Fatherland
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Perdere e ritrovare
Thriller, romanzo fantapolitico, ucronia, non so quale sia la definizione più calzante, sicuramente Fatherland è un’opera che non lascia indifferenti e stimola riflessioni sulla società attuale. Poco importa che parli di un mondo che non esiste, è proprio la cecità di quel mondo a imporre al lettore di interrogarsi sul proprio.
"- Cosa si può fare se si dedica tutta la vita a smascherare i criminali e a poco a poco ci si accorge che i veri criminali sono quelli per cui si lavora? […]
- Immagino che si perda la ragione.
- Oppure può succedere di peggio. La si può ritrovare".
L'autore parte da uno scenario già sperimentato in letteratura: un corso alternativo della storia. La Germania ha vinto il secondo conflitto mondiale e, nel 1965, si appresta a festeggiare il 75mo compleanno di Hitler. Berlino si è ridisegnata ergendo colossali monumenti a testimonianza della propria supremazia. Il resto del mondo si è piegato: l’Europa pullula di paesi fantoccio filonazisti, la Russia cerca di resistere con gli ultimi fuochi di ribellione e persino gli Stati Uniti sono ormai pronti a un accordo.
Nel potente e prospero Terzo Reich non si può parlare, tantomeno dissentire, perché le SS hanno orecchie ovunque e non perdonano. Eppure qualche voce sussurrata sfugge al silenzio. Cosa succede davvero a est? Dove sono finiti milioni di ebrei? Nel corso dell’indagine per omicidio di un gerarca nazista, l’integerrimo poliziotto Xavier March si imbatterà in indizi e sospetti che allargheranno la prospettiva verso interrogativi scomodi e pericolosissimi. March non potrà fare altro che lanciarsi all’inseguimento di una verità terrificante capace di sconvolgere tutto ciò in cui credeva.
"Parlano di fosse comuni, di esperimenti medici, di campi dove la gente entrava e non usciva più. Parlano di milioni di morti. Ma poi arriva l'ambasciatore tedesco tutto elegante e racconta che si tratta soltanto di propaganda comunista. E così nessuno sa cosa è vero e cosa non lo è. E posso aggiungere che alla maggior parte della gente non importa nulla".
Lo storico Robert Harris compone un romanzo in cui fatti documentati e veri personaggi storici si miscelano in modo davvero convincente alla fantasia dell’autore riuscendo, grazie all’espediente del giallo, a bilanciare il gusto per il dettaglio storico e la precisione descrittiva a una narrazione dal ritmo incalzante. Quello che sconvolge il lettore è rendersi conto di non trovarsi al cospetto di un’inconcepibile allucinazione ma di un mondo dalle sembianze credibili, di un potere che si insinua nella mente, di persone normali, concentrate sul proprio benessere, che vivono la propria quotidianità senza farsi troppe domande. Tutto ciò lo rende un romanzo interessantissimo, ieri come oggi.
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In cui Stephen King non avrebbe scritto "22.11.63"
Il lato positivo di pescare dei titoli in modo casuale dalla propria TBR è senza dubbio quello di dare finalmente una possibilità a delle storie che si ha un po' dimenticato; sull'altro piatto della bilancia, bisogna considerare il rischio di incappare in un romanzo diverso rispetto alla vaga impressione che se ne ha. Personalmente, ricordo di aver acquistato "Fatherland" all'usato diversi anni fa attirata soprattutto dalla particolare ambientazione ucronica; quando mi sono infine decisa ad iniziare la lettura ho realizzato che purtroppo quello non sarebbe stato l'elemento principale nella storia.
Qualche parola sul contesto fantastorico va comunque spesa: ci troviamo a Berlino in una versione alternativa del 1964, nella fattispecie una versione in cui Adolf Hitler è ancora al potere e l'intera Europa è sotto il controllo diretto o meno del Terzo Reich, mentre i suoi nemici storici si sono dovuti arrendere o accettare la pace. A dispetto dell'insolito setting la storia parte come il più classico dei noir, con il tipico investigatore -nel caso in questione, Xavier "Zavi" March della Kripo- divorziato e stacanovista impegnato a far luce su un decesso sospetto. Questi due elementi si scontrano quando il protagonista realizza che dietro la presunta morte accidentale ci potrebbero essere degli individui collegati al partito nazionalsocialista.
