Il boulevard delle ossa
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Diamanti insanguinati
Leo Malet, non a caso considerato uno dei padri del noir francese, sa come fare giusto uso della parola, grazie ad un linguaggio tagliente, a dialoghi sferzanti, a situazioni tragicomiche che sfociano nel paradossale, con una scrittura senza pause piuttosto vivace e mai banale.
Nestor Burma, detective privato della agenzia di investigazione Fiat Lux, è il protagonista, una voce fuori dal coro, piuttosto anarchico, irriverente, vizioso più che virtuoso, un po’ spaccone, amante del gentil sesso, spericolato fino all’ incoscienza, pronto a percepire e a scavare negli angoli più bui del male per approdare ad una soluzione quantomai lontana.
Helene ne è la preziosa assistente, donna graziosa e di classe, dotata un fascino innato, che riesce a tollerarne ed ignorarne le battute sagaci, spesso eccessive, ma questo è il suo personaggio.
In “Il boulevard delle ossa”, a partire da una investigazione apparentemente banale ed inconcludente, inizia un caleidoscopico tour che vede coinvolta la malavita cinese, mercanti di diamanti, un giro di prostituzione russa d’ alto bordo, una casa d’ aste e persino i gioielli della Corona imperiale russa, insieme ad omicidi, scheletri, finti cadaveri, biglietti enigmatici, in un noir che sembra non avere approdo alcuno e vivere di caos ed improvvisazione, ma è mera apparenza, perché l’ iter condurrà alla soluzione sorprendente di un puzzle composito.
Burma intanto continua il proprio viaggio, concedendosi delle pause, scandagliando fatti e percezioni con disincanto e noncuranza figlie di una realtà circostante piuttosto deprecabile e vomitevole e di un se’ incostante e guascone.
La trama si indirizza per strade collaterali e lo stesso autore-protagonista Malet-Burma si rivolge ai lettori, a se stesso, interrogandosi ed interrogandoci, ponendosi domande e dubbi su una verità ancora inesistente e su ipotesi da corroborare.
Di certo la narrazione svicola dai classici connotati e sviluppi del noir coprendosi di anomalia.
Di certo la leggerezza un po’ sognatrice del protagonista sembra stridere con il crudo realismo e la violenza degli accadimenti, alleggerendo un’ atmosfera piuttosto greve .
Di certo la scrittura si avvale di dialoghi tronchi, quasi monosillabici, di cambi prospettici e di una varietà di voci narranti, dell’ uso di espressioni ossimoriche ( da parte di Nestor Burma ) che contribuiscono a vivacizzare e stemperare temi e contenuti.
E questa pare essere la chiave del racconto, la contrapposizione tra la leggerezza introspettiva ( del protagonista ) e la corposita’ e crudeltà dei fatti ( la trama ), in una sequenzialita’ fintamente confusa, elementi non incastrati perfettamente ma che ne costituiscono l’ essenza.
Un testo piacevole, di un certo interesse, più per la forma che per l’ intreccio narrativo, e questo non so se sia un bene considerato il genere, ma trovo Malet un autore di sicuro talento e degno di un giusto approfondimento.