Il totem
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Un Morrell un po' datato...
Oggetto di una rapida microcondivisa folgorante, un horror scritto bene (è pur sempre il “mio” Morrell), ma decisamente datato e non invecchiato al meglio. Probabilmente leggerlo nel ‘79 avrà cagionato i suoi bei “brividi”, ma quasi quarant’anni dopo molti “colpi di scena” sono davvero prevedibili (e previsti).
Non di meno è Morrell che scrive e quindi sarebbe interessante riuscire a “smontare” la sua scrittura per riuscire a capire come fa a creare, in poche righe, tensione e pathos, ad imbroccare (quasi sempre) i personaggi giusti e ad attaccartisi alla gola e a non mollarti fino alla fine della storia.
Siamo a Potter’s Field, Wyoming (attenzione ai nomi), il capo della polizia, Nathan Slaughter, è alla prese con un autostoppista travolto da un auto ed abbandonato sul bordo della strada.
Un “banale” pirata della strada.
Sembra.
Ma l’autostoppista presenta delle orrende ferite, il medico legale che si occupa della sua autopsia muore di infarto (e forse di paura) e il cadavere sparisce dall’obitorio.
Ed è solo l’inizio.
Morrell moltiplica i punti di vista, e ci porta al finale in un crescendo di paura, funestato solo – appunto – dall’età non tenera del libro.
Al solito l’autore è maestro nel creare tensione, nel ritmo incalzante e nel delineare alcune relazioni e “tipi” umani.
Devo ammettere che la scena del cieco e del suo cane mi ha colpito abbastanza da farmi sobbalzare incontrando i miei gatti durante perigliosa sortita notturna (dal piumone) in cerca di un bicchiere d’acqua.
Il finale, invece, è un po’ troppo frettoloso e lascia qualche “buco” nella trama.
Infine il personaggio femminile – diversamente che in “La Perfezione del Male” – è davvero inutile!
Anyway, probabilmente Morrell creerebbe tensione e incollerebbe alle pagine anche se dovesse narrare del mistero del calzino scomparso in lavatrice (esattamente come il suo amico Stephen King), quindi lettura piacevole, nonostante i difetti.