Il secondo marito
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Un giallo che si ravviva solo nel finale.
Maggie Bradford è ormai una cantante affermata, i suoi concerti attirano migliaia di ammiratori, ma, ahimè, non è tutto oro quello che riluce. La sua vita familiare è un disastro, segnata da una incredibile sfortuna. Il primo marito è un militare rigido e autoritario, che tenta di comandarla a bacchetta e la trascina in un vortice di persecuzioni e vessazioni, fino a che la poveretta, per mettere in salvo sé e la figlia, è costretta a difendersi facendolo fuori con una fucilata. Legittima difesa, sentenziano i giudici. Maggie incassa il colpo e si rifugia nelle compassionevoli braccia di un ricco imprenditore, che, guarda un po’ il destino, va incontro ad una brutta fine, alimentando sospetti e voci maligne sulla sfortunata cantante. Ed ecco, finalmente, il “secondo marito” citato nel titolo. Qui la storia si tinge di rosa e l’autore si dilunga oltremodo a descrivere la vita del nuovo pretendente, un famosissimo giocatore di calcio, bello come il sole, nevropatico, pieno di complessi, insoddisfatto della vita: il successo (partecipa addirittura ad una improbabile finale del Campionato mondiale di calcio tra Brasile e America) gli dà alla testa, ma sa abilmente conquistare la fiducia della sprovveduta Maggie … La vicenda poi si complica. C’è un secondo delitto, un lungo processo che sembra non dare scampo all’incolpevole Maggie, per non parlare del finale che, forse, riserva l’unico momento di vera tensione di tutto il romanzo con un colpo di scena ben orchestrato, inatteso ma di scarsa credibilità.. Il tutto è un polpettone con interminabili lungaggini sulla vita dei due personaggi principali, la cantante celebre e sfortunata e il calciatore, Will Shepherd, uno psicopatico dal volto angelico: solo alla fine (dopo ben un’ottantina di capitoli) la vicenda si ravviva, assumendo i toni e la vivacità di un giallo, con improvvisi colpi di scena. James Patterson ci ha abituati ad alti e bassi, sta di fatto che continua ad essere lo scrittore di gialli più prolifico. A chi non va troppo per il sottile, può anche piacere.