Dio di illusioni
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La storia segreta
Breve premessa: lessi “Dio di illusioni” nel 1992 quando uscì in Italia e mi piacque ma non ne fui entusiasta, tant’è che non ne avevo un ricordo vivido. Dopo trent’anni l’ho riletto e il mio giudizio è rimasto esattamente lo stesso: bello ma non entusiasmante. Innanzi tutto bisogna dire che è un libro che deve molto alla letteratura anni ’80, con descrizioni di abiti, marchi, molto snob, tant’è vero che la dedica dell’autrice è al suo mentore Bret Easton Ellis che di quella letteratura è uno dei creatori. Il romanzo, scritto molto bene e veramente scorrevole, si divide in libro primo e libro secondo, prologo ed epilogo. Col prologo entriamo subito nel cuore della storia, un gruppo di ragazzi che uccide uno di loro, Bunny. Nel libro primo conosciamo tutta la storia di questo gruppetto di ragazzi Nel libro secondo assistiamo allo svelamento dei veri caratteri e dei segreti dei protagonisti, allo sfaldarsi di quello che teneva insieme il gruppo, alla rovina fisica e psicologica di alcuni di loro. Nell’epilogo, la parte più triste, il rimpianto, il conformarsi alle regole della società, la rovina.
La voce narrante è quella di Richard Papen, l’outsider del gruppo; Richard infatti non è ricco, è nato e cresciuto nella parte disagiata della California e per fuggire da una frustrante famiglia e dalla noia si iscrive ad Hampden, una piccola ma esclusiva università del Vermont.
Il lettore viene così trascinato, pagina dopo pagina, attraverso magnifiche descrizioni di paesaggi nel cosiddetto New England, territorio ricco, Wasp, molto british ed elegante. Lì Richard fa di tutto per unirsi ad un gruppo elitario di ragazzi, Bunny, Henry, Francis, e i due gemelli Charles e Camilla, che studiano il greco antico e le materie classiche con un carismatico e misterioso insegnante Julian Morrow. Sono ricchi e viziati, apparentemente sofisticati, studiosi con un futuro inevitabilmente roseo e promettente. Ma la tragedia incombe sulle fragili vite dei componenti di questo gruppo.
Durante la lettura, per tutto il romanzo, c’è la sensazione di qualcosa di sotterraneo, di non detto che si incolla addosso al lettore e non lo lascia, nemmeno finita l’ultima pagina. Quella di “ Dio di illusioni” è un’atmosfera maledetta e romantica, che ha molto a che fare con il gotico. Evoca altri tempi e, in un certo senso, tende a mitizzarli. L’ambientazione, la descrizione dei luoghi, del freddo, della neve è anche funzionale a ciò che provano i personaggi. Nulla è lasciato al caso.
L’omicidio del loro amico, annunciato fin dal prologo, rappresenterà il baratro oltre il quale non è più possibile tornare indietro, l’evento scatenante che porterà alla luce tutti gli inganni: vittime e carnefici, bellezza e depravazione, amicizia ed egoismi, verità e apparenze. Non è infatti l’omicidio della “Secret History” che dà il titolo al libro quello che peserà sulle vite di questo gruppo di ragazzi e che li distruggerà ma quello perpetrato in piena coscienza, per paura e vigliaccheria.
Questo romanzo è una tragedia nel senso ellenico della parola. Il dio di illusioni è Dioniso che fa vedere la realtà come non è (doppio senso Richard non vede gli amici per quel che sono e Henry cerca di rifare riti dionisiaci).
Richard, oltre che voce narrante (attraverso il suo sguardo sempre più disilluso e critico nei confronti dei suoi amici assisteremo alla tragedia) è anche un po’ l’anima concreta, del gruppo, quello più ancorato alla vita e alla realtà normale in un college, infatti mantiene rapporti con gli altri studenti, lavora, va alle feste e fa sesso con le ragazze. La delusione più grande per me è stato il personaggio Julian, alla fine un uomo da niente, preoccupato di mantenere il suo status, il suo ruolo di guru che prima getta il sasso e poi nasconde la mano e le sue colpe fuggendo, non affrontando l’agghiacciante realtà e aiutando quei ragazzi, tant’è che Henry ne rimarrà talmente deluso da farne uno dei motivi della sua ultima scelta.
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Mondo imperfetto
Hampden College, Vermont. Laddove lo studio è passione e ricerca di risposte inevase, l’ iscriversi ad un corso intensivo di greco antico agli ordini di un professore carismatico parrebbe una panacea ai protagonisti, l’ io narrante e altri cinque enigmatici studenti, pronti a lasciare il mondo fenomenico per entrare nel sublime, inseguendo una perfezione estetica che non sia solo bellezza statica, abbracciando un ideale riproposto nel reale, di fatto altro da se'.
