Il primo cadavere
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Recensione della Redazione QLibri
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Il primo giorno
Con questo romanzo Angela Marsons torna indietro nel tempo e ci racconta, se non gli esordi della sua Kim Stone, almeno la nascita della squadra che i suoi appassionati lettori hanno imparato a conoscere. Dopo un certo numero di romanzi e di indagini, che le hanno valso tra l’altro anche il Premio Bancarella, il lettore curioso potrà scoprire in che modo questa squadra Investigativa britannica si sia formata. In un certo senso il primo giorno di scuola di un gruppo disomogeneo per carattere, cultura e formazione, ma con una sua certa omogeneità data dall’essere in qualche modo dei soggetti ai margini. Prima fra tutti lei: Kim Stone il caposquadra tanto brava e precisa nelle sue indagini quanto incapace nel gestire le dinamiche di gruppo e i rapporti con i superiori. Riservata e gelosa della propria vita privata, tende a disinteressarsi anche di quella dei colleghi apparendo più fredda e scostante di quanto in realtà sia. In realtà attenta a quello che succede e con la rara sensibilità di chi è capace di essere generoso senza mettere in condizioni il destinatario del suo gesto di ringraziarla o di sentirsi in imbarazzo. Attorno a lei due sergenti: uno più adulto stanco di superiori che vogliono fargli fare carriera, perché lui se ne sta benissimo dov’è con un lavoro che sa fare bene e senza gli ingombri di responsabilità a cui non vuole pensare. L’altro più giovane, ambizioso e con l’arroganza tipica di chi non ha l’esperienza necessaria a valutare correttamente le proprie capacità e quelle degli altri. Infine una agente investigativa di fresca nomina: desiderosa di dimostrare le sue doti che sono parecchie, ma forse troppo ansiosa di piacere e di compiacere tutti.
Direi che questo libro ci presenta innanzitutto una squadra fatta di personaggi ben amalgamati, credibili e interessanti da conoscere. Mi sono piaciute molto anche le indagini: chiare, serie e con esisti credibili, ma mai scontati. Il primo cadavere a cui fa riferimento il titolo è il primo che la neonata squadra è chiamata a visionare pochi minuti dopo essere stata formata. Il primo di cui si occupa, ma non il primo dello stesso assassino e neppure l’ultimo. A parte la tendenza della Marsons, che secondo me è diventata comune alla maggior parte dei giallisti, a calcare un po’ la mano sui dettagli macabri e a dare motivazioni e schemi mentali piuttosto contorti all’assassino, nel complesso si tratta di un buon thriller. L’esigenza di far inorridire e spaventare il lettore tanto da rendere appetibile il libro è bilanciata da una scrittura gradevole e fluente, dalla cura per i dettagli e da una trama fitta e coinvolgente. Abile l’autrice nel depistare il lettore, o almeno a depistare me che molto prima della fine ho sbuffato quando ho pensato di avere già individuato il colpevole. Abile anche a giustificare in modo logico tutto quanto ci ha raccontato, o solo accennato nel corso del racconto. Come dovrebbe succedere in un buon giallo alla fine, non una pagina prima, tutti i pezzi del puzzle che sono stati sparsi nelle righe precedenti, vanno al loro posto.