Il sorcio
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Recensione della Redazione QLibri
Sorcio di nome e di fatto...
Essendo un grande amante dei gialli, era da parecchio tempo che volevo avvicinarmi al prolificissimo Georges Simenon, inventore del celeberrimo commissario Maigret. In mezzo alla sua vasta opera, mi è capitato fra le mani "Il Sorcio", appena pubblicato da Adelphi. Considerata l'ottima opinione che la maggior parte dei lettori ha per lo scrittore belga, credo di essere stato non poco sfortunato. Sì perché, mi dispiace dirlo, ma questo giallo è davvero anonimo, sia per quanto riguarda lo stile che per quanto riguarda la trama.
È lecito dire che mi aspettavo molto di più?
La narrazione è lenta, marca di mordente e non lascia alcuna voglia di approfondire il mistero né ci trascina nella lettura, se non in un paio di occasioni. La banalità della storia (che paradossalmente è resa difficilmente fruibile al lettore), mi ha fatto nascere un solo desiderio: quello che le pagine finissero il prima possibile.
Mi dispiace per Simenon, ma credo che in giro ci siano gialli decisamente migliori. Unica nota lieta è il personaggio che dà il nome al libro: "il Sorcio"; un vecchio barbone alsaziano abbastanza simpatico e disinibito che si ritrova suo malgrado al centro di eventi spiacevoli (ma se l'è anche voluta).
Il Sorcio vagabonda per le strade di Parigi ormai da molti anni e la notte trova ospitalità nei vari commissariati della città. Non essendo comunque un criminale, il giorno dopo è libero di scorrazzare nuovamente per le strade. Una sera, mentre cerca di guadagnarsi qualche spicciolo, si imbatte in un cadavere che nasconde un portafoglio rigonfio di dollari. Ammaliato dall'idea di comprare una casetta per sé in cui vivere gli ultimi giorni della sua vecchiaia, il Sorcio elabora un piano. Decide di tacere la vista del cadavere e raccoglie i soldi in una busta che poi presenta agli oggetti smarriti; di certo il cadavere non si sarebbe presentato per chiederli indietro, e perciò dopo un anno sarebbero diventati suoi di diritto. Ma il Sorcio non ha fatto i conti con il commissario Lucas, con l'ispettore "Scorbutico" Lognon, con gli assassini "derubati" e con degli importanti uomini d'affari, che lo trascineranno in un turbine di disavventure.
Concludendo, se volete accostarvi a Simenon vi consiglio di scegliere un altro libro, perché questo pur non essendo pessimo è assolutamente evitabile.
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C’è Lucas, ma non Maigret
Pare incredibile, ma in questo romanzo c’è un’indagine del Quai des Orfèvres che non è condotta da Maigret, ma dai suoi ben noti aiutanti, Lucas in primis. Probabilmente Simenon ha voluto concedere un indispensabile periodo di riposo al suo ben noto commissario e si è inventato questo giallo che, prima ancora di stupire per l’assenza di colui che ha costituito un’autentica fortuna per il suo creatore, si presenta come un frizzante gioco a incastri con un personaggio del tutto particolare e, a suo modo, simpatico. Sì, perché quel vagabondo sempre in movimento trascinando una gamba e che è conosciuto con il nomignolo di “Sorcio” è un individuo che, per quanto respinto ai limiti della società, ha una personalità che non può che renderlo interessante. Gli altri protagonisti del corpo di polizia ci sono ben noti, dall’ora commissario Lucas a quel testone di Lorgnon e quindi la novità è rappresentata appunto dal Sorcio che nel suo peregrinare e mendicare si imbatte in un portafoglio ben fornito, con una somma tale da costituire una garanzia per un’agiata vecchiaia. L’averlo rinvenuto sembrerebbe quindi una fortuna se non ci fosse un piccolo particolare e cioè che accanto a quell’oggetto così prezioso c’era un cadavere, anzi un morto ammazzato. Il Sorcio non si perde d’animo e mette in atto un piano assai articolato in base al quale quella somma che ora porta alla polizia, senza ovviamente far menzione del cadavere, da lì a un anno ritornerebbe nelle sue mani. Inizia così una storia ricca di colpi di scienza, di ipotesi che nascono nella mente del lettore e che vengono puntualmente disattese, una vicenda che sale agli ultimi piani dell’alta finanza per scendere anche ai bassifondi della città, in un susseguirsi di sorprese che riescono a mantenere alta la tensione, almeno fino alla soluzione finale, non campata in aria, ma, secondo me, non all’altezza dell’intrigo impostato. Comunque il divertimento è assicurato e quindi la lettura è senz’altro consigliata.
