Il confine
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Recensione della Redazione QLibri
Una conclusione senza il botto
"Il confine" rappresenta il finale della trilogia per la quale Don Winslow è più famoso: quella incentrata sui cartelli della droga e che ha come protagonisti l'agente Art Keller e il Patròn Adàn Barrera.
Quest'ultimo capitolo presenta lo stesso problema che presentavano anche i capitoli precedenti: è troppo, troppo lungo. Mentre in passato questo problema era meno marcato e pesante, in questo caso l'ho avvertito tutto. Troppi dettagli, eventi, ripetizioni, ma soprattutto, troppe storyline parallele.
Vorrei soffermarmi proprio su quest'ultimo aspetto.
Nessuna delle storyline create dall'autore in questo libro possono essere considerate per nulla interessanti, ma devo dire che sono probabilmente superflue nello svolgimento degli eventi che si vengono a raccontare nel romanzo. Avrebbero potuto costituire materiale per dei romanzi a sé stanti (ovviamente arricchiti da altro), ma lasciano in certi casi una spiacevole sensazione, che riesco a spiegare solo in questo modo: rendono ancor più pesante una lettura che è già stracarica di avvenimenti e personaggi. Credo che se non fosse stato per lo stile piacevole di Winslow, la cosa avrebbe potuto provocarmi istinti suicidi. Certo, capisco che un autore voglia creare un mondo tutto suo e che nel capitolo conclusivo voglia concludere degnamente, ma lo si può fare anche senza scrivere pagine su pagine.
Oltretutto, nonostante la storia sia piacevole, a tratti adrenalinica e interessante, non è la conclusione "epica" che mi aspettavo dalla trilogia che ha principio con "Il potere del cane". Una storia piacevole, ma non uno di quei finali indimenticabili che restano impressi nell'immaginario del lettore.
La storia comincia con la morte di Adàn Barrera, protagonista indiscusso del precedente capitolo "Il cartello". Il libro rimane dunque immediatamente orfano di uno dei suoi personaggi più carismatici, durante una spedizione atta a eliminare i leader dei Los Zetas, violentissimo rivale del cartello di Sinaloa, il Patròn resta ucciso e il suo corpo non viene ritrovato. Quest'ultimo particolare genera il dubbio che ci seguirà per la prima parte del libro: Barrera è davvero morto?
Nel clima di dubbio riguardo a quest'ultimo aspetto, si cominciano a creare i primi movimenti di tumulto all'interno dei cartelli messicani, privi di un leader e agitati dalle eventuali questioni di successione. Nel frattempo, Art Keller viene nominato direttore della DEA, incarico che accetta dopo un'iniziale titubanza, convinto dalla possibilità di fare davvero qualcosa per estirpare il cancro della droga negli Stati Uniti.
Tuttavia, Keller si ritroverà faccia a faccia con delle verità scomode, che coinvolgono non solo criminali conclamati e riconosciuti, ma anche persone che normalmente sono considerate al di sopra di ogni sospetto. Dunque, si troverà a combattere con nemici diversi che, in fondo, sono la stessa cosa.
"Alcuni vogliono zittirlo e mandarlo in galera; sa che ci sono anche altri, pochi, che vogliono ucciderlo. Quasi si aspetta di udire il rumore di uno sparo mentre sale i gradini per andare a testimoniare, perciò la risata di quel bambino è un sollievo, un promemoria del fatto che fuori dal mondo della droga, delle menzogne, del denaro sporco e dell'omicidio, c'è un'altra vita, un'altra terra, dove i bambini ancora ridono."
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Art Keller sfida i poteri forti.
Con “Il confine” si completa la trilogia dedicata ad Art Keller, il ”patriota” (così lui stesso si definisce) che alla lotta al narcotraffico ha dedicato gran parte della sua vita. Rientrato dal Messico, ora vive a Washington con Marisol, la dottoressa sua compagna scampata per miracolo ad un attentato dei narcos, è diventato capo della DEA (Drug Enforcement Administration) sotto la presidenza Obama e cerca tra mille difficoltà di imporre le sue strategie nella guerra al traffico sempre imponente di eroina introdotta negli Stati Uniti dai cartelli messicani della droga: anziché inasprire le pene ai trafficanti ed accentuare le azioni terroristiche, sceglie di colpire il narcotraffico sul fronte finanziario, bloccando il rientro in Messico dei proventi derivanti dallo smercio della droga (milioni di dollari!) ed impedendo illeciti investimenti tramite il riciclaggio del denaro sporco (banche compiacenti, speculazioni immobiliari, etc.). Questa è l’impostazione del lunghissimo romanzo (siamo sulle novecento pagine!), che con gli altri due della trilogia ha impegnato Winslow per circa vent’anni, costituendo nel complesso un formidabile e coraggioso atto d’accusa nei confronti del narcotraffico, del riciclaggio di denaro sporco e dei relativi appoggi di poteri finanziari e politici. Keller ha carta bianca e libertà di manovra. Riesce ad introdurre nelle fila dei trafficanti e di certi ambienti finanziari informatori muniti di microspie, registrando accordi ed operazioni illecite e scoprendo che la corruzione raggiunge altissimi livelli, addirittura il genero del probabile futuro presidente degli Stati Uniti, il candidato repubblicano. Costui vince le elezioni (il riferimento a Trump è fin troppo palese) ed il genero è nominato consigliere: Keller, che è appena riuscito a smantellare una gigantesca operazione del narcotraffico, viene accusato di azioni illecite quando era agente in Messico e destituito dalla direzione della DEA. Il nostro non cede ed inizia una guerra personale contro i poteri forti, denunciando, con tanto di registrazioni, malefatte, connivenze e delitti, Scoppia il caos ai più alti livelli, il genero del presidente e politici conniventi vengono incriminati, si prospetta l’impeachement del presidente neoeletto. I cartelli della droga, bene istruiti, tentano anche di assassinare Keller: il nostro eroe ne esce gravemente ferito, ma miracolosamente si salva. Alla fine, siamo nel 2018, riesce a trovare un po’ di pace in California, dove si è rifugiato con Marisol, sperando di godersi (forse!) una serena vecchiaia.
