Il defunto signor Gallet
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Uno dei primi Maigret
Il defunto signor Gallet (titolo originale in francese Monsieur Gallet, décédé) é stato scritto da Georges Simenon nel 1931 e cronologicamente é uno dei primi romanzi con protagonista il commissario Maigret. La figura del celebre poliziotto appare diversa da quella da noi conosciuta, nel senso che l’autore non ne aveva ancora definito con precisione quelle caratteristiche che ci sono ben note. É infatti un uomo il cui volto ci può apparire anonimo, corpulento senz’altro, ma senza quell’aria da investigatore che sa essere implacabile o anche umano, a seconda delle circostanze. Del resto la descrizione dell’ambiente, che in seguito costituirà uno dei pregi della serie, è un po’ carente, mentre é solo abbozzata l’analisi attenta della psicologia dei personaggi. Evidentemente, la macchina che funzionerà perfettamente in seguito, con la schematicità e la regolarità di un orologio, era non ancora ben oliata. La stessa vicenda presenta non pochi aspetti oscuri e mira a una soluzione sensazionale, ma molto poco credibile. La provincia francese, che farà da scenario a non pochi suoi romanzi, si presenta anonima, se non addirittura un po’ artefatta.
É proprio quindi il caso di dire che Simenon si stava facendo le ossa e che non aveva ancora maturato la necessaria esperienza per confezionare un prodotto che andasse oltre il semplice svago, ma che avesse anche un intrinseco valore letterario. Del resto l’impressione che ha si ha nel leggere questo romanzo è che non sia stato scritto da Simenon, o comunque da quel Simenon che ben conosciamo e apprezziamo. La discrasia fra quest’opera ancora acerba e le successive è talmente evidente che stride non poco con le aspettative del lettore, abituato a ben altro, tanto che io stesso mi sono trascinato stancamente fino all’ultima pagina più che altro con il solo scopo di conoscere il perché e il per come di uno strano omicidio, e chi avrà la pazienza di leggere capirà bene cosa intendo per strano.
Ciò nonostante, è stata un’esperienza utile, soprattutto per rendermi conto che Simenon agli inizi non era dissimile da tanti autori agli esordi, impacciato, anche ingenuo, e che se avesse continuato così non sarebbe mai riuscito a entrare in quell’olimpo letterario in cui, con ampio merito, può essere inserito.
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Pessimismo
Un commesso viaggiatore viene raggiunto allo stesso tempo da un colpo di rivoltella sparato da sei metri e da una coltellata sferrata a distanza ravvicinata. Il delitto da stanza (semi)chiusa costringe Maigret a trasferirsi in un albergo sulla Loira in quel di Sancerre, ma, più di tutto, consente a Simenon uno di quegli esercizi di pessimismo sulla natura umana che gli riescono così bene. Nella terza investigazione del commissario parigino non ce n’è per nessuno, visto che il defunto si rivela essere un piccolo truffatore, ma alla lunga tutti gli altri finiscono per dimostrarsi pure peggiori, tra piccola nobiltà decaduta, i consueti borghesi contraddistinti da ipocrisia e avidità, la gente del popolo interessata comunque al puro guadagno a partire dall’untuoso albergatore: i numerosi personaggi sono caratterizzati con pochi tratti che, sottolineati con perizia, li rendono subito riconoscibili anche quando secondari, come i due poliziotti locali. L’antipatia che prova Maigret è in maniera evidente quella del suo autore e l’ombra grigia non risparmia neppure le ambientazioni, tanto che è difficile dire se è peggio il triste e quasi disabitato inizio di lottizzazione in cui vivono i Gallet o la villeggiatura a poco prezzo sulle rive del grande fiume. All’interno della plumbea atmosfera del romanzo, il commissario si muove secondo il suo non-metodo, radunando in un processo all’apparenza casuale gli indizi e le impressioni da cui riesce solo a fatica a ricavare il quadro generale in una conclusione dalla costruzione complessa (nonché inattesa), ma alla quale si giunge con una notevole fluidità guidati dai dialoghi serrati che, specie nella seconda parte, prendono il sopravvento sulla narrazione. Il profilo del protagonista comincia ormai a delinearsi con decisione, seppure lontano dal Quay de Orfévres e dalla sua casa a cui sono riservati appena una scena ciascuno, grazie a qualche asperità che si arrotonda e, in particolar modo, alla scelta che deve compiere nell’ultimo capitolo.
