trova una cripta con due bare, gli eventi precipitano: Nuria Monfort sparisce ma una sua lettera, fatta recapitare poco prima a Daniel, svelerà altri aspetti del passato di Carax. A poco a poco, non senza colpi di scena, l’identità di Julian Carax si rivela, ripercorrendo con vari flashback anche gli anni della sanguinaria Guerra civile spagnola, con tanto di esili, vendette ed agguati, superando tradimenti e mettendo alla prova la resistenza di solide amicizie.

I personaggi di Zafon, stavolta, lasciano il segno. Ritmo frenetico, incalzante; stile lodevole. Non è difficile parteggiare per Daniel, si scopre un Fermin profondo (e super-ironico, un vero istrione), ma nemmeno i personaggi “minori” lasciano indifferenti.

Un sacco di frasi da ricordare, dispensate soprattutto da Fermin: “Non esistono lingue morte, ma solo cervelli in letargo!”, “La gente mette il becco ovunque: l’uomo non discende dalla scimmia, bensì dalla gallina!”; “La donna desidera il contrario di ciò che pensa o afferma…l’uomo obbedisce invece agli stimoli del proprio apparato genitale o digestivo”; “La barbarie è come la marea: si ritira e uno pensa di essere in salvo, ma poi torna… e ci sommerge”; “Quando si lavora, non si ha tempo di guardare la vita negli occhi”; “Parlare è da stupidi, tacere è da codardi, ascoltare è da saggi” ; “Conserva i tuoi sogni: non puoi sapere quando ne avrai bisogno”.

Un libro ben costruito che regala emozioni e brividi. Nelle sue piacevoli pagine oscilla tra il romanzo gotico, la commedia sentimentale e il genere fantasy-horror ma, in realtà, si mantiene sempre nel segno del thriller, un thriller con la T maiuscola.

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Thriller, gialli o horror. Al confronto con questo, gli altri libri di Zafon sono decisamente inferiori.
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L'ombra del vento 2017-08-26 14:09:52 Mane
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Mane Opinione inserita da Mane    26 Agosto, 2017
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"Gradisce una sugus?"

“L’ombra del vento”, degno capitolo d’apertura della fortunata tetralogia del “Cimitero dei libri dimenticati”, è limpida testimonianza di quanto Zafon abbia ampiamente attinto ai più celebri esempi di feuilleton sposandone canoni e metrica pur rinfrescandone l’interpretazione.

La tragedia della Spagna dilaniata da conflitti intestini a ridosso delle Guerre Mondiali, si respira nei colori dello sfondo, senza mai rubare la scena alla “corsa” del giovane Daniel Sempere, figlio di un umile libraio dai sogni smarriti e protagonista di un destino emblematicamente segnato da un libro, riscattato fortuitamente dalla polvere del tempo.

Dalle pagine emergono ben tratteggiate le figure di personaggi enigmatici quanto il loro bagaglio di esperienze: dall’irresistibile ed eclettico clochard Férmin Romero da Torres, al venefico ispettore Javier Fumero, fino allo sfuggente romanziere Julian Carax. Sfortunatamente, meno efficaci e più semplificate risultano invece le presenze femminili, all’apparenza troppo spesso agenti e cogitanti in sola funzione delle controparti maschili. Gli ambienti e le atmosfere di una Barcellona misteriosa e da scoprire, sapientemente descritti senza straripare mai nel barocco, alimentano il fascino delle vicende sospese tra sogno, presente e passato, inganni e realtà.
La scrittura vivace e fluente, mai sperduta in lunghe riflessioni, è al totale servizio dell’azione, in un romanzo votato al dinamismo, dove il motore centrale delle vicende è la costante, indefessa ricerca di verità e giustizia. Occhi avidi di barbagli di luce, in tal senso, sono quelli dei nostri beniamini, mentre gli antagonisti sono alacri artefici dell’oscurità nutrita di occultamenti, crimini e soprusi.

