Il club dei filosofi dilettanti
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Isabel Dalhousie
«I torti lontani nel tempo ci sembrano meno sbagliati solo perché l’impressione che ne abbiamo è meno vivida?»
Isabel Dalhousie, direttrice della “Rivista di etica applicata” nonché fondatrice de “Il Club dei Filosofi Dilettanti”, benestante e da sempre estremamente curiosa, si trova a un concerto alla Usher Hall di Edimburgo quando, impensabilmente, assiste alla caduta rovinosa da una balconata di un giovane ragazzo che le cade letteralmente davanti agli occhi. Le autorità sopraggiungono sul luogo e iniziano a indagare su quella che sin da subito appare come una morte certa – il giovane, infatti, esala il suo ultimo respiro e non vi è possibilità alcuna se non quella di dichiararne il decesso – concludendo in modo altrettanto celere che si è trattato certamente di un suicidio. Cos’altro potrebbe essere stato se non questo? Chi potrebbe aver avuto interesse a causare la morte di un uomo nel fiore dell’età, regolarmente impiegato in un lavoro e con una vita serena e tranquilla? Ma, pensa Isabel, se tutto è così roseo e fiorito, di contro, perché questo avrebbe dovuto desiderare di porre fine alla propria esistenza e con una morte così trucida e plateale?
«Ma abbiamo un dovere morale nei confronti di quelli in cui ci imbattiamo, che entrano nel nostro “spazio morale”, diciamo così. E cioè il prossimo: vicini, conoscenti e così via. […] Il nostro prossimo sul piano morale è chi ci è vicino, sia in senso spaziale che metaforico. Un dovere lontano non ha la stessa forza di quello che ci si para davanti agli occhi; quest’ultimo è più vivido e quindi più reale.»
Qualcosa non torna nella ricostruzione dei fatti, qualcosa non convince la donna nemmeno sulla rapidità con la quale le indagini giungono al termine tanto che la nostra eclettica protagonista non resiste e inizia a curiosare in quello che è stato il vissuto del deceduto, la sua sfera più intima, quella lavorativa, sentimentale e chi più ne ha più ne metta. Il tutto mentre è accompagnata da Cat, l’adorata nipote, Jamie, l’appassionato e ancora innamorato ex fidanzato della ragazza, e Grace la governante dallo sguardo acuto e la lingua tagliente.
Quello che ci viene proposto da Alexander McCall Smith è un giallo originalissimo che viene caratterizzato da una a sua volta originalissima detective che non manca di solleticare l’interesse del lettore e di invitarlo ad andare avanti nella lettura con rapidità e magnetismo. L’indagine segue il suo corso e raggiunge il suo epilogo ma nel mentre scopriamo e ci troviamo di fronte un titolo caratterizzato da una voce portatrice di filosofia, ironia, rettitudine, morale e capacità di affrontare i problemi con acume e arguzia.
Un libro che si divora, che resta e che si presta a una lettura spedita ma non superficiale.
«La moralità dipende dalla comprensione dei sentimenti altrui. Se si è privi di immaginazione – e ce n’è di gente del genere – forse non si riesce proprio ad avere compassione e simpatia per l’altro. Dolore, sofferenza e infelicità altrui non sembrano reali, insomma, perché non si riesce a comprenderli.»