Giorno di confessione
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Alta tensione, scarsa ricezione
Un thriller sottovalutato dall'affascinante ambientazione italiana e da un ritmo quanto mai serrato che, proprio come si dice di solito sulle variopinte ultime di copertina, “dalla prima all’ultima pagina non da respiro al lettore” … o forse era “tregua”?
Naturalmente anche questo romanzo non è esente da tutti i difetti che si possono imputare al genere di narrativa in cui si colloca: scarsa profondità dei personaggi e del loro carattere, eccessiva presenza di macchiette stereotipate che si contendono su carta il primato della banalità a colpi di frasi fatte e quel tipico stile talmente piatto e banale da far venire il dubbio che il romanzo sia stato scritto più che da un uomo da una stampante industriale; ciò non di meno con la sua trama, con quell’interessante intrigo vaticano attorno al quale ruota tutta la vicenda, a Giorno di Confessione e al suo autore, va riconosciuto il merito, oltre a quelli già inizialmente accennati, di aver precorso i tempi, di, a loro modo, nel loro piccolo, essere stati dei precursori, incompresi, ingiustamente trascurati, ma pur sempre precursori. Qualche anno dopo la pubblicazione di questo romanzo infatti Dan Brown avrebbe scritto un qualcosa di molto simile, ficcandoci dentro il suo misticismo scientifico, la sua simbologia da rebus della settimana enigmistica, e avrebbe ottenuto un ennesimo successo planetario.
E Folsom, “poveretto”?
Per quanto i due libri, a onor del vero, non siano esattamente paragonabili, i fan dei best seller di Brown avrebbero comunque dovuto apprezzare questo libro o quanto meno riconoscere all’autore la paternità dell’intrigo ecclesiastico... e invece no. Misteri della letteratura!
Certo, sempre ad onor del vero, come per Dan Brown anche nel caso di Allan Folsom si potrebbe osservare che non è tutta farina del suo sacco, che anche lui a sua volta ha attinto da altri autori ancora, se non addirittura dalla realtà, ma è anche vero che da qualcuno bisogna pur attingere e non è tanto l’ispirarsi a qualcosa o qualcuno che è deprecabile, quanto l’eccessivo ispirarsi, che, qualora conclamato e ripetuto negli anni, può denunciare da parte di un autore mancanza di inventiva o ancora peggio mancanza di individualità.
Tuttavia, ripensandoci, forse è proprio per questo che Folsom non è diventato così celebre e famoso, che il suo Giorno di Confessione non è mai stato riscoperto e celebrato dai lettori di tutto il mondo: perché trovato il suo genere, o meglio il genere che faceva presa sui lettori, a differenza del suo collega non ha più saputo ripetersi (…e ripetersi, e ripetersi, e ripetersi!) e quei pochi che l’han letto, rovistando tra i suoi altri titoli l’han tacciato come una meteora in un genere che tra le sue fila conta ben più autorevoli ed esperti scrittori. Ma non sono forse la poliedricità di pensiero, la diversità e l’originalità valori quanto mai considerati oggi? E allora perché si da più peso ad alcuni che non fanno altro che riscrivere la stessa cosa limitandosi a cambiare di volta in volta confezione rispetto ad altri che sanno reinventarsi ad ogni libro sondando così ogni campo dello scrivere (anche se si parla pur sempre di scrivere commerciale)? Ancora una volta misteri della letteratura!
Insomma per concludere Folsom con Giorno di Confessione ha compiuto un più che discreto, e di certo sottovalutato, lavoro, che magari non raggiungerà i fin troppo ispirati, ma talvolta ridondanti, livelli di interattività noetica e paranormale complottismo (mah…) del suo più noto collega, ma pur sempre un più che discreto lavoro, apprezzabile per la sua concretezza, il suo ritmo e soprattutto la linearità con cui da delle semplici premesse giunge rapidamente ad un finale, chiaro, pulito e soprattutto conclusivo. Prerogative queste che in certa letteratura da ombrellone si tende volentieri a trascurare se non addirittura elidere ma che in realtà, molto spesso, sono una vera e propria benedizione del cielo.