Narrativa straniera Gialli, Thriller, Horror Il ritorno del maestro di danza
 

Il ritorno del maestro di danza Il ritorno del maestro di danza

Il ritorno del maestro di danza

Letteratura straniera

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Lo Harjedalen, nel nord della Svezia, è una terra di foreste sterminate, i cui lunghi inverni sono a stento rischiarati dal bagliore della neve. E qui, in un casolare sperduto, che Herbert Molin, ex poliziotto in pensione, decide di ritirarsi. E qui, un brutale assassino lo raggiunge per accompagnarlo in un ultimo, terribile ballo con la morte. Quando la polizia arriva sulla scena del delitto, trova delle impronte di sangue che sembrano tracciare i passi del tango. Il trentasettenne Stefan Lindman, ispettore della polizia di Boras, un tempo collega della vittima, per non doversi confrontare con la malattia che lo tormenta si butta a capofitto nelle indagini e scopre ben presto l'inquietante passato nazista di Molin.



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Il ritorno del maestro di danza 2016-06-20 07:14:21 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    20 Giugno, 2016
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Era meglio non fosse tornato...

Per quanto abbia apprezzato Mankell in altri suoi romanzi senza assassini ed ambientati in luoghi ben distanti dalla sua terra natia svedese, non posso nascondervi quanto questo suo thriller mi abbia deluso.
Era da tempo, infatti, che desideravo avvicinarmi ad uno dei suoi romanzi gialli più apprezzati dal pubblico, come gli stessi lettori che mi hanno preceduto in questo commento, ma l'incontro non è stato affatto appagante.
E' un pò come quando nasce un'attrazione 'virtuale' tra due persone che non si conoscono minimamente, lui magari vede una sua foto-copertina, si lascia adescare, guarda in giro i commenti sul suo conto, legge la sua storia e pensa che possa funzionare tra loro e l'immaginazione alimenta questa sua convinzione, magari pensa 'è proprio ciò che cerco da tempo'..
Ma, giunto il momento in cui l'incontro diventa reale, il palazzo di sogni così eretto si sgretola progressivamente trasformandosi in una doccia fredda che si abbatte con tutta la sua intensità sul capo del malcapitato sognatore, ponendolo di fronte ad una realtà ben diversa da quella sospirata.. e sebbene sappia inconsciamente quanto sia inutile insistere - perchè è sempre la prima impressione quella che conta, quella veritiera - lui non demorde, si sforza di trovare nell'altro anche solo un dettaglio, un appiglio per non naufragare nella più totale delusione per aver preso un abbaglio così grande.. ed invece niente, nessuna sorpresa, nessuna attrazione magica.. anzi più approfondisce la sua conoscenza, parola dopo parola, più resta infastidito dalla sua banalità.
Ecco, spero di aver reso l'idea, perchè non me ne voglia il buon caro Mankell, pace all'anima sua, ma la mia esperienza con questo romanzo è molto simile a quella appena descritta.
Mankell non è certo un novellino quando porta alla luce questo romanzo, anzi è reduce dalla fortunata serie noir legata alle vicende del commissario Wallander con un ottimo successo di critica.
E nelle prime pagine del libro ci sono tutti i presupposti per intravedere nel Ritorno del maestro di danza le fattezze di buon thriller: incipit intrigante ambientato nel passato, durante la seconda guerra mondiale; ritorno al presente con omicidio efferato di un ex poliziotto, Herbert Molin, ormai in pensione nella casa in cui da anni l'anziano ufficiale conduceva una vita in appartata solitudine nel bel mezzo della foresta svedese; strani indizi che la polizia locale non riesce ad interpretare per collegarli ad un possibile movente di un omicidio tanto spietato quanto insolito in una regione come questa del nord della Svezia, fredda, isolata, inospitale.. come i pochi abitanti che vi dimorano.
Interviene sul caso anche l'ispettore Stefan Lindman, in forza nella città svedese di Boras, amico ed ex collega del defunto, che decide di rinunciare ad una vacanza rilassante al mare recandosi invece nel bosco dello Härjedalen, con l'intenzione di aiutare la polizia locale nelle indagini su quella strana morte.
Non per eccessivo spirito filantropico, direi: se una dottoressa non gli avesse diagnosticato un cancro ed ancor più se non gli avesse prescritto di tornare in ospedale dopo due settimane per ritirare l'esito definitivo degli esami, probabilmente il nostro ispettore avrebbe deciso di trascorrere la sua vacanza al mare.
Ma l'atmosfera solare e vivace di una località balneare non sarebbe stata in sintonia col suo stato d'animo e la sua improvvisa paura di morire, talmente forte da annullare un qualsiasi barlume di speranza di poter resistere alla malattia.
Per questo decide di indagare sulla morte del suo collega, convincendosi che quella strana morte potesse tener lontana la sua mente dal pensiero ricorrente ed assillante della propria morte.