Sorprendentemente, pecca lo sviluppo del protagonista Daniel Sempere, immutabile nel passaggio dall’infanzia alla maturità, poco credibile giacché sempre dotato di somma sagacia nelle conversazioni, e custode del dono sempreverde di una inossidabile risolutezza.

Ad ogni modo il romanzo con le sue volute di trama guadagna fin da subito una robusta presa sul lettore, corroborata sul finale da una munifica salve di colpi di scena che turbinano nello svolgersi della matassa.

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L'ombra del vento 2016-11-28 12:14:12 cosimociraci
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cosimociraci Opinione inserita da cosimociraci    28 Novembre, 2016
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Il capolavoro di Zafon

E' il primo libro di questo autore che ho letto e parto col dire che dopo di questo sono andato a caccia dei suoi romanzi. In attesa di regalarmi per Natale l'ultimo suo, si spera, capolavoro.
Leggere il libro mi ha immedesimato sin dal principio al giovane Daniel Sempere che si ritrova per le mani il misterioso romanzo, L'ombra del vento, appupnto. Questa ricorsione mi ha incuriosito sin dalle prime pagine.

Diversamente da quanto si possa aspettare il romanzo non è intricato ma solo intrigante. Le indagini, che lo stesso Daniel intraprende, sono ben descritte e facili da seguire.
Nonostante la lettura del romanzo si scorrevole l'autore lo fregia di metafore e similitudini quasi ad ogni pagina gettando un velo di liricità all'intera lettura.

L'ombra del vento si apre nel 1945 a Barcellona sotto il regime di Franco. Da come l'autore descrive il regime si percepisce il suo orientamento politico.
Non appena si inizia a leggere, si percepisce una forte sensazione di oscurità, di un tempo in cui la vita e le cose sono difficili per il basso ceto.
Durante la lettura, ci si sente come se si stesse vagando per le strade fredde di Barcellona, con la sensazione che qualcosa salterà fuori da un momento all'altro. Si può sentire il nervosismo, l'umidità, la preoccupazione e l'angoscia.

Questo libro non è adatto solo ad appassionati del genere thriller ma contiene anche una storia d'amore, tra Julián Carax e Penélope che deve nascondersi nelle ombre di problemi molto più grandi, dando vita ad una storia tra le più cupe e tristi che abbia letto.

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L'ombra del vento 2016-09-12 07:30:58 Amante di Libri
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Amante di Libri Opinione inserita da Amante di Libri    12 Settembre, 2016
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Romanzo innovativo e strabiliante

"A volte è più facile confidarsi con un estraneo. Forse perchè ci vede realmente e non come vogliamo far credere di essere."

Daniel Sempere, voce narrante del romanzo, all’alba del suo undicesimo compleanno si sveglierà angosciato perchè non ricorda il volto della madre (deceduta a causa del colera) e così viene portato dal padre al “Cimitero dei Libri Dimenticati”, gigantesca biblioteca nella quale sono conservati milioni di libri. Viene invitato a scegliere quale libro adottare ed egli decide di prendersi cura del romanzo di Julian Carax: L’ombra del vento. Daniel, rimane colpito dalla lettura del romanzo ed inizia a compiere delle indagini sull’autore, scoprendo di essere in possesso dell’ultima copia. Da qui, le sue ricerche si intrecceranno con vicende, persone appartenenti alla vita di Carax che lo porteranno a cercare di far luce su un mistero accaduto anni e anni fa. La vita di Daniel verrà, quindi, sconvolta dai vari parallelismi che riconoscerà tra la sua vita e quella dell’autore.

L’ombra del vento, il primo di una trilogia (seguito da Il gioco dell’angelo e Il prigioniero del cielo), è un romanzo che cattura l’attenzione del lettore, lentamente. All’inizio si presenta in maniera statica, molto dettagliato e si concentra per lo più sulla presentazione di Daniel e dell’importanza di recuperare i libri lasciati nell’oblio. Successivamente, dalla scelta del libro, veniamo catapultati in un indagine misteriosa che porta alla luce tematiche come quella della famiglia distrutta,amori spezzati , lealtà, amicizia e turbamenti. Io, stessa, mi sono sentita partecipe di questa sua ricerca, ritrovandomi con il fiato sospeso ad ogni colpo di scena o parallelismo che si presentava pagina dopo pagina. La figura di Daniel è una delle figure più positive del romanzo, la sua incostanza ricerca della verità, lo porterà a cacciarsi in autentici guai. Tuttavia, la sua tenacia è ammirevole anche perché sarà sempre più vicino allo svelare la verità di un mistero sepolto dalla polvere del tempo.

