Il segreto di Rembrandt
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"Il segreto di Rembrandt" di Alex Connor - comment
Un bel “giallo d’arte” “Il segreto di Rembrandt” di Alex O’Connor, pittrice e studiosa d’arte, qui alle prese con il suo primo thriller. Un’opera da gustare, insieme alle opere del maestro d’arte olandese, il pittore del seicento intorno al quale viene intessuta una leggenda a partire dalla sua relazione con Geertje Dircx: amante di Rembrandt van Rijin, da lui cacciata di casa, tradita dalla sua stessa famiglia che le testimoniò contro, condannata a dodici anni di reclusione nella casa di correzione di Gouda. Bollata come isterica aggressiva e reclusa, nella sua prigionia, verga le lettere ove svela il segreto di Rembrandt. Il pittore avrebbe generato – da lei – un figlio illegittimo: Carel Fabritius, ribattezzato “la scimmia di Rembrandt”: “Il maestro pagava il suo allievo … Carel fu così felice che sorrise, come non faceva quasi mai. Era un ragazzo serio, di appena vent’anni, che rideva come una scimmia. Così lo chiamava Rembrandt: la sua scimmia. La scimmia di Rembrandt … Lo diceva con affetto, ma io sapevo che una scimmia indicava anche un farabutto, un manigoldo, un criminale. Questo aveva fatto di mio figlio …” Sì, perché nell’atelier del più famoso pittore del seicento olandese – tra gli allievi (oltre a Carel, il figlio Barent, Ferdinand Bol e Govert Flinck) - la scimmia di Rembrandt produceva dipinti, su commissione. Senza sapere di esser figlio dell’artista più apprezzato del momento.
Naturalmente, la pubblicazione di queste lettere avrebbe determinato una riattribuzione delle opere di Rembrandt, con conseguente impatto sulle loro quotazioni e sul mercato delle opere d’arte: “Sono la testimonianza di un crimine morale e di una truffa artistica, le cui ricadute … potrebbero essere disastrose. … Queste lettere … nelle mani sbagliate potrebbero essere letali.” Delle lettere, in particolare, la più preziosa sembra essere l’ultima: quella che contiene l’elenco delle opere dipinte dalla “scimmia” e non da Rembrandt.
Ma il segreto di Rembrandt è come il segreto di Pulcinella. Le lettere – tutte tranne l’ultima - sono note a molti: a Owen Zeigler, gallerista e legittimo proprietario del segreto, a suo figlio Marshall, che dopo l’assassinio del padre ne viene in possesso, allo storico dell’arte (un brillante iconoclasta) Samuel Hennings, che ne possiede una copia opportunamente custodita nella cuccia del cane defunto, al factotum Teddy Jack, a Giorgia, la ex moglie di Marshall, a Charlotte Gorday (amante di Owen) e al di lei marito, l’avvocato Philip Gorday, al contabile polacco della galleria (Nicolaj Kapinski) e all’intraprendente gallerista Lilion Kauffman. Un segreto – dice il proverbio – quando è conosciuto da due persone, non è più un segreto. E che dire, dunque, di questo segreto così ampiamente condiviso? Certo, senza l’ultima lettera, quella con l’elenco che è in grado di stabilire se i due ritratti “Issenhirst” che verranno messi all’asta a New York sono autentici …
E veniamo ai delitti. In questo contesto – tra galleristi spregiudicati come il vile Tobar Manners che rovina in via definitiva Owen, e altri personaggi ambigui come Thimoty, Léon e Rufus – si consumano, ispirandosi a dipinti di Rembrandt:
1) l’omicidio di Owen Zeigler, realizzato sulla base di “La lezione di anatomia del dottor Joan Deyman”. Vale a dire: cadavere eviscerato, scalpo tagliato.
2) l’assassinio di “Stefan … Stefan van der Helde era stato costretto a ingoiare delle pietre” che riprende “La lapidazione di Santo Stefano”; Stefan van der Helde è lo studioso che certifica l’autenticità delle lettere che marchiano Rembrandt come essere meschino e privo di scrupoli;
3) la morte di Charlotte, l’amante di Owen, che allude a “Il suicidio di Lucrezia”. L’amante di Owen Zeigler sembrerebbe essersi suicidata pugnalandosi al cuore, proprio come la Lucrezia del capolavoro di Rembrandt. Ma Marshall comprende che la donna non si è data la morte da sé e quindi continua le sue indagini, alla ricerca dell’assassino del padre.
4) l’omicidio del contabile di Owen Zegler, Kapinski, il polacco “orfano” del gemello Luther, al quale tocca la sorte di “Sansone accecato dai Filistei”.
Il romanzo pullula, oltre che di omicidi, di opere d’arte (oltre alle citate, anche “Il cardellino” di Fabritius e “Susanna e i vecchioni”, ove Susanna sarebbe Geertje).
La morale della storia sarebbe una beffa, “un falso nel falso”, un gioco di specchi, se l’autrice non si mettesse una mano sul cuore: in un impeto di femminismo, conclude: “Rasserenato, Marshall fissò lo sguardo indecifrabile di GeertJe Dircx. Vide nei suoi occhi gli occhi di suo padre … e vide in lei una verità che meritava di essere raccontata. Il suo volto era il volto di ogni donna, ogni volto umano che avesse mai avuto una storia da raccontare. Il racconto, anche se in parte era fasullo, aveva comunque un fondo di verità.”
Una morale che è piaciuta anche a …
Bruno Elpis
PS: chi lo desiderasse, può vedere una mia selezione di quadri di Rembrandt su http://www.malgradopoi.it/letture-consigliate/il-segreto-d-rembrandt-di-alex-connor