I presupposti per un buon thriller quindi non mancano, peccato però che proseguendo la lettura del romanzo si scopre che essi rimangono solo 'presupposti', non evolvono e non si confermano, ed il lettore non può fare a meno di sentirsi ingannato constatando la pochezza di una trama che sembra quasi improvvisata per quanto banale e superficiale sia la costruzione degli eventi che porta alla svolta nelle indagini. E' proprio questa, infatti, la caratteristica che rende un thriller un capolavoro, la capacità cioè dell'autore di progettare una catena di cause-effetti che sia plausibile seppur ben celata nella trama.
Caratteristica, a mio parere, del tutto assente in questo romanzo: alcuni particolari che sembrano rilevanti muoiono nel corso della storia senza alcun legame con gli eventi successivi, altri particolari invece portano a conclusioni del tutto scontate o facilmente prevedibili.
Ed ecco che compaiono personaggi che puzzano di marcio lontano un miglio, ecco che intervengono poliziotti paragonabili per arguzia ai carabinieri delle nostre barzellette che discutono sull'evolversi delle indagini negli uffici del piano terra della stazione di polizia e con le finestre aperte (anche in Svezia a volte fa caldo) senza tener conto che qualcuno potrebbe avvicinarsi ed origliare, abitudine tra l'altro molto diffusa nei villaggi svedesi; e mi fermo qui per non screditare lo stesso ispettore Lindman-Clouseau, la cui ingenuità sfiora spesso il ridicolo.
E come se non bastasse, forse mosso dalla convinzione che un romanzo possa definirsi tale solo se diluito in circa 500 pagine, l'autore cerca di colmare le lacune di una trama inconsistente con una descrizione accurata e profonda dello stato d'animo del protagonista, in bilico tra la vita e la morte annunciata, che diventa ben presto ripetitiva e snervante.

Un tema tra l'altro, quello della morte, che l'autore riprenderà diversi anni dopo col suo ultimo libro, autobiografico, "Sabbie mobili", affrontandolo però in modo molto più intimo e liberatorio, anche perchè colpito da un cancro non più finto ma reale, così come reali e tragici sono stati i suoi effetti.

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Il ritorno del maestro di danza 2010-06-15 13:08:24 mixo
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mixo Opinione inserita da mixo    15 Giugno, 2010
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un ballo noir

Considero Mankell il miglior scrittore scandinavo per la sua capacità di portare il lettore direttamente nella storia e di fargli percepire il paesaggio nordico in modo asoolutamente vivido.
Per la prima volta compare un nuovo ispettore, il giovane Lindman, che prende il posto di Wallander, il commissario che ha accompagnato i lettori in tante indagini. Al principio l'ho guardato con sospetto, per troppi motivi mi pareva inadeguato a seguire le orme del suo predecessore, ma procedendo nella storia ho scoperto un personaggio molto umano, spaventato dalla sua malattia e insicuro sul proprio futuro, ma nello stesso tempo capace di gettarsdi a capofitto nell'indagine fino a mettere alla luce i lati più oscuti di un assassino che nasconde le proprie motivazioni in un passato lontano. Ancora una volta ottimo Mankell.

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Il ritorno del maestro di danza 2009-08-21 01:36:25 Luca
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Opinione inserita da Luca    21 Agosto, 2009

Il ritorno del maestro di danza

Giallo freddo, di sentimenti freddi, omicidi a sangue freddo,natura fredda. Il buio dell'autunno nel nord dela Svezia, l'incubo di una malattia forse incurabile, l'efferatezza del nazismo. Ci sono tutti gli ingredienti per dissuadere a leggere questo libro di circa 500 pagine. Invece la tessitura del racconto, narrato con uno stile asciutto, ma non distaccato, imprigiona il lettore in quest'incubo e lo conduce fino alla fine quasi senza accorgersi, conducendolo, attraverso l'umanità dei personaggi, a partecipare al dramma che vive ciascuno di essi, sia esso vittima o carnefice. Anche se la storia è piuttosto semplice e non particolarmente originale, l'intreccio della trama è molto ben costruito e la souspance garantita sempre da un finale di capitolo intrigante. Le deduzioni dell'investigatore talvolta, forse, sono un po' esagerate.

