Il dottor Bergelon
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Recensione della Redazione QLibri
Come i miraggi tra le palpebre socchiuse
Ancora una volta, nella narrazione del belga, è una tranquilla esistenza a essere scossa, spetta questa volta al giovane medico condotto, Bergelon, un trentenne ammogliato e con due figli che vive all’apice della sua tranquillità borghese. Accantonati i vecchi fantasmi familiari, un padre di certo alcolizzato, il medico della modesta provincia settentrionale francese, mena la sua esistenza lungo i binari della quotidianità, consapevole che anche in quel suo piccolo mondo c'è chi vive agli alti piani e chi invece brulica nel sottosuolo. Egli è nel mezzo. Tentato da miraggi economici che poi nemmeno gli interessano più di tanto - è la moglie che governa l’economia domestica facendogli subire una gestione parsimoniosa e non giustificata -, accetta di portare i suoi clienti al ricco dottor Mandalin, proprietario di una lussuosa clinica, precipitando così nel ceto sociale più basso, quello popolare dei suoi clienti, che frequenta per via della sua professione, e al quale si rivolge perennemente tentato. Alcool e prostituzione, le sirene.
Jean Cosson, un suo giovane cliente, ve lo trascina dopo che la moglie e il figlio muoiono per una approssimativa gestione del parto della primipara nella prestigiosa e costosa clinica. Il giovane infatti, inconsolabile, sviluppa un’ossessione nei confronti di Bergelon e lo minaccia a più riprese di morte in un crescendo di tensione che parrebbe naturale far sfocciare nell’omicidio, rappresentato come pressante e imminente per gran parte della narrazione.
Eppure Bergelon non muore: la terribile notte peccaminosa che avrebbe potuto consumarlo per il senso di colpa lo porta alla rinascita, si sente irrimediabilmente attratto dal suo persecutore, non fa nulla per evitarlo e anzi lo cerca, il segreto del persecutore che lui ha scoperto è in fondo l’essenza della sua natura più intima…
”Qual è il momento esatto in cui uno si accorge che un vestito è diventato troppo stretto?"
Bergelon, su consiglio della moglie, lascia infine il paesello per un anticipo delle vacanze estive, parte solo e come già il suo più famoso predecessore Popinga in “L’uomo che guardava passare i treni” cerca la sua libertà. La troverà?
Geniale come sempre.
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Non hai mai avuto voglia di cambiare pelle, tu?
Il protagonista che dà il titolo a questo romanzo tipicamente Simenoniano è un medico di provincia, sposato con figli, che suo malgrado, con la complicità di un altro collega proprietario di una clinica privata, si ritroverà coinvolto (colpevolmente) nella morte di una donna partoriente e del neo nascituro. Da questo presupposto si snoderà tutta la vicenda: il desiderio di vendetta del marito vedovo che troverà sfogo in un’incessante comportamento da stolker accompagnato dall'inquietante promessa di vendicarsi uccidendo il povero dottore.
Ma quella che potrebbe sembrare una storia dall'esito prevedibile si trasforma in una narrazione densa di contenuti, come se si trattasse di un “romanzo on the road”. Il dottore protagonista infatti, spostandosi dalla provincia francese apparentemente per sfuggire alla vendetta del marito, non farà altro invece che fuggire da se stesso, dalle sue inquietudini borghesi e da una moglie che non sopporta più, ritrovando quello spirito giovanile che si accorge di non avere dimenticato e rappresentato dalla ricerca di facili piaceri, dal senso di libertà che lo porterà a prendere un treno e dirigersi verso la città di Anversa, in Belgio, semplicemente per voglia di farlo.
“Qual è il momento esatto in cui ci si accorge che un vestito è diventato troppo stretto?”
“Non hai mai avuto voglia di cambiare pelle, tu?”.
Attorno a queste due domande si snoda il cuore pulsante del romanzo in quanto il dottor Bergelon si interroga chiedendosi cosa sarebbe successo "Se non ci fosse stata quella notte, l'infame notte del parto...Avrebbe provato lo stesso lancinante bisogno di cambiamento?"
