Il mistero del treno azzurro
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Quando c'era Lvi sui treni non si veniva derubati!
Pur essendo rimasta non poco delusa da "Poirot e I Quattro", la mia fiducia nei confronti del immodesto detective belga non si è incrinata neanche un po': le spy stories non fanno proprio per me, ma adoro vederlo nel suo elemento del mystery puro. Un affetto confermato dalla lettura de "Il mistero del Treno Azzurro", che per più aspetti mi ha fatto pensare al meraviglioso "Assassinio sull'Orient-Express", del quale potremmo vederlo come una versione di prova.
Come diversi altri romanzi della cara Agatha, la vicenda si svolge in un periodo contemporaneo alla sua pubblicazione, e si ambienta tra Inghilterra e Francia; questa volta però il capitano Arthur Hastings brilla per la sua assenza come voce narrante della storia, ruolo che viene invece suddiviso tra una quantità di punti di vista differenti. La trama parte dall'acquisto di un collier di rubini -tra i quali il famoso "Cuore di Fuoco"- da parte del miliardario statunitense Rufus Van Aldin, come regalo per la figlia Ruth "Ruthie" Kettering; poco tempo dopo, la donna parte alla volta della Costa Azzurra sul lussuoso Treno Azzurro, e proprio durante il viaggio viene assassinata e derubata dell'inestimabile gioiello. La fortuita presenza di Poirot sullo stesso mezzo permetterà di far pian piano chiarezza sul delitto.
Questa lentezza è uno degli aspetti meno riusciti del volume perché, se è vero che come le altre narrazioni di Christie tende ad essere abbastanza breve, nella seconda metà si ha l'impressione di vedere i personaggi girare quasi in tondo, e lo stesso Poirot impiega parecchio per raccogliere tutte le informazioni necessarie a smascherare il colpevole. Un altro piccolo neo è rappresentato dai personaggi, che risultano parecchio sciapi e per nulla memorabili; il detective belga è ovviamente l'eccezione a questa regola, ma soprattutto per merito della conoscenza pregressa del suo personaggio, e perché ormai lui ed i suoi modi bizzarri sono entrati nell'immaginario collettivo.
Mi ha in parte deluso anche la mancanza di una qualche tematica, che rendesse più significativa la lettura; nel finale ci si accontenta di ricostruire il giallo e qualsiasi altra riflessione (magari collegata al mondo dell'arte, visto che più di un personaggio ci orbita attorno) viene messa da parte. La mia ultima lamentela è come sempre soggettiva ed anacronistica: la traduzione della mia vecchia copia non è delle migliori, non tanto per la scelta di termini desueti o scorretti, quando per l'utilizzo quasi sempre sbagliato degli avverbi.
Ma passiamo agli elementi positivi, a partire dai tanti accenni metanarrativi presenti nel testo, primo tra tutti il piccolo gioco tra Poirot e Katherine Grey che si considerano protagonisti di un romanzo giallo. Nonostante manchi la figura di Hastings, l'umorismo e le sottotrame romantiche poi non ci disertano; e specialmente queste ultime mi hanno convinto per il modo in cui sono state amalgamate al mistero principale. Mistero che porta ad una risoluzione intelligente e complessa, nella migliore tradizione dei classici christiani.
Una lettura che ho trovato quindi molto piacevole, in cui vengono forniti all'audience tutti gli strumenti necessari per decriptare l'intreccio, senza per questo farsi mancare una manciata di individui loschi ed ambigui per confondere le acque. Come libro d'evasione, magari tra volumi più impegnativi e corposi, è ottimo: fa ridere (abbastanza), fa ragionare (ma non troppo) e fa sbuffare la sottoscritta perché non azzecco mai le pronunce in francese. Nelle note di traduzione a fondo pagina ormai ho perso la speranza.