Il bambino bugiardo
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Opinioni inserite: 5
Quella luce della mente
Scritto purtroppo più come un romanzo rosa che non come un thriller, questa storia presenta anche qualche excursus davvero fuori luogo e facilmente evitabile ai fini dell’intreccio narrativo. Racconta una vicenda familiare, che abbraccia anche più generazioni, intrisa di segreti e bugie. Sullo sfondo i bellissimi paesaggi della Cornovaglia, con le sue miniere e le sue scogliere, ed è proprio l’ambientazione la parte più bella della storia. Storia che si fa cavalcare con un continuo polveroso senso di angoscia, in cui tutto si confonde, tutto sembra e tutto si rivela. Perché la mente può fare strani scherzi. Ma la vita di più ancora. Peccato che di mezzo ci sia un bambino, che è la figura che più soffre in tutto questo brutto giro di bugie.
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Le miniere della Cornovaglia
Finalmente un thriller psicologico vecchio stile. Ultimamente mi è capitato di leggere thriller truculenti ma senza la giusta suspense. La caratterizzazione dei personaggi è ben riuscita e credo che sia proprio questo il suo punto forte.
Con Rachel, la protagonista femminile, si è creata subito empatia. Questo, unito a un'ambientazione lugubre, ha creato un costante stato d'ansia che mi ha trasportato fino alla fine del romanzo.
La figura del piccolo Jamie mi ha aggiunto un senso di commozione e rabbia, specialmente quando l'autore svela tutto il marcio che si nasconde dietro l’ostentazione di ricchezza della classe benestante.
La trama non è complessa ma l'ho apprezzato. Credo che l'autore si sia maggiormente concentrato, con successo, sugli stati d'animo.
Ottimo lavoro, credo che adesso leggerò dello stesso autore "La gemella silenziosa".
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Da rivedere lo stile
David Kerthen è un ricco avvocato proprietario di una grande tenuta nella Cornovaglia e delle miniere che vi sono sotto. Dopo la morte di Nina, sua prima moglie, egli si risposa con Rachel, una donna londinese che dopo diverso tempo dentro Carnhallow House, proprietà della famiglia di David da secoli, stenta ancora a credere che tutta la casa sia ormai sua. Insieme alla coppia vive Jamie, figlio di David e Nina, un bambino silenzioso ancora segnato dalla morte della madre. Il bambino appare inizialmente normale agli occhi di Rachel, la quale si affeziona come se fosse suo figlio. Tuttavia un giorno, mentre i due si trovano da soli, il bambino prevede la morte della matrigna il giorno di Natale. Dopodiché Jamie comincia a diventare sempre più strano, affermando di sentire la voce della madre morta che lo chiama dalle profondità delle miniere in cui lei è morta due anni prima. Lentamente nella testa di Rachel si susseguono mille domande, e decide di voler scoprire tutta la verità sulla morte di Nina, se davvero è morta. Il fatto che David non voglia parlarne non la aiuta, e le fa supporre che egli abbia qualcosa da nasconderle. Natale si avvicina e Rachel sa che deve dare risposta a tutti i propri dubbi quanto prima, anche perché Carnhallow House che ancora non ha finito di scoprire nasconde più segreti di quanto lei creda.
Ho deciso di leggere questo libro per via della trama avvolgente riportata nella copertina del libro stesso. Riguardo la trama non ho nulla da contestare, è stata ben pensata e, man mano che si va avanti nel libro, diventa sempre più avvincente. L’autore è stato in grado di tenermi con il fiato sospeso per molti capitoli, fino ad arrivare alla fine in cui si scopre tutta la verità riguardante la famiglia Kerthen.
L’aspetto che mi è piaciuto decisamente meno di questo libro è stato lo stile, a tratti è riuscito a far diventare il libro pesante da leggere. La storia è narrata da Rachel, nonché la protagonista del romanzo. Tuttavia la prima persona non viene sempre rispettata, dal momento che in alcuni capitoli, quando l’attenzione viene spostata su suo marito David e sulle sue attività lavorative e non, è come se Rachel conoscesse già tutte le mosse di lui, in quanto le narra anche minuziosamente. Inoltre alcuni passaggi del racconto sembrano buttati lì tanto per scrivere qualcosa, per poi scoprire invece che si tratta di pezzi molto importanti al fine della linearità della storia narrata.
Nel libro ogni capitolo si riferisce ad un giorno preciso dell’anno, e in ciascuno viene raccontato un pezzo saliente di storia. Tuttavia per evitare di rendere il capitolo troppo scarno è stata adottata una tecnica che non ho apprezzato per niente: quella di “allungare il brodo” dilungandosi molto nelle descrizioni di paesaggi, stati d’animo, storie e quant’altro, con il rischio di indurre il lettore a tornare indietro di molte righe per capire in quale punto si è fermata la storia, e riuscire a trovare un nesso con quanto scritto successivamente. Immancabilmente, ho potuto notare che verso la fine del capitolo la storia si fa maggiormente avvincente ed è in grado di lasciare il lettore con il fiato sospeso fino al capitolo successivo.
