Il regno di vetro Il regno di vetro

Il regno di vetro

Letteratura straniera

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Sarah è in fuga dagli Stati Uniti. Con sé ha un malloppo di 200.000 dollari che scottano. Sbarcata a Bangkok, si sistema in un fantomatico complesso residenziale, il Kingdom, quattro torri di ventuno piani, ciascuna collegata alle altre per mezzo di passaggi chiusi da porte di vetro che solo la chiave di sicurezza in possesso di ogni residente può aprire. Ma dietro un vetro, specchio delle nostre paranoie, si è sempre sotto stretta sorveglianza – e il rifugio può rivelarsi una prigione. Fuori tira aria di sommossa: anche il regime che domina il paese è di vetro. In quello spazio chiuso, di un lusso e un edonismo avvelenati, la protagonista farà conoscenza con tre altre donne: una cilena che prepara manicaretti, un’inglese con uno strano marito e una domestica più strana ancora, e una specie di prostituta eurasiatica d’alto bordo. Siamo tra i farang, gli stranieri viziati e viziosi, malvisti dalla popolazione locale e da sempre sottoposti all’impietosa indagine radiologica dell’autore, che con questi elementi miscela un cocktail torbido e insinuante. Si procede così, con tutti i sensi tesi e un po’ alterati, nei meandri infidi e pieni di pericoli del Regno, fino alle ultime pagine dove Osborne, erede accreditato di Graham Greene, sfodera a sorpresa un finale degno di Ballard. E il lettore, che credeva di avere a che fare col più classico dei thriller esotici, si trova immerso con sgomento in una imprevedibile ghost-story.



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Il regno di vetro 2022-08-16 19:47:46 68
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68 Opinione inserita da 68    16 Agosto, 2022
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Fuga claustrofobica

….in quel momento l’ unica cosa che gli riempi’ la mente fu la semplice idea che quella era la vita e nient’altro altro, e che la vita, come il Karma, andava sempre avanti, infinita e ingiusta in ugual misura, come tutte le cose prestabilite ma impossibili da prevedere….

A Bangkok, dove tradizione e storia sono sopraffatte dai cambiamenti della contemporaneità, una città piena di indesiderabili, truffatori, forestieri e girovaghi di professione, stranieri ( farang ) viziosi invisi agli indigeni, c’è un luogo non luogo, il Kingdom, epicentro del romanzo di Lawrence Osborne, un complesso lussuoso covo di residenti stranieri e famiglie dell’ alta società, ….” un angolo di opulenza upper-class nascosto dentro uno sfacelo dimenticato “….
Quattro torri di ventun piani, separate da porte di vetro, inaccessibili dall’ esterno, rifugio di misteri e paure, un mondo di spiriti in cui immaginare lusso e discrezione, chiedendosi chi sono i propri vicini, chi si nasconde dietro i semplici conoscenti, che cosa aspettarsi da una vita siffatta.
Sarah, una giovane americana in fuga da New York con duecentomiladollari indebitamente sottratti a una scrittrice di fama di cui è stata la segretaria, entra in questo microcosmo di attesa braccata dalla paura, un fantasma vivente in uno dei pochissimi luoghi dove una donna bianca e sola può sperare di passare inosservata.
L’ incontro con altre tre residenti, come lei straniere annoiate, avvolte da un alone di mistero e indefinitezza, da’ inizio a una frequentazione, per solitudine, interesse, amicizia, difficile dirlo, di certo per riempire un senso di vuoto nella sospensione viziosa del presente, tra lusso e modernità, privilegi di classe, il futuro da scoprire, il passato un’ incognita.
Ciascuno, a modo suo, inscena una trama personale, dichiara di essere quello che non è, un giuoco fragile di incastri destinato a crollare al primo soffio di vento. Braccati da un senso di soffocamento ci si addentra nel labirinto di vetro e nella virtualità del Kingdom, estranei a ciò che accade all’ esterno, generando una fiction a tinte forti e una trama degna di una spy story.
Dopo una prima parte che tesse la rete dei protagonisti, la costruzione di relazioni possibili e la rappresentazione di un mondo siffatto, sempre con sottile sarcasmo, il cuore del racconto sovverte ogni ipotesi precedente, svelando un reale diverso e virando in una ghost story.
Anche Sarah racconta la sua verità’, impegnata in una guerra tra lei e le classi opulente dove tutte le astuzie sono legittime, i colpi bassi giustificati, in fuga da un mondo che la tormenta.
Quando là fuori i disordini e i sovvertimenti politico-sociali imperversano, braccati e isolati all’ interno del Kingdom, senza protezione, l’ incertezza esplode, la scena si fa buia e ci si ritrova a tessere una nuova porzione di storia che ci ricorda ” Il condominio “ di Ballard, anche se lì la trama claustrofobia era funzionale al senso del racconto.
Le menzogne costruite collassano, verità e fantasia si fondono, alcuni protagonisti dissolti, altri con un’ idea di fuga, mentre un nemico invisibile ( e forse più di uno ) tesse la propria trama nell’ ombra.
Il romanzo di Osborne è accurato nella rappresentazione dei vizi e delle virtù di una terra a lui ben conosciuta, la prosa fluente ma lo sviluppo della trama piuttosto statico e la costruzione e rappresentazione dei personaggi non sempre efficace, relazioni e situazioni si ripetono, la seconda parte insegue un epilogo piuttosto morbido, caotico, nebuloso, indirizzato alla ineluttabilità di una vita indecifrabile.


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