Il romanzo d’ esordio di Donna Tartt, scritto in giovane età ed ambientato nel’ ateneo da lei stessa frequentato, si avvale di una indubbia fluidita' narrativa e di un’ ottima costruzione d'insieme, un crescendo incoraggiante nella prima parte, piuttosto prolisso nella seconda.
Certamente un testo difficilmente collocabile, in parte thriller, in parte romanzo di formazione, estetico e sensoriale, rappresentazione di un mondo elitario e sconsideratamente irrazionale, alla deriva, una fiera delle vanità allucinata ed idealizzata per un culto del dionisiaco che oltrepassa l’ assolutezza razionale e sensoriale travalicandone forma e contenuti.
L’ incedere del racconto cambia pelle insieme ai protagonisti ed alla conoscenza reciproca, rivelando il se’ ed il contrasto tra una mente moderna capricciosa e digressiva ed un animo classicheggiante, mirato, risoluto, inesorabile.
Se l’ estrema ratio romana, il genio e l’ errore romano, è stata l’ ossessione per l’ ordine ed una feroce, ostinata negazione dell’ oscurità, dell’ irrazionale e del caos, svalutando l’ essenza umana e la propria appartenenza ai misteri dell’ universo, il culto incontrollabile e sublime del dionisiaco viola ogni umana condivisione ed appartenenza, sfociando in un delitto allucinatorio dai contorni indecifrabili pur inevitabile e necessario.
Si annunceranno esiti ancora peggiori per sfuggire ad una colpa riconosciuta e denunciata da altri.
È allora che perversità e crudeltà si uniranno a vendetta e desiderio salvifico, inscenando un nuovo omicidio con riverberi alla “ Delitto e castigo”.
L’apparente indissolubile unione tra i protagonisti, costruita su un tempo condiviso, scoperchia il non detto e relazioni misteriose, un passato enigmatico ed un presente indecifrabile, come se il loro intreccio fosse stato tagliato di netto ed essi comincino ad allontanarsi l’ uno dall’ altro.
Passerà molto tempo prima di rendersi conto di ciò che si è fatto e della sua gravità inclusi come si è in quella esistenza ciclica e bizantina che ha sorvolato e disprezzato il mondo fattivo.
Alcuni elementi sono troppo terribili per entrare in noi al primo impatto, altri portano con se’ un eccesso di orrore; la comprensione del reale giungerà solo più tardi, nella solitudine e nella memoria.
Da sempre la bellezza è terrore ed il bello ci fa tremare, ma la stessa, se non accompagnata a qualcosa di più profondo, è e rimane solo superficialità .
Ed allora il potere di Julian ed il suo fallimento si legano all’ egocentrismo, ignorando l’ interezza dei propri studenti e riconoscendo solo i magnifici ruoli da lui inventati per loro.
A mio avviso, terminata la lettura, tre elementi emergono e restano ben saldi : lo scorrere inesorabile del tempo e delle sue stagioni con i colori cangianti della memoria, la bellezza ideale ed il fascino irresistibile del dionisiaco, ideale supremo d' amore e morte, la concretezza americana della quotidianità, il tutto incorniciato da tocchi d’ autore….
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Dovere, pietà, lealtà, sacrificio
Fin dalle prime pagine entra in scena l’etoile del Dio delle illusioni. Lontano dalla carne, lontano dalla mente e dallo spirito, e’ un soggetto di ampio respiro, e’ la raffinata potenza descrittiva con cui Donna Tartt ricrea magnifiche ambientazioni.
Un esclusivo college immerso nello scenario del Vermont, tra alti edifici di legno e mattoni, distese di erba lucida e fitta, meli e aceri. Poi le lunghe piogge nebbiose e mucchi di foglie dorate.
Le notti nere impazzite di stelle e la neve piu’ alta che potessi immaginare.
Ritorno a quando l’insonnia mi assaliva e chiudevo gli occhi pensando a quel bosco sferzato dal vento, il suono di un temporale ed i lampi che illuminavano la grande biblioteca accademica. Il freddo e l’umidita’. Poi, stringendomi tra le coperte tiepide, finalmente mi scioglievo in un sonno inquieto.
Nessun ventre piu’ di Hampden puo’ attribuirsi i natali di quel corso di greco antico e settario, aperto ad una manciata di carismatici, assidui studenti. Sono ricchi e viziati, apparentemente sofisticati studiosi con un futuro inevitabilmente roseo e promettente. Ma la tragedia greca incombe sulle fragili vite dei protagonisti, falciati dal vizio e dall’ebbrezza dionisiaca. Poi le rovine della giovinezza tornano e ritornano, sedimentano ed infine a chi e’ concesso vivere, viva.