Simenon è un maestro nel tratteggiare traiettorie imprevedibili, che sfociano ad es. in un rapporto di complicità tra l’aguzzino (il marito vedovo in cerca di vendetta) e la vittima (il dottore) che si manifesta attraverso una serie di scambi epistolari, come se alla fine entrambi, a seguito di quel tragico evento avessero scoperto lati nascosti della loro personalità. Si evidenzia così il pressante bisogno di confessarsi reciprocamente, riconoscendo che le loro tranquille e precedenti vite erano solo il frutto di quel perbenismo tipicamente borghese di facciata, mentre covava in loro l’ardente desiderio di cambiare pelle disegnando nuove esistenze.
Il dottor Bergelon è l'ennesima prova dell'abilitá dell’autore belga nell'analisi introspettiva dei suoi personaggi, scavandone nell’io più profondo. Forse rispetto ad altre storie qui lo stile è meno incisivo, manca forse di una certa organicità espositiva, ma l'intensità della narrazione rende questo romanzo un autentico gioiellino.
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Bergelon e l'esistere
Geroges Simenon ha da sempre dimostrato le sue doti di narratore, tanto nelle opere con protagonista Maigret, quanto in quelle che si distanziano dal personaggio principale. Caratteristica, questa, che gli ha permesso anche di sviluppare trame attorno a figure femminili che si contrappongono con il modello di donna dell’epoca e che appaiono sin dal principio come figure forti, carismatiche, furbe e astute.
Ne “Il dottor Bergelon” ci riallontaniamo dal personaggio principale e conosciamo Berlegon, Cosson, Cecile, Germaine, i quali vengono mostrati senza filtro alcuno al lettore. È una tranquilla realtà quella che viene messa in subbuglio, quella del primo attore, Bergelon, medico condotto trentenne, coniugato e con due figli. Egli si trova a metà. A metà tra chi brulica ai piani alti di un’esistenza agiata e chi invece negli anfratti degli invisibili. Si gode quella calma data dalla consuetudine, lui che viene da una famiglia fatta da un padre alcolizzato e tanti tanti tanti fantasmi di un passato che non sempre sembra celarsi.
A gestire l’economia familiare è la moglie, minima la sua voce in capitolo nella gestione super parsimoniosa e talvolta anche ingiustificata. Portando i suoi clienti dal ricco dottor Mandalin c’è un rovesciamento di giochi e ruoli: la discesa nel ceto sociale più basso dei suoi stessi clienti è inevitabile. Da qui non mancheranno alcol, prostituzione e le sirene.
Jean Cosson, giovane suo cliente, ve lo trascina dopo la morte di moglie e figlio a causa di una approssimativa gestione del parto della primpara nella clinica. Si sviluppa una forma di ossessione di questo verso Bergelon. Arriva a minacciarlo, lo ritiene responsabile. Arriva a desiderarne la morte. Bergelon stesso che pensa alla morte però non muore e anzi rinasce. Inizia perfino a nutrire attrazione verso il suo persecutore. E se questa essenza non fosse altro che la sua natura più intima e celata?
Ed ecco che “Il dottor Bergelon” si presenta nella sua essenza per essere un romanzo in cui quel che è l’oggetto principale è la natura degli uomini. Una natura fatta di meschinità, di umanità, di difetti, di pregi. Bergelon nonostante il legame coniugale finirà con il legarsi con una prostituta, si legherà in modo ancora più forte all’uomo che vuole ucciderlo, attende – quasi – pazientemente che porti a termine il suo proposito, cerca di staccarsi dalla monotonia di una vita sempre e fino ad ora non vissuta.
E non solo il medico sarà oggetto e soggetto di queste avventure e riflessioni, lo saranno anche gli altri protagonisti, seppur comparse ma pur sempre delineati con le loro emozioni e le loro imperfezioni. Sarà grazie a queste che li ricorderemo; non tanto per il loro aspetto quanto per il loro essere felici o infelici, speranzosi o rassegnati, demoralizzati o indolenti, arrabbiati o sognatori, malinconici o desiderosi.
Un altro romanzo a Georges Simenon che ci dimostra la forza narrativa di uno scrittore che non è mai stato solo Maigret. Anche Maigret.