Il viaggiatore del giorno dei morti
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L’oppressione della borghesia
L’orfano sbarca a La Rochelle all’imbrunire e inizia la sua vicenda venendo a conoscenza di essere l’unico erede di una colossale fortuna lasciatagli dallo zio, fratello di suo padre. Per uno che di certo non se la passa bene dovrebbe essere un tripudio di gioia, ma non è così, perché certe ricchezze sono frutto di insulsi ricatti, sono il termometro di una società malata in cui un’agiata borghesia ha dei conti in sospeso, e non si tratta di bazzecole. Lo zio era temuto e odiato e il nipote, per la sua qualità di erede, è pure malvisto in un mondo dalle posizioni cristallizzate, pressoché inamovibili, tanto più che, se all’apparenza potrebbe essere considerato un ingenuo, è tutt’altro, perché vuol sapere, vuol conoscere, soprattutto, come tanti, è interessato al contenuto di una cassaforte di cui ha la chiave, ma non la combinazione. Chi vorrebbe consigliarlo non è per niente un amico, bensì si tratta di persone in rapporti d’affari con lo zio, da cui erano autenticamente vessati. Il giovane, che di nome fa Gilles Mauvoisin, nel mentre cerca di penetrare i segreti del parente deceduto, amministra con rigore e anche con capacità il notevole patrimonio, quasi esclusivamente costituito da partecipazioni in lucrose iniziative. La vena gialla del romanzo affiora però quando dapprima muore avvelenata la moglie paralitica di un medico che è l’amante di Colette, moglie dello zio deceduto e relegata dal marito a semplice comparsa quando questi si accorge della tresca, e più tardi quando si scopre che anche lo zio Octave Mauvoisin era morto non per cause naturali, bensì per l’ingestione di arsenico. A complicare il tutto subentra un’altra questione e cioè che il giovane Gilles, benché sposato con Alice, si innamora della zia Colette, giovane, più carina che bella e che assomiglia, come tipo, alla defunta nonna paterna. Gli sviluppi dei casi sono in rapida evoluzione, ma non aggiungo altro, perché altrimenti tolgo quel po’ di mistero che caratterizza il romanzo, limitandomi a dire che alla fine sarà uno di quei pochi casi in cui si potrà dire, per tutte le parti coinvolte, che vissero felici e contenti. In un certo qual modo Simenon pare sottendere che la malvagità è stata giustamente punita, ma che le colpe primigenie di questa classe arricchita non sono state purgate, sono state semplicemente auto perdonate. Il mondo chiuso della cittadina di La Rochelle che, con l’arrivo del giovane Gilles e la sua ricerca della verità, era entrato in ebollizione si assopisce nuovamente, ognuno prigioniero del suo ruolo in cui l’apparenza prevale sulla sostanza. Non sarà così per Gilles e Colette perché in fondo hanno voluto e saputo affrontare l’ostracismo di un ambiente chiuso e che proprio per questo se ne andranno liberi per il mondo.
Il viaggiatore del giorno dei Morti è un altro stupendo romanzo di Georges Simenon.
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Il viaggiatore di Simenon
Non confronto nè esprimo giudizi, manifesto solo le mie sensazioni su questo libro.
Atmosfere umide dense di salsedine, nebbiose e fondamentalmente crepuscolari. L'opera inizia e si conclude con una luce legata a un'ora tarda, quasi un notturno.
Ambientato a LaRochelle, cittadina portuale sulla costa atlantica francese, anch'essa all'inizio raggiunta con un cargo alla vigilia del giorno dei morti ( Le voyageur de la Toussaint ) e alla fine lasciata.
Inizio e fine si rincorrono sempre come se fosse il romanzo di tutta una vita e invece è solo quello di una stagione della vita del giovane Gilles Mauvoisin.
Ci si accorge che il sentimento più importante dell'uomo, l'amore, non è legato a un filo naturale e scontato ma insorge e prorompe in situazioni inaspettate e difficili, al di fuori di qualsiasi razionalità personale e convenzionalità ambientale.
Si conferma come il bene supremo della persona, la libertà, non può essere vincolato da legami intrecciati all'apparenza nè a condizioni economiche che la riducono a merce di scambio.
L'abitudine è un lento spegnersi, l'incertezza della vita, c'è chi la chiama avventura, è una forma di autodeterminazione per poter dire: io esisto, io vivo.
Una comunità, quando è raggiunta dall'esterno senza mezzi termini, dal mare appunto, è sempre una dura realtà con la quale bisogna fare i conti, se poi, si raggiunge anche per acquisire una eredità di potere sulla stessa, può diventare letale.
Lo è stato, e lo potrebbe diventare per Gilles, per un progressivo e inesorabile falso senso di colpa che, come un veleno, gli uomini di potere vogliono instillargli per nascondere e proteggere i loro sporchi interessi.
E allora è ammesso il baratto, lo scambio, in questa situazione ricattatoria del potere,anche al prezzo di un venir meno dei propri principi che poi, a pensarci bene, sono sempre quelli degli altri.
Sembra che Simenon ci voglia far capire che in questa vita non ci possono essere pulpiti per declamare la propria moralità con il potere, e il suo rifiuto, la sua negazione, sopratutto se condivisa con qualcuno accanto, è dolcissima, unica e impagabile.