Il manoscritto
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Criminale o scrittore come uniche carriere
I romanzi di Thilliez mi hanno incuriosito per diversi anni, e finalmente mi sono decisa a cominciare con "Il manoscritto", uno dei suoi libri più apprezzati. E posso dire di aver scelto decisamente bene: spero soltanto che le sue altre opere siano altrettanto convincenti -oppure, perché no, migliori-, perché non vorrei essermi già sciupata quanto di meglio avesse da offrire la sua bibliografia.
Il volume viene introdotto da una prefazione in cui J-L. Traskman, figlio del fittizio scrittore Caleb Traskman, spiega di aver trovato un romanzo incompiuto del padre dopo la sua morte e -in collaborazione con l’editore- di aver aggiunto una conclusione che reputa adatta. Questa premessa ci traina in un thriller composto da due linee narrative: la prima riguarda la romanziera Léane Morgan, segnata da un lacunoso passato e dal rapimento della figlia Sarah avvenuto anni prima, costretta a tornare nella sua casa a Berck-sur-Mer quando il marito rimane vittima di un'aggressione che mette in moto una sequenza di scoperte sconcertanti; dall'altro lato troviamo Vic Altran, un poliziotto dotato di una memoria incredibile, impegnato in un caso che diventa via via sempre più complicato.
La complessità dell'intreccio è senza dubbio il principale punto di forza del romanzo, e devo ammettere di essermi divertita molto a cercare di risolvere il giallo al fianco dei protagonisti, e questo ha contribuito a mantenere vivo il mio interesse verso il libro, nonostante lo stessi leggendo in un periodo abbastanza frenetico ed impegnativo. In effetti, qualche svolta sono riuscita anche ad azzeccarla, ma sono così tante che indovinarle tutte è impossibile. La conclusione in un primo momento mi ha lasciato perplessa, ma ragionandoci meglio trovo che sia ben contestualizzata rispetto alla premessa del romanzo stesso.
Mi sono piaciute molto le continue sovrapposizioni ed i temi del doppio e dello specchio, perfetti per una storia misteriosa ed oscura in generale, e per questa storia misteriosa ed oscura in particolare. Gli altri pregi di questo titolo sono individuabili nei ben delineati personaggi principali -che presentano degli sviluppi caratteriali non scontati- e nel ritmo incalzante: ogni nuova rivelazione porta ad ulteriori misteri da svelare, risultando in una perfetta lettura di intrattenimento, se riuscite a tollerare la violenza.
Superato questo scoglio non indifferente (specialmente facendo una media dei romanzi dello stesso genere), due principali difetti si distinguono nella lettura. Il più evidente riguarda alcuni dialoghi, che spesso sono un po' troppo compassati; si percepisce chiaramente che sono stati studiati a tavolino, anziché dare una sensazione di naturalezza. In questo modo si fatica parecchio anche a distinguere le voci dei singoli personaggi, che a prescindere da fattori come la condizione fisica del momento o la propria estrazione sociale parlano tutti in modo formale.
Durante la lettura si può inoltre notare come alcune azioni -in particolare degli antagonisti- sono forzate e palesemente inserite per far procedere le varie indagini, altrimenti si arenerebbero; cerco di fare un esempio privo di spoiler: se avessi il sospetto fondato di essere pedinata, non lascerei la porta di casa aperta così da permettere al mio potenziale aggressore di entrare in tutta tranquillità! Diciamo che si tratta di ingenuità narrative da accettare con una condiscendente alzata degli occhi al cielo, perché in fondo lo sappiamo dalla prima pagina che si tratta di un'opera di fantasia.
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UN BUON THRILLER
Questo thriller è un libro nel libro, nella prefazione leggiamo che “Il manoscritto” è l’ultima opera incompiuta dello scrittore di successo, Caleb Traskman. E' il figlio dell'uomo a trovare il romanzo incompiuto nella soffitta della loro casa e sarà proprio il ragazzo a scriverne il finale.
Inizia così la storia, da una parte troviamo Léane Morgan una famosa scrittrice di thriller, che sta vivendo un dramma famigliare, la figlia Sarah è scomparsa ormai da anni e sembra sia stata assassinata da un serial killer.
Dall'altro lato, troviamo le indagini del poliziotto della sezione omicidi, Vic Altran, che indaga su una macchina rubata, dove è stata rinvenuto il cadavere di una giovane ragazza senza volto.
Devo essere sincera e dire che la scrittura dell’autore è molto scorrevole, pulita, a volte cruda e senza mezzi termini e le descrizioni sono molto dettagliate e non lasciano spazio all'immaginazione anche quando la scena è molto macabra.
Nonostante questo non mi sono spaventata, forse solamente in alcuni passaggi, ma avevo già letto qualcosa di simile in passato.