Non so se è un libro che consiglierei, dipende dalla voglia che ha il lettore di stare dietro alla storia, la quale non è particolarmente difficile da comprendere, per quanto articolata. Il problema potrebbe sorgere per via delle troppe descrizioni inserite che fanno perdere il cosiddetto filo del discorso. Lo scrittore in fin dei conti le idee per questo romanzo le ha avute, e ne è scaturito un libro che, dal punto di vista della trama, è inattaccabile. Però, come spiegato, dal punto di vista dello stile è da riconsiderare, perché ritengo che ai lettori non piaccia addentrarsi troppo nelle descrizioni, ma leggere qualcosa che racconti la storia in modo fluido.
Non ho avuto modo di leggere il suo precedente romanzo, e sinceramente non so se lo farò per via dello stile che temo possa essere simile a quello utilizzato per questo libro. Non posso dire di essere rimasto deluso dal racconto, tuttavia credo sia stato un peccato per l’autore che pur avendomi colpito con la trama non è riuscito a fare lo stesso con il modo in cui l’ha raccontata. Confido nelle sue capacità per un eventuale prossimo romanzo, con necessario cambio di stile.
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Il bambino di fuoco
Non credo che riuscirò mai a capire perché i titoli dei libri stranieri vengano tradotti in modo così approssimativo: è il caso anche di questo romanzo di Tremayne, il cui titolo originale, The Fire Child, viene banalmente (e inspiegabilmente) tradotto con Il bambino bugiardo, inducendo il lettore a pensare che avremo a che fare con un ragazzino che racconta bugie, cosa che non corrisponde del tutto a quanto narrato.
Avevo letto con piacere (e, lo ammetto, con qualche brivido), il romanzo di esordio di Tremayne, La gemella silenziosa, apprezzando la tensione creata dall'atmosfera al limite del sovrannaturale, nonché la trama ben congegnata.
In questa nuova opera dell'autore ritroviamo molti degli elementi del precedente libro, ovvero la natura selvaggia e indomabile di alcuni territori della Gran Bretagna (in questo caso la Cornovaglia), bambini bellissimi e inquietanti, atmosfere gotiche e popolate di fantasmi più o meno reali.
Lo stile si conferma gradevole e capace di suscitare qualche brivido, ma sembra che con questo romanzo Tremayne abbia cercato di bissare il successo del primo riproponendo la stessa miscela di ingredienti. Il risultato è un libro che, se si ha letto La gemella silenziosa, può sembrare una copia non del tutto riuscita del precedente.
In sintesi, Il bambino di fuoco è abbastanza piacevole e si legge rapidamente, ma ha qualche problema nella trama, che a tratti appare davvero improbabile e raffazzonata.
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Trama mediocre
Ho iniziato questo nuovo romanzo di Tremayne con grandi aspettative avendo molto apprezzato il suo primo romanzo 'La gemella silenziosa'.
Ritengo che le opinioni su questo nuovo lavoro possano essere discordanti tra chi ha letto il suo primo libro e chi no.
Chi non lo ha fatto potrebbe trovarlo più interessante di quanto abbia fatto io.
Si riscontrano infatti molte similitudini a tal punto che questa storia possa sembrare la brutta copia della precedente.
Come nel primo libro lo scrittore sceglie lo sfondo della natura selvaggia che ben accompagna la storia misteriosa e lo stato d'animo burrascoso dei protagonisti, e, come nel primo libro, la trama è condita da episodi quasi soprannaturali, che poi troveranno invece una spiegazione razionale.
Anche qui lo stile è semplice e la lettura piacevole, pur essendoci limiti notevoli nella trama.
Si parla di una giovane donna, Rachel, che decide di seguire il suo uomo, vedovo da due anni, David, nella gigantesca residenza storica di famiglia, nelle terre selvagge della Cornovaglia.
La famiglia di David è proprietaria di quasi tutte le miniere, centrali nello sviluppo del racconto. È lì infatti che è morta la ex moglie di David, della quale non è stato ancora trovato il corpo.
David ha già un bambino, Jamie, al quale la protagonista si affeziona molto, ma che a seguito della misteriosa morte della madre, comincia ad assumere comportamenti sinistri e ad avere strane premonizioni.
Anche Rachel sembra essere protagonista di episodi psicotici che confondono ed incuriosiscono non poco il lettore.
Il finale è condito da pretenziosi colpi di scena, che scioglierebbero la matassa di tutti quegli strani episodi avvenuti nel corso del racconto..
Purtroppo il finale non è così credibile come si vorrebbe e si ha l'impressione che lo scrittore abbia avuto fretta di concludere , così come si ha l'impressione che questo libro dovesse essere scritto per cavalcare l'onda del successo del precedente romanzo.
Un libro mediocre insomma, che sicuramente si fa leggere nelle giornate di noia, ma verso il quale consiglio di non nutrire grandi aspettative.
Peccato che Treymane non abbia saputo mantenere alto il livello di scrittura e di inventiva , che io avevo invece trovato molto interessante e per nulla scontato nel suo primo lavoro...