Il passato uccide
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ANZIANI DA NON SOTTOVALUTARE..... UCCIDONO!
Secondo libro della coppia, madre e figlia, secondo scritto che non mi ha soddisfatta pienamente.
Le motivazioni che avevo specificato dopo la lettura del primo romanzo,sono comunque differenti rispetto a quelle che ho da riportare per “Il passato uccide”. Sono all’incirca 350 pagine di libro, ma, a mio parere, la storia si sarebbe potuta concludere un centinaio di pagine prima, senza che la trama potesse subire particolari alterazioni; in alcuni punti mi ha decisamente annoiata.
Argomento delicato e ostico, hanno scelto di trattare, le autrici, riguardante il nazismo e gli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio.
In alcuni punti mi ha ricordato “il profumo delle foglie di limone”, se pur la vicenda sia comunque differente.
La città è sempre Minneapolis, come sono sempre Leo Magozzi e Gino Rolseth i detective che indagano, coadiuvati dai cinque informatici, presenti nel romanzo precedente come protagonisti.
Morey Gilbert, anziano gestore di un vivaio, apprezzatissimo e stimatissimo cittadino, con all’attivo molti gesti di solidarietà e bontà nei confronti del prossimo, viene trovato cadavere all’interno del vivaio stesso, ucciso da un colpo di arma da fuoco alla testa. Le indagini da subito vertono sull’interrogare tutti i componenti della famiglia, Lily, anziana moglie, che ha spostato il cadavere lavato e pulito, prima dell’arrivo delle Forze dell’Ordine, Jack Gilbert, il figlio, che non parla da molto tempo con i genitori, di professione avvocato, molto spesso ubriaco, il cognato Marty Pullman, depresso con intenzioni suicide dopo la morte della moglie.
Le autrici ripetono più volte le stesse argomentazioni, legate ai comportamenti di questi personaggi, questa per me è stata una delle cose noiose…
Successivamente vengono rinvenuti cadavere un anziana donna ed un uomo, sempre nello stesso quartiere, che hanno dei punti in comune con il primo omicidio, e cioè, si tratta di ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento.
Altro strano omicidio, a distanza di poco, riguarda sempre un anziano colpito da un arma da fuoco ad un braccio, ma immobilizzato ancora vivo sui binari ferroviari deceduto in seguito ad un infarto.
Se pur l’argomento dell’antisemitismo caratterizza la vicenda, non viene espresso molto riguardo all’argomento ed al vissuto delle vittime, già il titolo svela “il succo” della vicenda, quindi nessuna caccia al serial killer di turno.
L’aspetto che ho apprezzato, riguarda proprio la definizione Buono-Cattivo; Vittima-Carnefice. Spesso le linee di demarcazione non sono così nette e ciò che appare buono al 100% ad una visione superficiale, forse non lo è in pieno. Per chi studia psicologia penso che sia una riflessione molto semplice da fare, infatti viene insegnato che spesso chi è stato “vittima” per molto tempo ed ha subito violenze e traumi inenarrabili, può con il tempo e se ne ha la possibilità, trasformarsi anch’egli in “carnefice”, in nome di una giustizia fittizia, del tipo occhio per occhio…
In questa storia gli eventi portano proprio a questo….. vi auguro buona lettura. Il romanzo per me rimane discreto