I lupi del Calla. La torre nera
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Poveri piatti...
Pur avendo introdotto più di uno spunto interessante, "La sfera del buio" non mi aveva troppo entusiasmato nel suo insieme; per quanto riguarda "La leggenda del vento", l'ho trovato piacevole da leggere ma praticamente privo di contenuto, come tra l'altro mi aspettavo essendo stato inserito nella saga a posteriori. Ho cominciato quindi la lettura de "I Lupi del Calla" con la speranza di veder finalmente procedere con un buon ritmo la trama orizzontale, ma ero allo stesso tempo decisa a mettere un freno alle mie aspettative, già duramente provate dai capitoli precedenti.
Avevamo lasciato i nostri eroi in viaggio sul Sentiero del Vettore, ed è proprio qui che li ritroviamo; in particolare stanno per raggiungere Calla Bryn Sturgis, una cittadina popolata da contadini ed allevatori e funestata dalle incursioni dei Lupi, banditi forniti di armi avveniristiche a caccia di bambini sui quali condurre bizzarri esperimenti. Il gruppo dei pistoleri viene quindi reclutato per opporsi ai Lupi, con il supporto di alcuni tra i cittadini più coraggiosi, oltre ad un volto noto per i kinghiani di vecchia data. Il libro ruota attorno a questo scontro ma è anche utile ad introdurre altre sottotrame, tra le quali spiccano l'urgenza di salvare il terreno sul quale si trova la rosa vista da Jake in "Terre desolate" e le conseguenze per il corpo di Susannah dopo l'incontro con il demone nello stesso libro.
Come forse avrete intuito, questo volume mi è piaciuto ben più di tutti i precedenti; non è di certo un capolavoro -e ai suoi difetti arriveremo-, ma è di gran lunga il meglio strutturato nell'ottica della saga: riesce a contestualizzare moltissimi degli elementi introdotti finora ed a trarne nuovi sviluppi appassionanti. Ad esempio, viene approfondita la sottotrama dell'Iride del Mago, che a sua volta serve ad ampliare il sistema magico alla base della serie. È poi molto bello vedere i protagonisti impegnati per la prima volta in una vera missione da pistoleri, durante la quale possono rinsaldare il loro legame come ka-tet.
Personalmente ho apprezzato anche gli elementi horror, disgustosi al punto giusto ma di certo non adattati a tutti. Piacerà in modo più trasversale la storia raccontata da un "nuovo" personaggio: a differenza di quanto successo con il fin troppo prevedibile passato di Roland ne "La sfera del buio", qui si rimane veramente avvinti e con la curiosità di conoscere tutte le sue traversie, nonostante questo blocchi per un bel po' la narrazione. Vengono inoltre introdotti diversi comprimari decisamente interessanti, che penso sia un vero peccato non aver sfruttato per più di un libro; credo meritino almeno una menzione Tian Jaffords e le Sorelle di Oriza, dei pistoleri mancati a modo loro.
E arriviamo infine al difetto principale di questo volume, strettamente collegato alla trama: la poca sostanza negli eventi raccontati. In pratica, la narrazione si basa su una manciata di scene chiave, diluite in un mare di intermezzi. Intermezzi a tratti anche interessanti, ma che alla lunga mi sono venuti un po' a noia, perché già sapendo dove sarebbero andati a parare i protagonisti e vederli tentennare per pagine e pagine risulta fastidioso. Questa lentezza nel ritmo viene inoltre ripagata con un finale emozionante, ma troppo affrettato per dare modo al lettore di gustarsi del tutto il piano messo in atto dai pistoleri. In poche parole, se sperate di leggere interi capitoli dedicati all'epica battaglia contro i Lupi, dovreste ridimensionare di molto le vostre aspettative.
Indicazioni utili
Strade per ogni dove.
La prima riga di questo libro è una citazione da I Magnifici Sette (“Mister, noi trattiamo il piombo.”), abbiamo poi la nostra amata Shirley Jackson, Harry Potter (!) e nientepopodimenoche John Steinbeck e Sherlock Holmes.
Ottime premesse, almeno per me.
Dopo i due libri “decameron” un altro western, questa volta in tempo reale e non in flashback. Una piccola comunità chiede aiuto al ka-tet di Roland per essere dispensata da antico quanto sanguinario tributo.
I Magnifici Sette, si diceva, (il Minotauro etc etc…).
Troviamo una vecchia conoscenza Kinghiana: niente meno che Padre Callahan, direttamente dalle Notti di Salem.
Il prete, per qualche motivo, è in possesso di un oggetto molto pericoloso, ma estremamente utile alla complicata missione del gruppo del pistolero.
Missione resa ancora più difficile dalla gravidanza di Susannah, che – come avevamo intuito – tutto è, ma non “normale”.
Non voglio raccontare di più perché la storia è da leggere e se King si prende 600 pagine per raccontarla, un motivo c’è.
[E per inciso, per i lamentosi, che il libro è troppo lungo e i “Lupi” arrivano solo alla fine… Ma che fretta avete? Dovete prendere il treno? Se riuscite a togliere una pagina senza perdere qualcosa di bello, provateci.
Tanti auguri.]
In questo libro non abbiamo “solo” la storia dei Lupi, della comunità del Calla e di Padre Callahan, ma abbiamo tutti i personaggi del ka-tet che evolvono e in un certo senso cambiano.
Nessuno escluso.
A partire da Roland che scopre che il suo tempo è – ulteriormente – contato, riscopre il piacere di essere l’uomo di una donna e – forse – ha qualcosa più di un’intuizione del futuro che li attende. Susannah deve fare i conti con una nuova Detta, ma ben più pericolosa (e le parti in cui Mia/Susannah va a nutrirsi… son spettacolari). Devo ammettere che fin qui non ho nutrito un grande affetto per Susannah; temo che sia una questione linguistica, forse aggravata dalla traduzione, ma quel suo vezzo di aggiungere “zuccherino” e “dolcezza” in qualunque frase, a chiunque la rivolgesse mi ha indisposto non poco.
Qui invece, e ancor più nel libro successivo, senza zuccherini e dolcezze si è fatta apprezzare. E molto. Ma ne riparliamo.
Jake impara ad affinare il suo “tocco” ed affronta una gioia adolescenziale ed un enorme dolore che lo lascia molto indurito.
Eddie – un po’ in ombra, forse, o sarà che mi piace tanto e lo vorrei di più? – rimane sempre l’anima narrante ed osservante del gruppo, ma trova un inaspettato specchio in padre Callahan.
E infine cambia il gruppo stesso, che deve fare i conti con la paura, le bugie, il tempo che scorre in modo irrazionale…
Al solito King è uomo di intuizioni geniali, di quei piccoli “scarti” della realtà in cui apre brecce e crea mondi, magari con l’aiuto di un piatto affilato lanciato a dovere.
Al termine del sesto libro è venuta (un po’) meno la sorpresa e lo stordimento emotivo che avevano caratterizzato la Chiamata e le Terre Desolate. Ma solo perché quasi si comincia a farci l’abitudine. Sua Maestà tiene botta egregiamente e per me i Lupi stanno nel gruppetto dei preferiti.