Il romanzo è denso di personaggi e affascinante. Gran parte è dedicata alla lotta per il potere dei cartelli della droga in Messico: la morte di Adan Barrera, il fondatore della “Federacion” e capo incontrastato del narcotraffico, ha scatenato rivalità feroci tra gli eredi, guerre fratricide con migliaia di morti, accordi e tradimenti, condanne e finte alleanze, fino alla disgregazione del più importante cartello, quello di Sinaloa, ed il costituirsi di un nuovo potere, quello della famiglia di Tito Ascension, il rozzo e brutale capo del cartello di Jalisco. Si denuncia anche il massacro di numerosi studenti a Tristeza, colpevoli solo di essersi impossessati di un autobus su cui era stato nascosto un carico di eroina: massacro che suscita ovunque sdegno e proteste. Per contro, alcuni capitoli sono dedicati alla commovente storia di due ragazzini, Nico e la sorella Flor, in fuga dal Guatemala perchè minacciati di morte: sul treno di disperati che, attraverso pericoli d’ogni genere, li porterà negli Stati Uniti, viaggia la speranza ed il sogno di una vita migliore.
Lo stile di Winslow è, come di consueto, stringato ed efficace. A volte sa essere tagliente come la lama di un coltello, specialmente nelle narrazioni di stupri e violenze: crudo e furente, mette a nudo l’animo umano, ratteggiandone senza fronzoli malvagità e aberrazioni.
E’ un libro che, scrive Stephen King, tutti dovrebbero leggere, per capire che il “confine” non è solo una linea di demarcazione fra due Stati, il Messico produttore ed esportatore di droga e gli Stati Uniti ricchi consumatori dello stesso veleno, ma può avere diversi significati metaforici.
Art Keller è un personaggio carismatico, ma non è uno stinco di santo. L’autore lo sa bene, quando conclude il romanzo così: “Un confine non è qualcosa che ci divide, ma anche che ci unisce, non può esserci alcun muro, proprio come non c’è un muro che divide l’animo umano tra i suoi impulsi positivi e quelli negativi. Keller lo sa. Lui è stato da entrambe le parti del confine.”.
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Art Keller contro tutti.
Aspettavo quest’ultimo capitolo della saga di DonWinslow con grande ansia ed impazienza visto che i precedenti li avevo divorati (pur essendo due bei mattoni) e come immaginavo non mi ha deluso, ma l’autore americano non delude mai. Per chi non conoscesse Il potere del cane e il Cartello, i due romanzi precedenti, diciamo chela storia è un po’ lunga e complessa da riassumere ma in sostanza si parla di narcotraffico messicano, o meglio ancora si parla del narcotraffico mondiale degli ultimi 30 anni, e badate bene, Winslow lo fa con un’accuratezza e una precisione dei dettagli pazzesca, tanto che a volte alcuni fatti da lui scrittisi sono poi in seguito verificati (cattura del Chapo Guzmann).
Questo ci fa capire come Winslow prima di scrivere si studi meticolosamente i fatti e come le sue ricerche sul posto siano degne dei migliori detective più che di un semplice scrittore.
In quest’ultimo libro il protagonista della saga, Art Keller, non solo deve mettere fine agli ultimi gruppi criminali che sono ormai rimasti attivi in Messico(ed ai “Hijos”, i figli appunto dei narcotrafficanti uccisi da lui nei romanzi precedenti) ma deve anche combattere contro un male maggiore, il Presidente degli Stati Uniti d’America. Dennison infatti è accusato, tramite il genero, di aver ricevuto soldi per la sua campagna elettorale dai narcotrafficanti ma non sarà facile per il nostro Keller dimostrarlo. Fate molta attenzione perché appunto, come detto precedentemente, i riferimenti alla realtà sono molto frequenti, anche se vengono usati nomi fittizi, ma…
Insomma ho divorato questo libro di 800 pagine in un mese e devo dire che mi dispiace molto che la saga sia finita perché ne avrei letto volentieri un altro ma come dice Winslow nell’epilogo a questo romanzo ci ha dedicato più di un terzo della sua vita e quindi forse è stato giusto metterci un punto.
La scrittura è sempre stupenda, scorrevole e magistrale e anche se nel libro compaiono decine e decine di personaggi ognuno ha la sua storia e la sua profondità e non si fa troppa fatica a ricordarli tutti.
In conclusione se non conoscete questa saga e amate i thriller o i libri che parlano di narcotraffico correte in libreria, andrete matti per questa trilogia come mille altre persone che l’hanno letta. Capolavoro.