L'artista della morte
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Alejandro Arís è nato a Barcellona nel 1943. Medico chirurgo, è direttore del reparto di Cardiologia di uno degli ospedali della sua città. L’artista della morte è il suo primo romanzo.
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Un appassionante medical thriller
A volte capitano attrazioni strane, stravaganti, come nel caso di questo libro che mi ha subito attratta non per la copertina (bella, ma con poco materiale per fantasticarci sopra), non per il titolo (l’originale è “Los cuadros del Anatomista” che effettivamente svela troppo, togliendo l’effetto sorpresa), ma per l’autore. Cosa può dirmi il nome di uno scrittore spagnolo al suo primo romanzo? Niente, ma l’elemento che mi ha colpita è la sua professione. Infatti, il barcellonese Alejandro Arís è un medico chirurgo, direttore del reparto di Cardiologia di uno degli ospedali della sua città, e proprio per questo motivo mi aspettavo molto da lui. Subito la mia mente ha immaginato varie cose, storie e situazioni narrate, particolarmente descritte in ambito medico e così è stato. Nonostante tutto ciò che ho immaginato, il medical thriller L’artista della Morte è riuscito a sorprendermi oltre la mia immaginazione e sempre positivamente.
Le mie aspettative non sono state deluse ed inoltre ho trovato più di quanto mi aspettassi. L’ambito medico è stato ottimamente sviluppato. Certo le mie conoscenze, in quel settore, sono limitate e andavo a fiducia, ma qualcosa in più mi è rimasta, oltre la componente romanzata.
Ad avermi colpita e sorpresa è stato il periodo storico, non attuale, ma nemmeno medioevale e soprattutto non inflazionato da altri romanzi. Il primo rigo del primo capitolo riporta a margine una data, il 1° marzo 1968. Decisamente un bel periodo da approfondire con tutti i fermenti politici in atto e i mutamenti dal punto di vista sociale. Lo scrittore stesso, nella nota a fine romanzo, cita il saggio da cui ha preso spunto per rendere storicamente credibile la sua opera.
Si alternano capitoli strettamente medici con il protagonista, il dottor Kenneth Philbin, da poco reduce da un’esperienza nella guerra del Vietnam, intorno cui ruotano i suoi amici (in primis il palermitano Claudio Simone) a quelli in cui attraverso la radio e la televisione parlano i politici del periodo e palesano gli eventi in corso, compreso l’assassinio di Martin Luther King il 4 aprile del 1968 a Memphis e quello di Bobby Kennedy a Los Angeles il 6 giugno.
Gli eventi narrati arrivano fino al luglio del 1969 e si svolgono in America a Washington. È sorprendente come lo scrittore abbia mescolato insieme le varie componenti del suo thriller, fatto di anatomia, storia e tanta, tanta arte, ma anche suspense, sesso e vicende personali, fino ad ottenere un ottimo risultato. Una lettura che scorre piacevolmente sin da subito e si dipana attraverso un intreccio ordito ad arte e non privo di colpi di scena.
Se il personaggio buono è il giovane, affascinante e professionalmente preparato dottor Kenneth Philbin, a fargli da antagonista è un killer che unisce conoscenze mediche a una passione spiccatamente artistica. Scoprire il messaggio nascosto dietro ogni omicidio, richiederà sapienti ricerche che il protagonista analizzerà e svelerà, rendendoci partecipi.
Sono soddisfatta di essere arrivata alla soluzione del giallo un minuto prima di Kenneth. Forse sto diventando troppo brava o forse fa parte della tecnica dell’autore di aiutare il lettore, grazie al ragionamento, ad immedesimarsi così tanto nelle vicende narrate, da arrivare alle stesse conclusioni. Aspetto di sapere se anche per voi è stato così piacevole entrare nell’indagine contro l’artista della morte e smascherarne chi ne è l’artefice.