Effettivamente nel suo complesso il romanzo ha un effetto estatico e la lettura spinge, in qualche modo e non so quale, verso un nebuloso oblìo d’autunno. Ed io lo ho amato, con clamore, invidia e dipendenza.
“Ci penso spesso, in realta’, a quella sua espressione. Penso a tante cose : alla prima volta che vidi una betulla, all’ultima volta che vedemmo Julian; alla prima frase di greco che imparai : la bellezza e’ severa”.
Buona lettura.
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Il fascino di un romanzo d’altri tempi
Questo romanzo ha un sapore davvero speciale, un gusto che rimanda a scritti di altri tempi. Quello della dedizione necessaria per ideare un progetto così ampio e ambizioso. Quello della cura con cui è stato cesellato ogni dettaglio, ogni citazione e ogni sottotrama, e incastonato in una storia articolata e complessa. Quello della passione con cui sono stati delineati i personaggi - reali, intensi, sfaccettati. Tutto ciò rivela una maturità stilistica e narrativa davvero sorprendenti per un romanzo d’esordio, anche se l’esordio è, in questo caso, quello della ventottenne Donna Tartt, futura vincitrice del premio Pulitzer. E meraviglia ancor di più se raffrontato ai tanti scritti che ultimamente affollano le librerie: esili storie di una manciata di pagine che sembrano riprodursi via copia carbone per fini prettamente commerciali.
La narrazione ruota attorno a un gruppo di cinque studenti in un elegante college del Vermont, la selezionatissima classe dell’ellenista Julian Morrow, promotore di un proprio ideale estetico ed elitario di cultura. Sono giovani ricchi, bellissimi e straordinariamente competenti, avvolti da un’aura di fascino e legati da un’inseparabile amicizia. E’ facile immaginare l’attrazione che suscitano sul giovane Richard, voce narrante, appena arrivato da una misera e squallida cittadina dell’entroterra californiano. Per lui essere ammesso a questa casta significa poter accedere a un mondo di complicità e bellezza finora soltanto sognato. Ma spesso le superfici scintillanti sono solo un’illusione sotto cui si cela qualcosa di terrificante.
E così il desiderio di distinguersi si trasforma nell’ossessione di essere diversi, migliori, onnipotenti. Di potersi sganciare dai meccanismi che regolano il presente, dalle regole del campus e dalla morale collettiva. Di poter ricreare quel mondo classico che tanto li affascina, inseguendo la terrificante promessa dell’estasi dionisiaca e della perdita del controllo di sé, dandosi a alcool, droghe, orge. Di poter perseguire ogni proprio desiderio, ogni personale capriccio, fino al punto di decidere della vita e della morte. Ma l’omicidio, annunciato fin dalla prima pagina di questa sorta di memoriale, rappresenterà il baratro oltre il quale non è più possibile tornare indietro e che porterà alla luce tutti gli inganni: vittime e carnefici, bellezza e depravazione, amicizia ed egoismi, verità e apparenze.
Donna Tartt ci accompagna, con la sua prosa limpida ed elegante, in un viaggio profondo e complesso nei meandri del male: le giustificazioni e le dinamiche che ne sono alla base, il peso della colpa o della sua mancanza, e, soprattutto, le inevitabili conseguenze psicologiche che vanno a sgretolare il mondo dei protagonisti. Un tema di sicuro già incontrato in letteratura ma che trova in questo romanzo riflessioni profonde e certamente ancora attualissime.
“Alcune cose sono troppo terribili per entrare a far parte di noi a primo impatto. Altre contengono una tale carica di orrore che mai entreranno dentro di noi. Solamente più tardi nella solitudine, nella memoria, giunge la comprensione: quando le ceneri sono fredde, la gente in lutto è andata via; quando ci si guarda intorno e ci si ritrova in un mondo completamente diverso”.
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è LA MENTE IL NOSTRO LUOGO
Un libro magico come questo Dio di illusioni di Donna Tartt è difficile da trovare e quando lo leggi ti lascia sia il dolce che l'amaro in bocca.
Dio di illusioni: chi è il Dio qui? Un professore di greco colto ed eccentrico nella sua freddezza che stimola i suoi studenti ad osare? Un ragazzo che crede di dover vivere la vita oltre ai limiti? Oppure il nostro Dio è la nostra anima a cui diamo ascolto quasi senza pensare?
Sì perchè in questo racconto, in questa storia segreta (il titolo originale è "The secret history") il protagonista non è l'uomo ma la passione, la voglia di vivere e di morire, la voglia di essere e di non essere e l'amicizia che va oltre ogni limite in tutti i sensi.