I capitoli sono molto brevi e consentono al lettore di essere attento alla storia e di rendere la narrazione molto veloce e scorrevole.
Però ho riscontrato dei piccoli difetti nel corso della storia.
In primis, non sono riuscita ad affezionarmi ad alcun personaggio, se non un po’ a Vic. I vari protagonisti e comparse, sono caratterizzati in maniera abbastanza dettagliata ma probabilmente l’autore non ha voluto scavare a fondo e avrei preferito maggiore ricerca psicologica attorno ai protagonisti.
Vic è un personaggio stereotipato nel genere thriller, è divorziato, depresso, ha un rapporto difficile con la ex moglie e con la figlia, con la quale cerca di recuperare un rapporto normale. E' un personaggio che risulta simpatico al lettore e in parte comprendiamo il momento difficile che sta vivendo. Nel suo campo è molto metodico, schematico e preciso e devo dire che fa con passione il suo lavoro. Però credo che abbia delle caratteristiche in comune che possiamo riscontrare in altri commissari.
I POV che l’autore ha scelto di raccontare sono due, quello di Vic e Léane, anche se quello della donna è presente in più capitoli rispetto a quelli del poliziotto e anche qui a mio avviso era più interessante capire le indagini di Vic.
Non abbiamo il punto di vista dedicato al colpevole, sarebbe stato interessante scoprire cosa passasse per la mente dell’assassino e cosa lo muovesse quando compie i suoi terribili gesti, l'autore ce ne doveva parlare senza farci capire chi fosse.
Molti capitoli finiscono con un colpo di scena o un elemento che ci fa esclamare “e adesso cosa succede?”, ma poi il capitolo successivo cambia il punto di vista e la tensione e la suspense crolla.
Questo l'ho notato molte volte.
All'inizio di una scena l’autore si sofferma molto sulle descrizioni e risultano essere dei passaggi molto lenti che fanno scendere il climax della storia e rendono la narrazione in alcuni momenti un po' piatta.
Per esempio:
"Colin si tolse il giaccone, la sciarpa, appoggio il portafoglio su un angolo del mobile e indicò ai tecnici dove operare. Léane li osservò applicare i loro prodotti, le polveri, un po' dappertutto, perfino sugli interruttori della camera da letto. Colin li aiutava per rendere più rapido il lavoro." (all'interno del capitolo)
E ancora:
"Potenza, lentezza e sorpresa riassumevano l'impressione che offriva al viaggiatore il parco naturale del Vercors. All'improvviso le dolci colline potevano sbriciolarsi in crinali frastagliati, dopo una curva stretta si aprivano panorami grandiosi dove al posto delle rocce c'erano pini, pianure, distese senza fine." (all'inizio del capitolo)
Sullo stile non posso dire nulla, perché l'autore ha un'ottima penna però soprattutto nel secondo caso, queste descrizioni appesantiscono la lettura e fanno allontanare il lettore dalla storia.
Meglio scrivere così, come ha fatto in altri capitoli:
"Léane scosse Julian e si butto giù dal letto come una tigre. Corse verso la cabina armadio per prendere la pistola nascosta sotto i suoi abiti. Suo marito si svegliò."
A mio parere avrei preferito un inizio capitolo più d'azione come quello riportare sopra, rispetto a quelli più descrittivi, però credo sia questione di gusti personali, anche se non posso negare che questo tipo di narrazione troppo minuziosa non mi entusiasma molto.
Pensavo che ci fosse qualcosa in più che mi avrebbe sorpreso e fatto rimanere a bocca aperta, probabilmente è un mio limite ma non posso considerare questo thriller tra i migliori che ho letto.
Continuo a preferire quello psicologici.
In conclusione, non mi sento di non consigliarvi questo libro, perché potrebbe essere più nelle vostre corde anche se non lo è stato nelle mie.
Il libro è scritto bene, si legge abbastanza velocemente e quindi merita di avere una possibilità.
Una domanda a chi lo ha letto... qual era lo scopo dell'autore nello scrivere questa prefazione?
Perché dirci che questo è un romanzo nel romanzo?
Io non l'ho capito e voi?
