Il segreto dell'idolo d'oro
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Un poliziesco discreto
La storia ha inizio quando Wilbur Smith, un agente americano del dipartimento antifalsificazioni del tesoro, un giorno, con suo grande stupore si trova tra le mani alcune banconote con stampato sul retro il simbolo dorato raffigurante l’antica divinità greca degli inferi, Ade, noto anche col nome romano di Plutone. Lo stupore causato nasce dal fatto che tali banconote non sono affatto nuove per l’agente, poiché esse in realtà sono collegate ad altri delitti sui quali ha precedentemente investigato. È così che a Wilbur Smith non resta altra scelta, se non quella di andare a fondo di questa losca faccenda che diventerà sempre più insolita e violenta fino a sfociare in un finale inaspettato. Con “Il segreto dell’idolo d’oro” (presentato in Italia anche coi titoli di: “L’idolo d’oro” o “Il marchio di Pluto”) Edgard Wallace, uno dei massimi autori inglesi, considerato come il maestro del romanzo poliziesco; ci presenta una storia inusuale, seppur povera se vista dal punto di vista adrenalinico, con personaggi ben delineati, tra i quali spiccano i tre soggetti di maggior importanza ai fini della storia; Wilbur Smith, un talentuoso agente federale dotato di grande astuzia e con un carattere franco e leale, Peter Correlly, un suo bizzarro collega di pari successo ma di tempra imperturbabile, e Frank Alwin, un attore di buon cuore, grande amico dell’agente Smith. In questo romanzo l’autore fa uso di una narrazione in terza persona impreziosita da delle ricche descrizioni col potere di facilitare la raffigurazione delle scene ritratte. In conclusione è possibile definire “Il segreto dell’idolo d’oro” come un poliziesco ben scritto, guarnito di uno stile piacevole e una di storia interessante, benché privo della capacità di catturare l’attenzione del lettore.
In nome dell’Idolo d’oro
È un romanzo che ha un doppio titolo in Italia. In alcune edizioni, come la mia, è “L’idolo d’oro”. In altre, è “Il segreto dell’idolo d’oro”. Ma è sempre Edgar Wallace a firmare questo giallo classico che, in versione origine, è intitolato “The Golden Hades” del 1929.
In questo giallo, Wilbur Smith, agente dell'FBI, è perplesso. Già due volte ha visto banconote contrassegnate con un sinistro simbolo: un Plutone d'oro. Per l’appunto, l’idolo d’oro, tanto misterioso e soprattutto pericoloso.
La prima volta quel simbolo è comparso in relazione alle indagini su una banda di gangster mascherati, la seconda volta nel corso di indagini relative a un omicidio.
Ogni volta che appare quel simbolo, insomma, c'è sotto un reato.
Così, quando le banconote con la misteriosa stampigliatura compaiono per una terza volta, Wilbur Smith non può fare a meno di avvertire un sottile brivido che gli segnala un pericolo imminente. Qualcosa sta per succedere. Qualcuno è in pericolo. Ma chi, quando, come?
Questa, in sostanza, è la situazione iniziale che appare avvincente, ma che nello sviluppo non risulta molto convincente.
Il mistero si fa sempre più fitto.
Personaggi strani fanno il loro ingresso sulla scena.
Oltre a Wilbur Smith, c’è anche Peter Correlly, personaggio altrettanto interessante, ma non abbastanza.
Sommariamente, concludo che non è dei migliori.
Più interessanti i 3 racconti in appendice della mia edizione del 1990.