Il club dei delitti del giovedì
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Per chi si sente orfano de La signora in giallo
Dopo l'esperienza di lettura narcolettica de "La sfera del buio", cercavo un libro dal ritmo decisamente più incalzante, e possibilmente con una densità inferiore di sessismo per pagina. Così sono approdata a "Il Club dei delitti del giovedì", che nella quarta di copertina prometteva una storia divertente, con un intreccio capace di catturare già dalla prima pagina. E direi che una volta tanto sono contenta di non dover tacciare una sinossi di avermi illuso con false promesse.
La trama non presenta nessun elemento inedito, specialmente se siete appassionati del genere mystery, ma riesce nondimeno ad intrattenere. Nella residenza per anziani di Coopers Chase, un quartetto di arzilli pensionati si diletta a far luce su vecchi casi di cronaca nera, fondando il Club che da il titolo al romanzo; quando un omicidio viene commesso proprio nelle vicinanze del complesso, Elizabeth, Joyce, Ibrahim e Ron iniziano ad indagare per proprio conto, convinti di poter contribuire alla risoluzione del caso. Non volendo fare in alcun modo spoiler, questo è tutto ciò che posso dire sulla trama, però l'intreccio si va progressivamente ad ampliare includendo un gran numero di personaggi, e altrettanti sospettati: infatti un po' tutti sembrano avere segreti da nascondere, nonché le capacità necessarie a portare a termine un delitto.
Si sarà capito che questo libro con me ha fatto centro, ma non voglio per questo nascondere i suoi difetti. Ho menzionato la presenza di un ampio cast, e temo si tratti di un eufemismo: i personaggi sono tantissimi, al punto che a volte si fatica a tenerli tutti a mente, e questo rende ovviamente difficile un approfondimento adeguato anche solo per tutti i protagonisti; come conseguenza, alcuni dei caratteri sono parecchio stereotipati e del tutto privi d'introspezione. Dal punto di vista oggettivo, lo stile è decisamente caotico e crea dell'inutile confusione; non ho ben capito che effetto tentasse di rendere Osman con i continui cambi dei tempi verbali o con la scelta di passare dal narrare i fatti in modo organico al rivolgersi direttamente al lettore. Non escludo che possa essere un problema legato alla traduzione, nella quale sono presenti anche diversi refusi.
In relazione all'edizione italiana ho riscontrato anche un problema più soggettivo: dal momento che nel testo abbondano riferimenti culturali e giochi di parole, avrei apprezzato la presenza di qualche nota esplicativa a fondo pagina, per coglierli più facilmente. Parlando sempre di gusto personale, ho trovato la partenza un po' veloce e mi sarei aspettata di leggere qualche pagina in più sulla formazione del gruppo protagonista, prima che iniziasse l'indagine vera e propria.
Su tutti questi piccoli nei ho chiuso tranquillamente un occhio perché il romanzo vanta ben più numerosi pregi, il cui primo e più importante è un solido intreccio del mistero, che riesce a mantenere vivo l'interesse fino all'ultima pagina. Questo ritmo incalzante è un altro punto a favore, aiutato da una narrazione dinamica che alterna un gran numero di POV e li integra con gli stralci dal diario in cui Joyce annota i passi in avanti fatti dal loro gruppo.
Ci sono poi degli elementi che ho molto apprezzato come il tipo di umorismo, tra commenti sarcastici e battute in cui si tirano in ballo argomenti grevi come la morte; è decisamente la mia tazza di the, anche se mi rendo conto non sia adatto proprio a tutti. Mi è piaciuto molto vedere poi come il caro Richard sia riuscito a creare una commistione di mystery e humor -unita ad una prosa fresca e brillante, che non mi sarei aspettata da un esordiente- includendo inoltre diversi momenti seri, nei quali si analizzano i lati più difficili della terza età, come il rapporto con le nuove generazioni, le malattie, la perdita di memoria ed energia. Ammetto che ho trovato decisamente emozionanti questi passaggi, anche perché non rallentano affatto la narrazione e riescono perfino ad amalgamarsi al lato mystery.