Nonostante non venga sfruttata quanto mi sarei aspettata, l'ambientazione rimane uno degli aspetti migliori di questa lettura: è stato un interessante esperimento mentale scoprire una situazione geopolitica da un lato molto diversa da quella reale (ad esempio, qui la Guerra Fredda vede la Germania contrapporsi agli Stati Uniti), dall'altro con degli elementi in comune, come l'Unione Europea che è presente ma si rivela un'istituzione fantoccio dei nazisti per controllare meglio gli altri Paesi europei.
Sento di poter promuovere poi tranquillamente la prosa di Harris -che non avrà particolari guizzi, ma ha una buona resa specie nei dialoghi- e l'intreccio del giallo, capace di catturare l'attenzione del lettore. Per quanto sia prevedibile, anche il finale contribuisce a portare questo romanzo alla sufficienza; l'ho apprezzato per la coerenza ed il coraggio di non scadere in un lieto fine forzato.
Purtroppo i pregi per me terminano qui: quando ho cominciato la lettura mi aspettavo davvero di individuare molti più elementi positivi, ma anche nei punti di forza ci sono lati meno riusciti. Prendo ad esempio il world building immaginato dal caro Robert, che viene appesantivo sia da una gran quantità di spiegazioni fin troppo prolisse e piazzate nei momenti meno opportuni, sia da una dubbia utilità ai fini della storia raccontata: la stessa vicenda avrebbe potuto tranquillamente avere come ambientazione la Germania reale dei primi anni Quaranta. Questo porta un senso di frustrazione, perché si ha investito parecchio tempo per conoscere un mondo quasi inedito senza che fosse in fin dei conti indispensabile.
La caratterizzazione è un altro punto debole a mio avviso, perché March si dimostra il tipico protagonista di una narrazione mystery noir nella storia personale e nel comportamento; vista la premessa, ero convinta si sarebbe rimostrato un personaggio grigio e sfaccettato invece non ha neanche mezzo tentennamento. Devo ammettere di non aver capito neppure cosa lo renda tanto speciale: dal mio punto di vista la storia della foto ritrovata non è sufficiente per stravolgere completamente la visione del mondo di un individuo cresciuto in una società così indottrinata, come viene dimostrato tra l'altro anche dei comportamenti degli altri personaggi più avanti nella storia.
Infine, con il rischio di sembrare una volta in più l'antiromantica per eccellenza, devo bocciare anche la parentesi romance. Non solo penso sia priva di basi concrete, ma anche nello sviluppo della relazione ho avuto l'impressione mancassero dei passaggi; cercando di evitare spoiler, menziono la scena dell'incubo che proprio non ho capito cosa dovesse trasmettere, o quali conseguenze abbia avuto per i personaggi. Quando poi l'interesse amoroso di March gli confida un certo dettaglio sulla sua precedente relazione diventa chiara (e preoccupante!) una sua debolezza verso le dinamiche di potere sbilanciate, che ovviamente il testo non individua come tale.
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Xavier March
«Cosa si può fare – disse – se si dedica la vita a smascherare i criminali, e a poco a poco ci si accorge che i veri criminali sono quelli per cui si lavora? Cosa si può fare quando tutti ti dicono di non preoccuparti perché tanto non ci puoi fare niente ed è successo molto tempo fa?
Adesso Charlie lo guardava in un modo diverso. – Immagino che si perda la ragione.
Oppure può succedere di peggio. La si può ritrovare.»