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Un thriller diverso dal solito
È un inverno affamato, terribile e implacabile quello del gennaio 2014. È un inverno che avvolge Sarah e i suoi capelli biondi raccolti sotto ad un berretto di lana blu, è un inverno che penetra le ossa, è un inverno che non perdona. Sarah e i suoi diciassette anni, i suoi occhi di luce azzurra e la sua interminabile voglia di correre bene in quelle gare regionali di mezzofondo non possono però farsi fermare da lui. Deve allenarsi, deve essere pronta per questo impegno così prossimo. Ma quel 23 gennaio 2014, alle 17.30, della tanta gente che passeggia e pullula la località in estate non vi è traccia. È buio, qualche lampione riesce ad illuminare la via, il resto è vuoto. Una mezz’ora interminabile e fatta di silenzio. Il rientro a casa. Perché la porta è aperta? Era certa di averla chiusa. Sei mesi dopo, una ciocca di cinquecentododici capelli – non uno di più, non uno di meno – arriva per posta da Valenza a ottocento chilometri di distanza all’indirizzo de “l’ispiratrice”. Appartiene a Sarah. Il modus operandi è quello dell’autore dei quattro rapimenti. Léane e Jullian Morgan hanno la certezza che non rivedranno più la loro figlia.
Dicembre 2017. Quentin Rose ha diciotto anni ed è fiero del crimine che ha appena commesso. Ha deciso di uscire dall’autostrada dopo il colpo per evitare i controlli dell’autorità, eppure, quei bagliori blu dopo una curva lo sorprendono e interrompono definitivamente la sua fuga. La morte è pronta ad abbracciarlo nella sua morsa imperdonabile. Quando Vladimir Morel giunge sul luogo del decesso si rende subito conto che oltre alla morte del conducente e al ritrovamento di qualche soldo, di un cellulare e di pezzi di una beretta, c’è ben altro.
«Il baule dell’auto incidentata conteneva il cadavere di una donna, per metà avvolto nel telone verde. Il corpo era stato spinto in fondo dalla violenza dell’urto. La testa, rivolta verso la luce esterna delle alogene, era dentro un sacchetto di plastica trasparente, chiuso da un groppo elastico blu attorno al collo. Nel viso scuoiato – era rosso come una colata di lava – due orbite vuote sembravano aspettare gli occhi. Di lato, c’erano prodotti per la pulizia, candeggina, due secchi, strofinacci, un badile e due sacchi di calce viva.»
Sollevato il telone, l’evidenza: al cadavere mancano le mani, sono state tranciate di netto. Gli avambracci sono stati avvolti fino al gomito in sacchetti di plastica chiusi con lo scotch e non con gli elastici, come per la testa. Le mani, disposte in lontananza dal corpo e a loro volta impacchettate a dovere come normale carne da macelleria, sono quell’elemento che paradossalmente scagiona Rose. Perché? Perché appartengono ad un altro corpo. Ma è Quentin l’autore del crimine? No, perché egli non ha fatto altro che rubare una Ford grigia all’interno della quale vi era il cadavere.
In pochissimi conoscono la vera identità di Enaël Miraure, in pochissimi sanno che Léane Morgan è colei che si cela dietro a quei romanzi capaci di far passare delle atroci notti in bianco. Il segreto, però, deve restare tale. A maggior ragione dopo la morte di sua figlia, a maggior ragione ora che il suo quasi ex marito Jullian non riesce a darsi pace e persiste ad indagare e a cercare la giovane scomparsa della cui spoglia non vi è traccia. Ha continuato a cercare delle risposte, il padre, ma cosa ha scoperto? Sospetti e indizi di quest’ultimo iniziano ad essere presi sul serio quando la morta a bordo della macchina rubata da Quentin viene ritrovata. Perché Jullian è stato ferito? Sarà Léane a dover rimettere insieme i tasselli di questo enigma sempre più complesso e stratificato il cui finale verrà scritto dal figlio di Caleb Traskman, famoso autore di thriller, che si suicida lasciando incompleto il suo ultimo manoscritto atto a dar voce alla storia della donna nonché collega e scrittrice di fama internazionale.
«I mostri esistevano e sarebbero sempre esistiti, con o senza di lui. E avrebbero continuato a divorare vite, qualsiasi cosa lui facesse.»
Franck Thilliez torna in libreria con un thriller davvero interessante, caratterizzato dal giusto ritmo narrativo e da una trama solida e ben costruita. Le pagine scorrono rapide e senza difficoltà tra le mani del lettore che si lascia rapire dal mistero e che costantemente cerca di venirne a capo. L’impressione, inoltre, è quella di trovarsi di fronte ad una vera e propria sceneggiatura cinematografica tanto è precisa e articolata l’impostazione del componimento. Solida e lineare è la costruzione dei personaggi che risultano agli occhi del conoscitore veritieri e tangibili. L’arcano si snoda raccontandosi attraverso la storia di una famiglia spezzata dalla tragica scomparsa della figlia e dalle tante vite e fatti che si sono susseguiti a prosieguo di ciò. Un romanzo nel romanzo che riesce magistralmente, che si distingue per originalità e fluidità rispetto agli altri scrittidel genere e che non delude le aspettative dei lettori.