Il tempo della clemenza Il tempo della clemenza

Il tempo della clemenza

Letteratura straniera

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Clanton, Mississippi. 1990. Quando l'avvocato Jake Brigance viene nominato suo malgrado difensore di Drew Gamble, accusato a soli sedici anni di aver ucciso Stuart Kofer, vicesceriffo della Ford County, capisce di trovarsi di fronte al caso più difficile della sua carriera. Perché Drew è soltanto un ragazzo timido e spaventato che non dimostra la sua età, e questo rende il suo crimine ancora più incredibile e agghiacciante. Ma sua madre e sua sorella, che insieme a lui vivevano a casa di Stuart, sanno cosa lo ha spinto a commettere questo terribile gesto. Conoscono fin troppo bene la doppia vita della vittima. Molti a Clanton invocano la pena di morte, l'assassinio di un poliziotto è considerato un atto inammissibile, e la professione di Stuart Kofer lo rendeva a suo modo intoccabile in un contesto sociale pieno di ombre e contraddizioni. Il ragazzo ha poche chance di sfuggire alla camera a gas e Jake è l'unico che può salvarlo, in un processo controverso che dividerà l'opinione pubblica, mettendo a rischio anche la sua vita e quella della sua famiglia.



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Il tempo della clemenza 2020-12-28 22:14:23 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    29 Dicembre, 2020
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La difficile impresa di un avvocato difensore.

Torna in campo il brillante avvocato Jack Brigance, uno dei personaggi più amati da John Grisham. Siamo nel profondo sud dell’America, anni ’90, in quel Mississippi ancora turbato da tensioni razziali, dove vige come principio il biblico “occhio per occhio, dente per dente”: la clemenza non è di casa, la giustizia deve attenersi rigidamente alle leggi, senza sbavature pietistiche e senza eccezioni. Il nostro avvocato, sempre a corto di parcelle, ha un suo studio, gestito in collaborazione con Portia, una bravissima praticante nera che promette di laurearsi con la prospettiva di diventare socia, e con vecchi colleghi, amici che lo supportano e con i quali ha rapporti altalenanti. In più, un’adorabile e pazientissima moglie, Carla, insegnante, ed una figlia, Hanna. Siamo a Clanton, una cittadina operosa, sede del delitto di cui tratta il romanzo. Un minorenne, Drew Gamble, dall’aspetto infantile (dimostra meno dei suoi sedici anni), e con precedenti non limpidissimi, esasperato dai continui soprusi e dai ripetuti atti di violenza ingiustificati del vicesceriffo Stuart Kofer che ospita lui, la madre e la sorella quattordicenne, gli spara a freddo uccidendolo, convinto che, in preda ai fumi dell’alcool, abbia ucciso, dopo averla pesantemente insultata, la madre a pugni e calci. Questo l’antefatto. Il delitto sconvolge la vita della città, un uomo di legge, per altro stimato in servizio ( ma con precedenti oscuri e senza freni inibitori se ubriaco), assassinato: la legge prevede la pena capitale, il giudice della contea nomina Brigance avvocato difensore, che accetta temporaneamente e non volentieri l’incarico. Ma la nomina diventerà definitiva: Brigance ha paura, tutti sono contro di lui, teme addirittura per la sua incolumità, ma, alla fine, prevale in lui il senso del dovere, il dovere morale di aiutare un povero ragazzo che ha ucciso per difendere la madre e porre fine a continui atti di violenza e minacce di morte. Il romanzo è la minuziosa storia del processo e relativi accadimenti. Sono più di cinquecento pagine, pochi i colpi di scena da vero thriller, estesa e sviscerata in ogni particolare la parte legale, tanto da rendere la narrazione a volte prolissa e noiosa, ma comunque a suo modo affascinante per gli amanti del genere. Brigance, in altri romanzi convinto assertore della pena capitale, è qui propenso a porre in primo piano le ragioni che hanno condotto il ragazzo al gesto fatale, ne assume coraggiosamente la difesa, cerca in ogni modo di rendere meno insopportabile la sua reclusione in un carcere per adulti, fino a calare l’asso che tiene nella manica, tenuto nascosto al processo: è il vero e unico colpo di scena, allorquando rivela che la sorella di Drew, stuprata dal vicesceriffo, è incinta ed è prossima a partorire. La giuria ascolta l’arringa di Brigance, non emette un giudizio unanime di colpevolezza, appare divisa: il processo si dovrà rifare, Brigance ne esce virtualmente vincitore e prende sempre più a cuore le sorti del ragazzo. Ottiene per lui una sorta di libertà vigilata e la frequenza a scuola, mentre propone alla moglie di adottare ufficialmente il neonato, proposta accettata con entusiasmo. Per il ragazzo, si batterà nel prossimo processo per ottenerne l’assoluzione.
Sempre attento ai grandi temi sociali, John Grisham affronta nel romanzo un grande tema, quello della clemenza, legato in un certo senso alla pietà, non tanto nel senso della “pietas” romana intesa come devozione religiosa, ma interpretata come compassione e misericordia: sentimenti tutt’altro che facili da far comprendere in un ambiente chiuso, retrivo e vendicativo come quello in cui Brigance opera. Ma ha una grande famiglia al suo fianco, un vecchio ed esperto giudice senza pregiudizi che riesce a comprenderlo, un pubblico accusatore che non infierisce pur insistendo per la pena capitale.
Un altro tema che affiora nel romanzo è quello del razzismo: pur in un ambiente in cui i bianchi hanno ancora la supremazia ed i neri hanno ancora aree separate nei cimiteri e nella maggioranza dei ristoranti, il protagonista si batte per avere una socia nera, Portia, una collega abile e fidata, sostenuta ed incoraggiata negli studi e nel conseguimento del diploma.
Per gli appassionati di questioni legali, il romanzo offre una miniera di spunti e riflessioni. Per chi invece predilige il thriller, la narrazione non offre emozioni forti. Consiglio comunque la lettura, perché le vicende familiari e processuali dell’indifeso e fragile Drew Gamble, inserite in un ambiente del tutto particolare, offrono più spunti di riflessione.
Lo stile narrativo: essenziale ed impeccabile. John Grisham non si smentisce mai, anche nei romanzi apparentemente meno popolari.

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