Narrativa straniera Gialli, Thriller, Horror Il messaggio nella bottiglia
 

Il messaggio nella bottiglia Il messaggio nella bottiglia

Il messaggio nella bottiglia

Letteratura straniera

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Dopo aver galleggiato sulle acque del mare per chissà quanto tempo, una bottiglia che racchiude un vecchio messaggio finisce sulla scrivania dell'ispettore Carl Mørck. Un grido di aiuto scritto con il sangue: due fratelli imprigionati in una rimessa per le barche chiedono di essere liberati. Chi sono i due ragazzi, e perché nessuno ne ha denunciato la scomparsa? Potrebbero essere ancora vivi? Carl Mørck e il suo assistente siriano Assad dovranno usare tutte le risorse disponibili per svelare la spaventosa verità che le onde del mare hanno trascinato alla deriva troppo a lungo.



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Il messaggio nella bottiglia 2016-07-31 14:33:36 franziska
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franziska Opinione inserita da franziska    31 Luglio, 2016
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il diavolo nella bottiglia

E’ una storia dura, cupa, quasi intollerabile, illuminata a tratti da lampi di ironia beffarda, quella che Adler-Olsen racconta nelle pagine del suo libro. La vicenda si svolge in una Danimarca fredda e buia, fuori e dentro: fuori nella natura prossima a svegliarsi, ma ancora addormentata, dentro nelle pieghe sfuggenti dell’animo umano. Scuro il paesaggio per lo più vespertino o notturno, buio lo scantinato senza finestre dove lavora la Sezione Q, “freddo” il caso indagato, nero il cuore dell’assassino.
I personaggi, all’inizio apparentemente anonimi e piatti, acquistano con il procedere della lettura spessore psicologico e umano, diventando motori della vicenda e nello stesso tempo parti di un meccanismo complesso che si muove automaticamente come un orologio. Nessuno di loro ha quella che si definisce una “vita felice”; al contrario, vive con difficoltà un’esistenza grigia, difficile, costellata da insoddisfazioni e batoste. Tutti hanno segreti, “zone d’ombra”, hanno subito o sopportano piccoli ricatti e tutti, con la propria personalità contorta, giocano e rischiano, in modo diverso, la partita della vita.
Molto originale la struttura della storia che si dipana seguendo due livelli, quello che si riferisce al passato e quello che si attesta nel presente. Una bottiglia, contenente un messaggio, abbandonata fra l’indifferenza di tutti sul davanzale di una finestra di una anonima sezione di polizia, di colpo attira l’attenzione di un agente e, con lentezza, fra l’insofferenza e l’irritazione di chi non vorrebbe perdere tempo con”reperti del passato”, svela i propri segreti. Contemporaneamente, prende il via un progetto criminoso, studiato e messo in moto da una mente disturbata. In un crescendo di tensione, i due percorsi finiscono per sovrapporsi e fondersi insieme, suscitando lo stupore degli stessi investigatori che si trovano improvvisamente e inaspettatamente tra le mani un caso aspro e clamoroso.
Altrettanto interessante risulta il fatto che ad essere trait d’union fra i due piani sia proprio l’assassino, la cui identità è nota al lettore fin dall’inizio del libro, lettore, che si trova, paradossalmente, ad avere le informazioni fondamentali per risolvere il caso, mentre gli investigatori della Sezione Q navigano ancora nel buio più completo.
L’assassino non solo agisce, ma anche parla. E’ loquace, si racconta, ricorda un passato doloroso e terribile, che giustifica, ai suoi occhi, il proprio modo d’essere nel presente. La narrazione è rigorosa, non tralascia nessun particolare, spande perfino fascinazione, intrappola il lettore che rischia di trovarsi in empatia con chi non merita tanta partecipazione. Al contrario, riflettendo su tali rivelazioni, emerge con forza la consapevolezza della portata del problema delle sette religiose, mondo monolitico e schizofrenico attorno al quale si attorcigliano false verità e la tendenza, espressa a volte in modo brutale, a plasmare le menti dei giovani adepti alle leggi di una razionalità distorta.
La storia, come si può capire, compone un quadro complesso, ma ottimamente gestito. I suoi ingredienti sono mescolati con abilità e senso del ritmo, calcolati in modo da non dare scampo al lettore, sempre sul filo del rasoio e senza un attimo di respiro. Si corre verso un finale che sembra liberatorio, ma non lo è più di tanto. Un linguaggio duro e secco che non sbava mai, nessun sentimentalismo, un sottile senso di inadeguatezza e sconforto che si consuma lungo tutto il racconto fanno di questo testo un capolavoro del suo genere.