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Consigliato a chi ha letto...
Per chi ama i misteri
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L'ombra del vento 2016-08-07 15:45:33 valepd
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valepd Opinione inserita da valepd    07 Agosto, 2016
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"Conserva i tuoi sogni Daniel, non puoi sapere qua

Ho iniziato questo libro senza prospettiva alcuna, ero pronta a tutto. Non mi aspettavo un libro cliché quindi mi sono proprio buttata nella lettura.
Devo ammettere che all'inizio mi ha preso parecchio.
Il fatto che il tutto fosse nato dall'aver scelto un libro lo rendeva ancora più interessante.
La potenza di un libro che crea intorno a sè una storia, stupendo.

Pagina dopo pagina leggerete la storia di Daniel, un bambino ingenuo e puro che si trasformerà piano piano in un ragazzo, con tutti i problemi del caso. Una delle sensazioni che comunicava era proprio questa.
Purezza. Attaccamento. Ingenuità.
Sembrava fosse quasi una storia reale, a volte. Una storia vissuta e poi raccontata ai posteri.
Credo che uno dei punti forti sia stato proprio questo, il fatto che riuscisse a coinvolgerti e a farti sentire parte del mistero come se davvero qualcuno te la stesse raccontando faccia a faccia (cosa che in fondo succede con i libri).
Ho parlato di mistero, appunto.
Ebbene sì, sappiate che alle volte mi ha fatto sentire quella leggera morsa allo stomaco dalla sorpresa e dallo spavento, quasi. C'erano veloci colpi di scena che non ti aspettavi, colpi di scena che riuscivano a tenere alto l'interesse del lettore. In fondo la base di tutto è anche un mistero quindi la suspense era d'obbligo, soprattutto in alcune parti.
Poi c'è Fermín, che personaggio che è stato. Ho amato il suo personaggio, davvero tanto. Era forse il più pratico tra tutti, una soluzione e un'idea per far fronte a tutto.
Nonostante quelle bellissime risposte a tono che ogni tanto dedicava al povero Daniel che, vista la sua giovane inesperienza, chiedeva consiglio al suo amico.
Mentre, nonostante tutto, mi è dispiaciuto un po' per il padre di Daniel che avrei voluto vedere un po' di più. Credo di aver nutrito un certo affetto per lui nonostante abbia fatto poche comparse rispetto agli altri.

Però, più di tutto, mi ha colpito la storia d'amore che si cela sotto il mistero.
La bellezza e la sincerità credo sia la vera perla del libro, sarà che io per i libri divento una romanticona, ma davvero, credetemi.
Credo sia stata una delle migliori, nonostante abbia avuto un risvolto non proprio allegro.
Ogni libro insegna qualcosa, anche la più piccola cosa che a tanti può sembrare insensata o quasi inutile. Ed anche questo libro insegna qualcosa.
L'attaccamento che Daniel ha può essere considerato sia curiosità e sia voglia di scoprire la verità. Lui non arretra neanche quando vede che i suoi sforzi in quel momento non stanno dando i frutti sperati. Questo credo sia un grande insegnamento che alle volte, quando gettiamo la spugna, dimentichiamo facilmente.
Un altro ''dettaglio'' (che tanto dettaglio non è) che mi ha commosso, per così dire, è l'affetto che prova Daniel verso il libro. Credo questo rappresenti un po' ogni lettore, ognuno ha il proprio rapporto personale con un libro, con una storia, con un personaggio, e credo che questo atteggiamento da parte del protagonista possa essere condiviso da tanti e apprezzato da tutti tanto è 'dolce'.

