Il cinese
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Il cinese.
"Quello che è successo è troppo grande, troppo misterioso."
In un villaggio sperduto della Svezia....qualcuno arriva ed uccide tutti!
Questo è l'inizio sconvolgente del libro di Mankell, una donna Birgitta Roslin inizia a ricostruire ciò che è successo in quel villaggio.
Per riuscire a capire chi ha commesso il fatto torneremo indietro nella storia fino al 1896 in America dove veniva costruita la ferrovia, conosceremo, soprattutto, la storia di tre fratelli cinesi e scopriremo che chi ha commesso la strage in Svezia nel 2006 ha covato dentro di sè rabbia, odio e rancore per discriminazioni e oltraggi subiti dai propri antenati.
Un libro che non è solo un thriller, ma che racchiude in sè tanti concetti legati al mondo di oggi dove vige corrente la corruzione, le tangenti, la giustizia traballa e la voglia di restare al potere a tutti i costi senza scrupoli alcuni.
Un libro che ci farà conoscere la Cina, un mondo lontano e particolare!
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Il cinese di Henning Mankell
In un villaggio svedese, a Hesjövallen, avviene una strage: 19 corpi trucidati, tutti di persone anziane tranne quello di un ragazzino di circa 12 anni, vengono ritrovati nelle loro case. 19 nomi, tre famiglie, un corpo dopo l’altro, tutti contraddistinti dallo stesso furore folle, le stesse ferite inferte con un’arma affilata. Non è una normale indagine, tutto è così orribile da risultare incomprensibile. La responsabilità del caso è affidata alla poliziotta Vivi Sundberg, tenace e con una grande capacità di analizzare anche i più piccoli indizi. Per una strana e misteriosa tela di parentele sarà coinvolta nell’inchiesta, sia pure non in forma ufficiale, il giudice Birgitta Roslin. Da questo truce fatto di sangue si dirama una storia le cui radici affondano in un lontano passato lungo 140 anni. Dalle gelide foreste scandinave attraverso differenti piani temporali la trama si snoderà in Cina, negli USA, in Africa per ricomporre il suo tragico epilogo in Svezia.
Mankell costruisce un libro corposo, una storia d’ampio spettro storico e riesce a dar vita ad un quadro di vite consunte dalla vendetta e dalla sete di riscatto sociale. Un frammento di storia, nell’800 molti cinesi furono venduti e sfruttati come schiavi in USA, nel Nevada, durante la costruzione della ferrovia, racconta con toni forti e partecipi la condizione di chi non ha riconosciuti nemmeno i più elementari diritti umani e soffre della propria dignità offesa. Di quanto la via del progresso e del profitto economico abbiano sacrificato migliaia di vite umane. Il passato, a volte, quando è stato troppo doloroso non si dimentica e l’odio è un fiele che avvelena l’esistenza.
Dall’inizio della storia al suo svolgimento, il lettore è trasportato all’interno di un’altra storia a tinte fosche che costituisce il corpo centrale del plot in cui si dispiegano le vicende umane di Wang San, di Ya Ru, di Liu… Il diario di San esprime la rabbia cresciuta dentro di sé, il viaggio umano nel dolore di un uomo e lo scrive perché i suoi discendenti non dimentichino le ingiustizie subite. L’ingiustizia pesava su tutta la Cina. La parte finale si ricollega all’inizio come uno schema concentrico. Mankell racconta della Cina di Mao, del movimento contadino convinto di sollevarsi dalla miseria e che ha fatto enormi passi avanti, ma devono i cinesi ancora combattere contro la miseria che è ancora grande. Il cammino è ancora lungo. La Cina pre-olimpiade che ai suoi vertici ordisce trame politiche e i cui leader moderni si sono sostituiti ai vecchi capi del partito comunista con metodi corrotti e antidemocratici. L’eterno scontro tra gli ideali che non riescono a sopravvivere alle pressioni di una realtà che i vecchi teorici non avevano mai compreso.
Mankell intreccia il genere giallo e quello storico in modo naturale senza discrepanze stilistiche né di contenuto, tutto viene ricomposto nella sua giusta collocazione. I personaggi si delineano man man che ci si addentra nello scritto, la loro natura umana emerge in tutte le proprie sfaccettature.
È un romanzo interessante che appassiona sin dalle prime pagine e si legge come “si suol dire” tutto di un fiato.
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Un Mankell di transizione
Con quest'opera Mankell abbandona lo stile che lo ha reso famoso.
La storia è si ambientata in Svezia ma il racconto si snoda attraverso la Cina, l'America, l'Africa portando il lettore indietro nel tempo fino al 1800. Lo stile è sempre piacevole, la capacità di affascinare il lettore non viene meno, però a mio avviso manca una figura carismatica come quella di Wallander. La Roslin che si improvvisa detective non ha il physique du role. Bella la parte descrittiva della Cina moderna e dei conflitti interni, meno la conclusione, poco credibile. Il "cattivo" è un membro della mafia cinese, circondato da segretezza, potere e forza, che risolve i problemi liquidandoli in modo silenzioso ed efficace...invece si assiste ad epilogo a mio avviso più adatto ad un personaggio tipo l'inspector Clouseau.
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positivo
Un Mankell in stato di grazia che sa rinnovarsi nei contenuti, nell'ambientazione storica (la cina, l'Africa di nuovo colonizzata, la tragica epopea del West nel 1800), nei personaggi (l'abbandono di wallander appare definitiva). Un coraggio che va apprezzato. Unici nei: la parte svedese del romanzo appare meno incisiva delle altre, il personaggio della donna giudice non mi sembra costruito benissimo.