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Il ritorno del maestro di danza 2008-06-04 09:36:08 Inge
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Opinione inserita da Inge    04 Giugno, 2008

Mi ha fatto innamorare di Mankell

Mi sono innamorata di Mankell leggendo questo libro in 2-3 giorni. Intrigante anche se non gioca coi facili sentimentalismi. L'ambientazione é fredda come i personaggi, forse retaggio della terra dove é ambientato. Ma non si riesce a smettere di leggere fino alla fine.

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Ai giallisti incalliti e anche a quelli sofisticati
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Il ritorno del maestro di danza 2008-03-10 09:32:32 Mara
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Mara Opinione inserita da Mara    10 Marzo, 2008
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noir & mistery

Un libro di quasi 500 pagine nel quale vengono sfruttati sapientemente meccanismi e situazioni del thriller - noir - mistery. Lo stile di scrittura è costruito su frasi brevi ed asciutte. I protagonisti sono isolati da distanze siderali, attorniati da una natura silenziosa ed ostile. I concetti e i valori veicolati sono interessanti e smorzano in parte alcune legnosità del libro. Buona lettura:)

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Il ritorno del maestro di danza 2008-02-16 07:14:29 standbyme
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Opinione inserita da standbyme    16 Febbraio, 2008

Il ritorno del maestro di danza

Il commissario Kurt Wallander è andato in pensione? Viva l’ispettore Stefan Lindman! Siamo sempre in Svezia ovviamente ma non più nella Scania, regione che ormai ci è familiare dopo aver letto i nove romanzi con protagonista K.W. Al trentasettenne S.L. viene diagnosticato un cancro alla lingua e, prima di iniziare le cure del caso, gli viene concesso un mese di congedo per malattia. Appreso da giornali la notizia che un suo ex-collega, da anni in pensione, è stato barbaramente ucciso nei boschi a nord della Svezia, decide, invece di andare in vacanza prima di affrontare la chemioterapia, di recarsi nello Härjedalen per indagare su questo misterioso delitto, apparentemente senza movente, anche se non è la sua giurisdizione. Ma tutto questo, anche se con altre parole sicuramente meglio assemblate di quanto abbia fatto io, lo potete trovare nel frontespizio del libro. Quello che sorprende in questo romanzo è l’umanità dell’ispettore S.L. che, pur gettatosi a capofitto nell’indagine sul delitto, spesso viene preso dallo sconforto e dal timore di non poter sconfiggere la malattia. È uno di noi, Stefan, un uomo, dato le circostanze, preso da mille dubbi: a volte e lì lì per abbandonare l’indagine (in fondo non è obbligato, il caso è di competenza dei colleghi di À?stersund) per andare in qualche località di villeggiatura e un momento dopo l’amicizia che lo legava alla vittima, la voglia di collaborare e la passione per il proprio lavoro lo trattengono in questo piccolo paese. Positiva la figura del collega Giuseppe e anche degli altri poliziotti che indagano sul delitto: verrà accolto tutto sommato bene e un prezioso aiuto lo riceverà dalla sua compagna che, se pur lontana, con la sua comprensione riuscirà a fargli superere i momenti più critici. La trama si sviluppa con altri delitti che tengono l’attenzione del lettore sempre viva. Si scoprirà che le motivazioni che spingono l’assassino, [spoiler ] che proviene da una terra molto lontana, [/spoiler] sono più che valide e non mi sento di condannarlo anche perché dimostrerà di avere una sua morale. Trama intrigante che solleva tematiche su un certo modo di pensare e di agire di alcuni gruppi di persone nostalgiche di un passato oscuro e pieno di nefandezze che l’Umanità non ha ancora, per fortuna, dimenticato perché, anche se oggi giorno i bersagli sono altri rispetto a ieri, bisogna essere sempre pronti a combattere queste ideologie malsane.

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