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Un affettuoso omaggio al commissario Maigret
Il Sorcio di Georges Simenon è l’ultimo libro pubblicato dalla casa editrice Adelphi.
Il Sorcio è un clochard, un senzatetto fin troppo noto ai gendarmi di Parigi che conosce a menadito i commissariati in cui dorme ogni sera. Un tempo era un insegnante di musica, ma ormai è un lontano passato. Oggi tutti lo conoscono per la sua andatura, e i suoi modi farseschi, per l’arte con cui chiede l’elemosina davanti ai teatri, aprendo con garbo le portiere, bevendo fino all’ultima goccia tutto ciò che ha racimolato,una sera dopo l’altra. Finchè gli capita per le mani una di quelle occasioni che possono cambiare le sorti di un destino avverso, un biglietto vincente della lotteria che deve solo incassare. Ma non è così semplice. Innanzitutto perché c’è di mezzo un cadavere. Ugo Mosselbach, altrimenti noto come il Sorcio, è il protagonista dell’omonimo romanzo che Georges Simenon scrisse nel 1938, lo stesso anno de Gli intrusi e La casa dei Krull, ora ripubblicato. Si tratta di un poliziesco adrenalinico e dal ritmo forsennato in cui il prolifico autore belga rende un chiaro ed affettuoso omaggio al suo commissario Maigret, richiamandone sulla pagina le atmosfere, la metodologia d’indagine e ben due personaggi della serie, L’ispettore Lognon e Lucas, promosso a commissario di polizia giudiziaria, con tanto di pipa e carattere scontroso. Proprio come Maigret. Così, in una notte indimenticabile il Sorcio ha trovato addosso ad un cadavere un portafoglio gonfio di banconote in una berlina a due passi dall’ambasciata inglese e come se si fosse da sempre preparato a questa evenienza, ha escogitato un piano per coprire le proprie tracce e prendere le distanze dal corpo esanime. Si reca con la busta al commissariato, pronto a denunciarne il ritrovamento, sperando che nessuno venga a reclamarla, così che dopo un anno potrà finalmente rientrarne in possesso. Tutto va bene, fino a che l’ispettore Lognon che detesta i modi ilari del Sorcio, non si mette in testa di indagare. Lognon, scorbutico e puntiglioso, si mette alle calcagna del clochard, dando il via ad un balletto di mosse e contromosse fra i due, un duello che li pone al centro della scena mettendo in luce le reciproche miserie. Nel frattempo non c’è traccia della vittima, un ricco finanziere svizzero di nome Edgar Loem, ma il principale sospettato per la sua scomparsa è il suo procuratore commerciale parigino, Frèdèric Muller, denunciato pubblicamente dalla sua compagna, Miss Dora, figlia di una ricca famiglia ungherese. Inoltre una foto, ritrovata con il denaro, rivelerà una doppia esistenza di quello che pareva l’irreprensibile finanziere che si spacciava per essere un semplice commesso viaggiatore di nome Leroy.
Leggere questo libro è un vorticare di sensazioni, grazie ad una trama ricca di misteri, indizi e colpi di scena, tra gli sfarzosi caffè degli Champs-Elysèes e i lussuosi alberghi dell’Opera di Parigi, con l’autore impegnato a confondere le idee e mescolare gli indizi, facendo entrare in scena l’alta finanza, una banda di gangster, donne affascinanti e persino un rocambolesco rapimento. Un libro coinvolgente che finisce con il coinvolgere attivamente il lettore, fino al colpo di scena finale.