Tutto ha inizio con il ritrovamento di un corpo nell’Havel. Un corpo rinvenuto alle 06.28 del 14 aprile 1964 e identificato nella persona di Josef Buhler, iscritto al partito con il grado onorario di SS-Brigadeführer e con servizio di attività come segretario di Stato del Governatorato dal 1939 al 1951. Sin dagli accertamenti preliminari è identificata come plausibile causa della morte quella dell’annegamento. Xavier March, investigatore della squadra omicidi della Kriminalpolizei di Berlino, comunemente detta Kripo, non è però convinto di questa spiegazione dei fatti. Più analizza il caso, più ricostruisce le sequenze e più si rende conto che questo presunto suicidio stona sotto molteplici punti di vista. La sua posizione è però precaria. Non ha la tessera del partito, è divorziato, il figlio Pili, di anni dieci e perfettamente inquadrato nelle ideologie naziste, non lo stima e anzi tale è il suo disprezzo da averlo segnalato alla Gestapo che lo monitora in ogni spostamento e in ogni azione, ed è apertamente lontano dalle idee del Nazionalsocialismo così ormai radicate. Eh sì, perché siamo nel 1964, la dittatura nazista continua a regnare indiscussa avendo vinto il secondo conflitto mondiale e Hitler è alla soglia di festeggiare i suoi 75 anni. Per l’occasione e per una serie di ragioni di carattere internazionale è prevista anche la visita imminente del Presidente degli Stati Uniti nella persona di Joseph Kennedy. L’incontro dovrebbe servire a favorire i delicati rapporti tra stati ma anche a far giungere al suo termine la “Guerra Fredda” che ormai si protrae da troppo tempo.
Un clima, pertanto, ulteriormente delicato che offre due possibilità: smettere di indagare nel momento esatto in cui a maggior ragione il caso viene sollevato dalle competenze dell’investigatore, continuare a scavare anche se questo può essere molto ma molto pericoloso. Perché aprire il “vaso di pandora” può ridare vita a fantasmi del passato, a colpe mai celate, a nefandezze mai pagate. Perché aprire la porta su un tempo che è stato ma che continua ancora a essere può scatenare le ire dei potenti e il loro spirito di conservazione.
Classe 1992, “Fatherland” è il giallo fantapolitico per eccellenza, è una ucronia magistralmente realizzata e composta che non può che solleticare la curiosità dei lettori. È un viaggio che ci propone una diversa versione della Storia, che osa, che non teme di far respirare l’aria di paura, controllo e repressione propria dello scenario delineato.
Tanto i luoghi quanto i personaggi sono vividi nella mente di chi legge, sono tridimensionali. In particolare, oltre a sentirsi catapultate tra le strade di Berlino, il conoscitore è rapito dal profilo psicologico costruito attorno alla figura di Xavier March, imprigionato nella certezza del color nero di una uniforme, eppure, così lontano da quel mondo che impedisce di conoscere e sapere. Lui, che ha una mente aperta, illuminata, sveglia, non può sottrarsi a questo desiderio. Altrettanto interessante è il profilo della figura femminile, Charlie. Venticinquenne rispetto al quarantatreenne protagonista maschile, ella è una donna temeraria, a sua volta bramosa del sapere, decisa e imperfetta. Una eroina che egregiamente spalleggia l’eroe principale aiutandolo a mostrarsi nella sua più semplice umanità. Aiutandolo a ritrovarsi, a venire fuori dalle imposizioni di quel regime. Seppur a caro prezzo.
Un titolo che suscita la riflessione, che conquista, che interroga sul passato ma con sguardo rivolto ai giorni nostri. Seppur di quasi un ventennio fa, ancora molto attuale.
«Adesso sulla riva del lago di Zurigo, March capiva che cosa aveva provato. Gli era bastato sapere che c’era la possibilità di un’altra esistenza: e quel giorno era stato sufficiente.»