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Il messaggio nella bottiglia 2014-04-28 13:57:30 GLICINE
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    28 Aprile, 2014
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"LA PESTE IN BOTTIGLIA"

Ricordo le indagini degli investigatori della sezione Q, in un precedente libro: "la donna in gabbia".
Ho paragonato le caratteristiche dei personaggi principali (detective Morck e Assad), riscontrate nel libro
precedente a questo successivo scritto e, mio malgrado,devo dire che sono rimasta un pochino delusa...
Il detective Morck l'ho ritrovato in alcuni punti del tutto apatico e scansafatiche, mentre il particolare
"assistente"Assad, ha svelato ombre, che offuscano in qualche modo il personaggio simpatico e geniale tratteggiato nell'esordio. La segretaria bipolare Rose, invece, mi ha lasciata alquanto perplessa.....Possibile che sia autorizzata a prendere possesso del posto di Rose e quindi di tutti i documenti delle indagini in corso, la sorella( che non è altro che l'altra personalità di Rose)?
La storia prevede due filoni di indagini che si sviluppano parallelamente.
La vicenda principale ed anche la meglio strutturata, è ripresa dalla copertina stessa del libro.

"ributtala in mare Seamus...Quelle bottiglie portano sfortuna. Noi le chiamiamo "la peste in bottiglia". Nell'inchiostro c'è il diavolo che aspetta di essere liberato. Non l'hai mai sentito dire?......"

Se trovassi per caso nell'acqua una bottiglia sigillata con un messaggio al suo interno, la mia prima reazione sarebbe proprio quella di cercare di aprirla e leggere il messaggio... Voi che ne pensate?
In realtà, forse proprio perchè la curiosità non è una delle caratteristiche che appartiene ai popoli nord-europei, la bottiglia passa di mano più volte, viene anche dimenticata per settimane sul davanzale di una finestra, fino a giungere nelle mani del detective Morck.
Non è immediata la partenza delle indagini, in quanto, almeno inizialmente, tutti pensano ad una "ragazzata", senza preoccuparsi in modo importante. Viene comunque mandato il biglietto quasi illeggibile rovinato dal tempo e dall'umidità ai laboratori per le analisi.
Si scopre così che il foglio è stato scritto con il sangue, ma soprattutto è stato scritto da un ragazzino che chiede aiuto, affermando di essere stato rapito insieme al fratello.
Inizia allora un' analisi dettagliata delle prove, cercando in tutti i modi di risalire a luoghi e nomi,
per arrivare a risolvere un caso del passato. Nessuno può aspettarsi che le radici affondate in un recente passato, stiano seminando orrore e morte anche nel presente.
Ma a quanto pare così è.....Un assassino che predilige famiglie numerose, tutte appartenenti a diversi gruppi religiosi fondamentalisti, che si isolano dal mondo, così come lo conosciamo, vivendo chiusi all'interno dei propri gruppi, condannando come "male" qualsiasi caratteristica del progresso..
La figura del "cattivo" è ben presentata, così come ben descritti episodi del suo passato che hanno prodotto le turbe psicologiche dell'uomo adulto.
La vicenda parallela, a mio avviso, è del tutto superflua. Diversi incendi di abitazioni e ditte rimangono senza spiegazione, in tutte viene ritrovato un cadavere carbonizzato a cui manca parte dell'ultima falange del quinto dito della mano.... nessuno viene a capo di nulla, la sezione Q senza sforzo, brillantemente risolve l'enigma.
Queste parti le ho trovate decisamente noiose, non aggiungono nulla alla vicenda portante, se non la caratteristica di appesantire la storia e di spezzare il sottile filo di tensione e di allarme prodotto nel lettore dai rapimenti.
Che dire, il thriller è comunque più che discreto, alcuni personaggi hanno perso un po' di smalto, alcuni sono del tutto insignificanti... Molto buona la vicenda che verte intorno al messaggio nella bottiglia.

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Il messaggio nella bottiglia 2014-03-23 15:09:29 gianfranco1
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gianfranco1 Opinione inserita da gianfranco1    23 Marzo, 2014
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claustrofobico...