Un libro che, nonostante a volte sia stato un po' lento nella scorrevolezza , si è rivelato una bella sorpresa.

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L'ombra del vento 2016-04-17 22:48:55 JuliànCarax
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JuliànCarax Opinione inserita da JuliànCarax    18 Aprile, 2016
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Scrivi dei libri. Scrivili per me. Per Penélope

"L'eco di parole che crediamo dimenticate ci accompagna per tutta la vita ed erige nella nostra memoria un palazzo al quale – non importa quanti altri libri leggeremo, quante cose apprenderemo o dimenticheremo – prima o poi faremo ritorno".
E cosi è stato. Ho rispolverato il libro che, più di tutti, è stato in grado di toccare certe cordicelle del mio cuore e del mio intelletto.
L'ho rispolverato dal mio personalissimo "Cimitero dei libri mai dimenticati" e rimesso al cospetto della mia attenzione. Dopo 193 recensioni non voglio soffermarmi più di tanto sulla trama. Preferisco recensire tutto ciò che questa avventura letteraria mi ha trasmesso; d'altronde si sceglie un libro anche per provare delle emozioni forti e non solo per scoprire il messaggio che porta dentro.
In realtà avevo una tremenda nostalgia; nostalgia del piccolo Daniel Sempere che nel cuore della notte non ricorda più il volto della madre scomparsa prematuramente, nostalgia di suo padre e della sua particolare libreria di famiglia, nostalgia di entrambi che nel cuore della notte visitano il
Cimitero dei Libri Dimenticati, nascosto nei meandri di una Barcellona cupa e colma di mistero. Proprio in questo luogo magico e misterioso il piccolo Daniel sceglie un libro che nasconde non solo una storia fatta di pagine e parole ma una vera e propria odissea di eventi e intrighi che si ripercuoteranno nella vita al di fuori dei libri e in quella delle persone a lui vicine.
Daniel rimarrà affascinato a tal punto da nutrire un'ossessione per l'autore del libro (Juliàn Carax) e per i segreti che tengono, la storia di Juliàn, sepolta sotto macerie di mistero.
Riprendere questo libro in mano e perdermi nuovamente nel sentiero della sua storia mi ha fatto ripensare a quei momenti in cui ti ritrovi dentro una macchina, con una persona a cui sei particolarmente legato; quando non ti curi del tempo che scorre veloce e di tutto quello che dovrai fare l'indomani. Allora inizi a parlare fino all'alba di amori impossibili, di persone orribili, di amicizia, di qualsiasi cosa ti passi per la testa finchè ti vengono due noci al posto degli occhi, finchè non senti le sfumature del cielo e dell'abitacolo in cui ti trovi cambiare lentamente e te ne vai a casa totalmente ridimensionato a catalogare tutto ciò che hai vissuto, nel silenzio.
Se sono stato eccessivamente melenso perdonatemi ma sono fatto così, dentro un libro cerco soprattutto questo.
Ci tenevo a far capire, tramite questo esempio, come entrando in un turbinio di emozioni fantastiche in cui il tempo scivola in picchiata, si fà, poi, una fatica enorme ad uscirne fuori e
mettere, nuovamente, i piedi sul terreno, a rallentare..... vorremmo sempre rimanere un pò di più, andare ancora così velocemente....
Leggere "l'ombra del vento" è stata, grossomodo, un'avventura simile per me, "non volevo abbandonare la magia di quella storia nè, per il momento, dire addio ai suoi protagonisti".
Mi sono ritrovato su un ring emotivo, fatto di carta e di parole, sono andato K.O alla 597esima pagina sotto i colpi potenti dello stile e della trama di Zafòn mentre lo schiocco del libro che si chiude sanciva la fine di un incontro emozionante che mai dimenticherò.
Consiglio "l'ombra del vento" non solo come libro, ma come strumento per pesare la propria empatia verso tutto ciò che di bello c'è nel mondo, nella vita, dentro di noi.

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