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Il capolavoro di Harris
Siamo nell'anno 1964 in Germania e più precisamente ci troviamo a Berlino dove fervono i preparativi per i 75 anni di Adolf Hitler e per l'immente arrivo, in visita di stato, del Presidente degli Stati Uniti: Joseph Kennedy. Quest’incontro dovrebbe favorire il clima di distensione nei rapporti tra i due Stati e far finire la "Guerra Fredda". Alla vigilia di questa importante data, sulla riva di un fiume viene scoperto il cadavere di un gerarca nazista, morto in circostanze sospette.
Le indagini vengono affidate a Xavier March, membro delle SS e miglior investigatore berlinese.
«Cosa si può fare» disse «se si dedica la vita a smascherare i criminali, e a poco a poco ci si accorge che i veri criminali sono quelli per cui si lavora? Cosa si può fare quando tutti ti dicono di non preoccuparti perché tanto non ci puoi fare niente ed è successo molto tempo fa?»Adesso Charlie lo guardava in un modo diverso. «Immagino che si perda la ragione.»«Oppure può succedere di peggio. La si può ritrovare.»
Intanto, no, non è tutto sbgaliato e se vi ricordate di nomi e date completamente diverse, non siete diventati pazzi tutto d'un tratto, ma siete entrati nel mondo ucronico di Robert Harris (pubblicato da Mondadori per la prima volta nel 1992), uno dei migliori romanzi di fantapolitica di sempre.
Harris immagina che Hitler abbia vinto la Seconda Guerra Mondiale e che abbia creato quel Reich millenario di cui aveva sempre farneticato, un impero che và dal Regno Unito agli Urali (foto sopra).
Per chi conosce lo scrittore, uno dei più prolifici degli ultimi anni, sa che anche in questo libro - forse più anche più degli altri - lo stile è quello di sempre: incalzante, veloce, proprio come assistere ad un film.
Le descrizioni dei luoghi e delle situazioni sono meticolose e visuali, invece, nel descrivere la psicologia dei personaggi, il metodo di scrittura cambia e diventa tagliente come la lama di un rasoio.
Harris riesce, come suo solito, a mettere su carta un gioco pericoloso e con la supance tipica di un grande thriller - di cui è maestro indiscusso - ci ha fatto vedere ciò che sarebbe potuto essere se la storia di un Nazismo vincitore si fosse malauguratamente realizzata.
Consiglio questo libro a tutti i tipi di lettori: a chi ama il giallo e i thriller belli tirati e agli appassionati di storia. Vi posso assicurare che rimarrete incollati alle pagine e ne vorrete leggere più possibile anche a costo di passare la notte in bianco (la prima volta che lo lessi, nel 1994, vi assicuro che andò esattamente così)
“Quando il nazionalsocialismo avrà dominato abbastanza a lungo, non sarà più possibile immaginare di vivere in un modo diverso dal nostro.” - Adolf Hitler
(Questa frase apre un capitolo del libro ed è centrale, per capirne il senso: un impero, il Reich millenario, che si fonda sulla paura e sui sordidi segreti dei suoi protagonisti)
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Protagonista la Germania
Giallo fantapolitico ambientato in un mondo che non è mai esistito, ma che era lì lì per essere realtà, ovvero la Berlino di una Germania che ha vinto la seconda guerra mondiale. In un’Europa quasi completamente sotto il controllo della Germania. Il tutto parte dalla misteriosa morte di un gerarca nazista, che però assume i contorni politici, data l’ambientazione, e che vede in prima linea un brillante investigatore della polizia criminale di Berlino che conduce il lettore in un’indagine serrata, tenendolo incollato alle pagine di un libro davvero ricco di suspence. Buona quindi la storia, anche se il finale rimane un po’ aperto. Ancora migliore lo scenario politico in cui viene ambientata. Meno buoni i singoli personaggi. Nel complesso è comunque senz’altro un libro originale e convincente. E forse anche un po’ preveggente.
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Una storia ucronica
Mettiamo il caso che la seconda guerra mondiale non si fosse conclusa come ben sappiamo e che invece avesse vinto la Germania di Adolf Hitler, come si potrebbe immaginare un simile scenario?