A quanti di noi almeno una volta sarà capitato di essere stato preso dalla curiosità di osservare tra le onde del mare un oggetto qualsiasi venuto a galla da chissà quale parte del mondo facendo vibrare la più fervida immaginazione sulle sue origini e la sua storia?
La storia del “Messaggio nella Bottiglia” è un racconto cupo, angosciante che trova la sua radice nel mondo o nelle comunità delle sette religiose numerose che esistono in Danimarca dove regole di vita accompagnate dalla ipocrisia convivono all’interno di esse e nulla trapela al mondo esterno.
La chiave universale di questo racconto è un messaggio scritto col sangue ormai sbiadito dal tempo e dagli agenti atmosferici trovato all’interno di una bottiglietta che dopo essere stata cullata per tanto tempo dalle acque lungo la costa dei fiordi viene pescata per caso da un peschereccio e consegnata ad un distretto di polizia di Copenaghen. Ma anche qui la bottiglia viene dimenticata per altro tempo ancora e solo grazie alla curiosità di una donna mentre lavora al servizio del distretto attratta più che dal biglietto che c’era all’interno ma dal liquido colore rosso sangue sul fondo della bottiglia decide di aprirla e far analizzare il contenuto. Nel frattempo viene alla luce che quello che era scritto sul foglietto era un disperato appello d’aiuto da parte di qualcuno in grave pericolo di morte e la denuncia che il protagonista è un uomo dai mille volti dalla abilità di far credere l’amico della porta accanto.
Da questo momento le indagini vengono assegnate alla sezione di polizia dell’ispettore Carl Morck, uomo di grande esperienza e sebbene con una complicata situazione familiare, si rende conto di avere a che fare con un’altra storia di ragazzi rapiti con un uomo che della sua malvagità ne fa un guadagno economico per la sua vita e una vendetta di quello che ha passato nella sua infanzia.
E’ un racconto che ti cattura lentamente i ritmi quelli alti sono a tratti e quando arrivano sono da thriller che si rispetti.
Lo stile a mio avviso poteva risparmiare alcuni passaggi troppo lunghi e abbreviare i capitoli, cosi anche per i personaggi, a parte l’ispettore Morck, non mi hanno particolarmente convinto nei loro ruoli.

La copertina del libro attrae è attinente con la storia e misteriosa come tutti i messaggi nascosti.

In conclusione un libro certamente buono per questo genere.
Buona lettura.

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Il messaggio nella bottiglia 2013-08-23 06:15:06 Pupottina
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    23 Agosto, 2013
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Il messaggio nella bottiglia

Ancora una volta, si resta intrappolati nella storia e nello stile inconfondibile di Jussi Adler-Olsen che non smentisce la sua destrezza narrativa, nemmeno nel terzo romanzo thriller della serie Sezione Q, dove il detective Carl Mørk indaga sui cold case, insieme alla sua squadra formata da Assad e Rose.
Il messaggio nella bottiglia è un thriller paragonabile a una vera e propria bomba di adrenalina, partendo dalla situazione angosciosa di partenza: un ragazzino, sconosciuto e spaventato a morte, scrive con il proprio sangue un messaggio, lo mette in una bottiglia, la sigilla con il catrame e ne affida il contenuto al mare e a degli ignoti destinatari nella speranza che gli siano d’aiuto. Una serie di eventi, a distanza di molti anni, fanno giungere il messaggio nella bottiglia sulla scrivania di Carl Mørk, che il pubblico dei lettori ha già imparato a conoscere e ad apprezzare. Scettico come sempre, Carl Mørk fatica sempre un po’ a farsi coinvolgere da un caso, ma a spronarlo e ad indirizzarlo nella giusta direzione per decifrare quel misterioso ed agghiacciante messaggio, consumato dal tempo, sono sempre il suo collaboratore, Assad, intuitivo, imprevedibile e simpaticissimo, e la sua, strana e dark, segretaria Rose.
Non c’è niente di facile. L’indagine è complessa, sempre avvincente, esplosiva e non subisce rallentamenti. Il colpevole è misterioso e lucido nel suo modo d’agire e di programmare le sue atrocità. A suo modo, anche l’omicida ha un suo fascino, un mistero che lo avvolge, e sembra essere così bravo e metodico, da non lasciare indizi o tracce per poterlo identificare. Così bravo che di lui non si conoscono nemmeno i crimini.
Jussi Adler-Olsen è stato bravo, sino ad ora, dopo La donna in gabbia e Battuta di caccia, a scrivere thriller in serie, uno diverso dall’altro e ognuno a suo modo speciale. Stupendi nel loro modo di attrarre i lettori più esigenti del genere, nel modo di raccontare le vicende, intricate e all’apparenza insolubili, alternando efferatezza di azioni a umorismo di battute. Assad è la nota di simpatia sempre onnipresente nell’indagine, ma è anche lo snodo nelle situazioni più complicate. Pur essendo così simpatico, Adler-Olsen ce lo tiene, ancora in parte, avvolto nel mistero, ma lo ha reso una spalla indispensabile per Carl Mørk.
Questo romanzo è anche pieno di donne interessanti. Ritroviamo la stramba segretaria Rose, che abbiamo conosciuto nel secondo romanzo della serie, e altre tre donne che si rivelano eccezionali, nonostante le avversità, e i loro nomi sono Mia, Isabel e Rakel, figure femminili che riescono a rimanere memorabili.
Jussi Adler-Olsen ha sapientemente scritto anche il terzo romanzo della serie Sezione Q, destreggiandosi fra atti criminali, violenza, amori indecifrabili e approfonditi ritratti psicologici. Ancora una volta, ha saputo fare centro. Il messaggio nella bottiglia è un thriller fantastico da non lasciarsi sfuggire.

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i precedenti romanzi della serie: "La donna in gabbia" e "Battuta di caccia"
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