Il libro degli specchi
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Cold case a Princeton
Questo è un titolo che ho recuperato quasi per caso grazie alla promo di TEA per avere una tazza in omaggio, l'ennesimo gadget libroso indispensabile ovviamente, e una volta tanto ho deciso di iniziare subito la lettura, senza lasciarlo stagionare in libreria come mio solito. Posso dire di aver fatto una scelta molto felice: se è vero che a catturare la mia attenzione sono state in primis la bella cover e la sinossi intrigante, il contenuto ha saputo poi tener fede alle aspettative, con un murder mystery dalla risoluzione imprevedibile ambientato nel campus di un'università dell'Ivy League.
La storia de "Il libro degli specchi" ruota attorno ad un brutale delitto avvenuto a Princeton alla fine degli anni Ottanta: il mistero sembra destinato a rimanere irrisolto finché ai giorni nostri l'agente letterario Peter Katz riceve la bozza di un manoscritto in cui una persona vicina alla vittima ripercorre quei sinistri eventi e sembra pronta a rivelare l'identità del colpevole; l'uomo non capisce se si tratti di un semplice romanzo o di una possibile confessione e, quel che è peggio, non riesce in alcun modo a contattare l'autore per avere il resto della storia. Inizia così una narrazione divisa in tre punti di vista, dedicati ad ognuno dei personaggi che si troveranno di volta in volta ad indagare sul manoscritto e, in maniera incidentale, sull'omicidio. Ogni parte ha poi al suo interno delle digressioni che permettono ai personaggi secondari di contribuire alla ricostruzione della vicenda con ricordi o testimonianze.
Si tratta di un concept che ho trovato da subito accattivante, e questo per merito di un espediente molto intelligente sfruttato dall'autore: raccontando la storia tramite dei personaggi che provano un grande interesse per la risoluzione del mistero, spinge i lettori stessi a ritenerlo intrigante. A rendere il ritmo incalzante contribuisce anche lo stile di Chirovici, chiaro e diretto, seppur privo di guizzi che lo rendano particolarmente riconoscibile ; premio comunque lo sforzo di rendere distinguibili le voci dei tre narratori e la gestione dei colpi di scena, presentati con semplicità ma comunque in grado di stupire.
Un altro aspetto che ho trovato decisamente riuscito è l'atmosfera cupa ed ambigua di Princeton, per cui il titolo potrebbe rientrare benissimo nel sottogenere dark academia, soprattutto considerato che la maggior parte dei personaggi sono studiosi e figure legate al mondo della cultura. Non sono presenti elementi paranormali, infatti l'epilogo fornisce una spiegazione del tutto razionale, ma rapporti mai del tutto limpidi ed un clima di angoscia persistono per l'intera narrazione.
Pur essendo un romanzo che punta soprattutto ad intrattenere, "Il libro degli specchi" affronta in più punti digressioni psicologiche legate al tema della memoria, che portano poi a riflettere sul valore inestimabile dei ricordi. Questa tematica viene affrontata da un punto di vista analitico, con il professor Wieder che spiega come l'ipnosi o la suggestione permettano di alterare i ricordi, ma anche da quello umano quando nell'ultima parte del romanzo di parla del morbo di Alzheimer.
Il solo punto debole del libro, per quanto mi riguarda, sono i suoi personaggi, e non perché vengano caratterizzati male, anzi: Chirovici dimostra di saperli delineare con pochi elementi che li rendono però facili da memorizzare; il problema è la scelta di non assegnare a nessuno il ruolo del protagonista. Ad esempio, Peter Katz è il primo narratore ma poi per la gran parte del testo scompare e l'attenzione viene spostata altrove; neppure l'autore del manoscritto o la vittima dell'omicidio sono più che personaggi secondari, così come il resto del cast. Questo rende molto difficile affezionarsi alle loro vicende, e a poco servono le sottotrame con cui Chirovici cerca di renderli più interessanti.
Un difetto che, assieme ad altre piccole mancanze, rende "solo" molto bello un libro con il potenziale per essere memorabile. Peccato... (però leggetelo, eh!)
Indicazioni utili
Specchi deformanti della realtà
Si chiama così perché quando entri nelle pagine del libro ti sembra di entrare in uno di quei labirinti di specchi deformanti che trovi nei Luna Park: una volta entrati, ogni immagine diventa, nello stesso tempo, vera e falsa. In questo giallo, che racconta il canovaccio di un libro dentro al libro, tanti sembrano essere i colpevoli, tutti con il loro perché. Ci sono tante verità, ma tutti hanno torto, perché hanno cercato di guardare la realtà attraverso finestre, che si sono rivelate in realtà specchi, ed hanno ritrovato solo le proprie ossessioni, non la verità vera. Buona la storia, mi ha ricordato molto “La verità sul caso Harry Quebert”, ma l’ho trovato ancora migliore. Buono lo stile, perché non ti permette di mollare la lettura neanche un minuto e quando un libro di afferra in questo modo e con questa forza, è senz’altro un ottimo libro da consigliare.