Robert Harris ha voluto provarci e ci ha regalato un thriller-fantasy di assoluto interesse, al punto che dallo stesso è stato tratto un film dall’omonimo titolo e di grande successo.
Senza svelare nulla di particolare a chi fosse interessato a leggere quest’opera, dico semplicemente che il quadro di questa ipotetica situazione è stato disegnato dall’autore in modo convincente, presentando anche alcune analogie con la situazione socio-politica attuale.
In pratica, siamo nel 1964 e il grande Reich è proprio grande, tanto che si estende dal fiume Reno fino alla catena degli Urali. Tuttavia, l’ex blocco sovietico non è per nulla pacificato, con i bolscevici che danno vita a un’attiva resistenza.
Hitler, all’apice del suo trionfo, è un uomo di 75 anni, vecchio e senza particolari stimoli. Il presidente americano Joseph Kennedy preannuncia una sua visita a Berlino al fine di coltivare una possibile distensione fra i due imperi. Per quanto il Reich appaia monolitico, quasi indistruttibile agli occhi degli avversari, in effetti è corroso da un profondo malessere, alimentato dalla caduta degli ideali imposti dal partito nazista, dalla violenza e dalla corruzione che dilaga ovunque e dagli inevitabili attriti con le diverse etnie, spesso assimilate solo a seguito di conquista.
In questo clima di corrosiva tensione, il ritrovamento del corpo di un gerarca nazista nelle acque di un laghetto situato nei più esclusivi ed elitari complessi residenziali rappresenta l’inizio di una vicenda che vi terrà senz’altro con il fiato sospeso, in un susseguirsi di rivelazioni e di colpi di scena che vi accompagneranno fino alla conclusione.
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Fatherland
Un capolavoro. Nel 1992 Robert Harris si fece conoscere dal mondo dei lettori con Fatherland, ampliando i confini del giallo, del thriller, del romanzo storico, della fantapolitica. A distanza di tanti anni la rilettura di Fatherland è riuscita di nuovo ad entusiasmarmi.
Siamo in Germania, a Berlino, nel 1964, ma in una dimensione parallela perché la storia ha avuto un altro corso: la Germania nazista ha vinto la seconda guerra mondiale e i suoi confini vanno ad est, fino agli Urali e a sud fino al mar Caspio e al Mar Nero, la altre nazioni europee hanno governi più che amici, il Marco tedesco è accettato come pagamento in tutta europa. Il mondo è diviso fra le due superpotenze: gli Usa e il Reich Germanico.
Alla vigilia della visita del Presidente degli Stati Uniti, Kennedy, in Germania, viene rinvenuto il cadavere di un alto funzionario nazista. L'apparente semplice caso di suicidio viene affidato a Xavier March, brillante investigatore dellla Kriminalpolizei, senza tessera del Partito, non entusiasta del Nazionalsocialismo e quindi controllato dalla Gestapo, divorziato, con difficili rapporti con il figlio che adora, ma che, essendo già a dieci anni inquadrato perfettamente nelle idee naziste, lo disprezza. March indagherà a fondo anche quando il caso gli verrà tolto mettendo così in pericolo la sua vita e verranno a galla segreti ed orrori pericolosissimi ed innominabili in un Reich dove la gente è abituata ormai da trenta anni a non fare domande.
Interessantissima ambientazione in un mondo passato, che poteva essere, ma per fortuna non è. I fatti ed i personaggi sono reali fino al 1942 quando i loro destini diventarono diversi. Harris descrive una Berlino immaginaria ma talmente bene da sembrare vera. Si respira l'aria di paura, di controllo, di repressione. Molto bello il profilo di Xavier March, il protagonista, inserito in un'uniforme nera delle SS che non sente sua, con tanta voglia insoddisfabile di conoscere e sapere, imprigionato in un regime che non può criticare che gli ha rubato perfino il figlio.
Un fantastico viaggio in un passato irreale appoggiato però su basi storiche e che sa di futuro.