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Comicamente Maigret
Chi e‘ veramente Emile Gallet ? Per ora un cadavere. Un uomo trovato a terra in una stanza d’albergo ucciso da un colpo di pistola e da una coltellata. Il dovere chiama, Maigret arriva.
Il commissario burbero e gentiluomo, le spalle larghe e lo sguardo inquisitore.
Il commissario che non sbaglia mai un colpo e la sera torna sempre a casa da sua moglie.
Lontano dal via vai parigino dove di solito colloca i suoi romanzi, l’ambientazione campagnola e’ un piacevole diversivo in questo breve romanzo. Un assassinio, una personalita’ emergente completamente sconosciuta ai famigliari della vittima , ecco Maigret che deve valutare ogni singolo indizio, brancolando nel buio talvolta, avendo brillanti intuizioni in altre occasioni.
Immancabili le sue passeggiate fitte di pensieri piu’ che di passi e nella calura estiva, il commissario risolvera’ l’ennesimo caso con un finale che oltre a promuoverlo un ottimo investigatore, convalidera’ ancora una volta il buon cuore di quest’uomo.
Particolarmente buffo questo romanzo, sara’ per la presenza di numerosi punti esclamativi piazzati nel posto giusto al momento giusto, sara’ per alcuni siparietti – forse – involontariamente esilaranti, decisamente un giallo classico retro’ lontano mille miglia dagli scenari al cardiopalma cui siamo abituati dagli scrittori contemporanei, qui osserviamo un uomo arguto e semplice alle prese con un’indagine fatta di cervello e deduzione.
Che inforca una piccola bicicletta e si muove accaldato nella campagna francese, tra un telegramma e l’altro, sfidando una borghesia di nicchia che oppone astiosa le sue arie di nobile decaduta .
Buona lettura.
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Il defunto signor Gallet
Émile Gallet è morto. La moglie piena di sussiego, il figlio così simile nel fisico, ma dal carattere totalmente diverso, una casa dove è difficile immaginare il defunto nelle sue stanze. Tutti aspetti che stonano con l'immagine del personaggio: lavoro mediocre, viso mediocre, vita mediocre, ma morte inaspettata. Maigret deve indagare, ma non riesce a "mettere a fuoco l'immagine del morto". Questa vita, così piatta, sembra non offrire appigli. Eppure, man mano che la trama si dipana, ecco che gli elementi sono pure troppi. Come trovare il bandolo di questa intricata matassa, è lavoro per Maigret.
Ricostruire, da piccoli e miseri tasselli, la vita di Gallet, per poter capirne la morte e finalmente chiudere il caso. Passo dopo passo, si giunge ad un finale inaspettato che spinge a chiedersi se giudicare mediocre la vita di qualcuno, corrisponda alla realtà.
Quali aspetti, quali ombre possano nascondersi nella vita di un uomo qualunque, dall'esistenza apparentemente banale, può essere cronaca dei giorni nostri. Ciononostante questo romanzo, pubblicato nel 1931, è stato scritto appena un anno prima. Aspetti contemporanei, ma descritti con uno stile mai morboso. Una ricostruzione del caso nella quale il lettore scopre gli "indizi" assieme a Maigret, questo ispettore grande e grosso, dotato non solo di capacità investigative, ma anche di un'umanità che gli permette di "lasciarsi impregnare dall'atmosfera".
Libro coinvolgente, a tratti frustrante, in quanto sembra che, nonostante tutti gli elementi raccolti, non si arrivi da nessuna parte. Ci si ritrova a sbuffare con Maigret, mentre Joseph Moers tenta di ricostruire una lettera ridotta in cenere. Come lui, si scalpita, ci si sente "inutili", mentre il tecnico della Scientifica è intento al suo lavoro certosino. Quando poi ci si ritroverà nella sua casa di boulevard Richard-Lenoir, con accanto la signora Maigret, gli stessi pensieri dell'ispettore ci attraverseranno la mente, e ci chiederemo se anche noi avremmo fatto le stesse scelte.