Richard ci narra la sua esperienza come studente di greco in una classe di eletti, coloro che sono stati ammessi dal professor Jullian Morrow, un uomo essenzialmente devoto a se stesso ma con una grande influenza sui suoi ragazzi a cui insegna il greco antico e il passato rendendolo affascinante agli occhi dei suoi studenti ricchi e viziati.
Richard è il più sfortunato dei sei perchè non è nè benestante nè adorato dalla sua famiglia ed è una persona abituata ad arrangiarsi e per questo è ancor più affascinato dai suoi compagni di classe che osserva e ammira finchè non diventa loro amico, senza riuscire però a levarsi di dosso quella strana sensazione come se non fosse pienamente parte di loro.
Henry è il ragazzo d'oro e d'ombra, un grande studioso quasi maniacale e devoto alla cultura degli antichi greci fino all'ossessione; Francis è la persona più pigra ed eccentrica con tendenze sessuali particolari e la mania dell'essere malato di qualcosa; Charles e Camilla due gemelli affascinanti legati da qualcosa di più del legame fraterno; Bunny, un ragazzotto spavaldo e rumoroso che prende la vita con troppa leggerezza.
La storia si evolve partendo da un episodio particolare, una specie di rituale degli antichi in cui perde la vita un uomo, un contadino, ed Henry insieme a Francis, Charles e Camilla sono gli autori del delitto anche se non si viene bene a conoscenza di come è accaduto il fatto. Questo porterà a un cambiamento degli equilibri delle amicizie di questo ragazzi, la reazione dei due esclusi del rituale (Bunny e Richard) sono diverse quasi opposte e queste determineranno il corso egli eventi e lo svilupparsi del resto della storia.
Può l'amicizia spingersi verso limiti che non sono ritenuti normali? Può un ragazzo reggere il peso di un delitto sia che sia stato il carnefice o anche solo uno spettatore? Queste sono le domande che mi sono posta durante la lettura e a cui ho avuto risposta, in un racconto così elegante e fine che mi ha lasciato scombussolata e che dopo giorni ancora m fa pensare.
La diversità delle classi sociali è qui evidenziata dalla vita e anche dalle linee di pensiero dei giovani, come se chi fosse più economicamente sistemato potesse osare e poi redimersi con i soldi oppure fuggendo in luoghi lontani, ma la realtà è che un evento drammatico si attacca a tutti e non ci lascia più perchè la vita è preziosa, sia nostra che altrui.
I personaggi sono affascinanti e me li immagino seduti oziosamente in un aula, ginocchia accavallate e aria annoiata mentre dentro la loro mente vorticano pensieri che non si osano pronunciare.
Il finale è triste e tutti subiscono le conseguenze del loro stile di vita, sembra quasi che ci sia una piramide con i vari scalini di conseguenze delle azioni di questi personaggi.
Questo libro mi ha fatto innamorare e conoscere la grandissima Donna Tartt una scrittrice davvero raffinata e sicuramente leggerò gli altri suoi due libri finora pubblicati.
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Neanias
Questo libro mi ha lasciato veramente colpito.
Inizialmente, al tempo della mia prima recensione mi ero ripromesso di non arrivare al voto massimo qua disponibile, per avere sempre un margine di miglioramento in caso di nuovi testi scoperti successivamente.
Eccomi qua a rimangiarmi tutto, perchè per questo titolo, non posso evitare di mettere 5 stelle in tutte le categorie.
Al termine di questa lettura, la mia sensazione è stata quella di ritrovarmi con un peso interno non da poco...mentre una sorta di malinconia e nostalgia per ciò che avevo appena terminato, aleggiava su di me.
Prima di iniziare a parlare del libro vero e proprio, bisogna necessariamente spendere qualche parola per quanto riguarda la scrittura della Tartt. Devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso nel trovarmi di fronte una scrittura raffinata e dettagliata, con l'utilizzo di un linguaggio per niente scontato, ma appositamente ricercato.
Tutta la trama si svolge seguendo le avventure di un ragazzo di nome Richard, che dopo essere entrato nell'Hampden College, decide di prendere parte ai corsi di greco antico, tenuti da un professore "particolare", estremamente bizzarro e selettivo per quanto riguarda gli studenti.
Dopo un'iniziale rifiuto, il giovane Richard viene alla fine ammesso in questa ristretta cerchia di studenti ed è tutto ciò che sta alla base di questo capolavoro.
Questi giovani ragazzi non studiano solamente il greco e l'arte classica, ma la applicano nella vita di tutti i giorni.
Donna Tartt riesce a far immergere il lettore a tal punto che non è difficile immaginarsi seduti sulle poltrone insieme agli altri studenti, durante una lezione. Le immagini che ci vengono trasmesse sono estremamente chiare e nitide.
Tutti i personaggi che ci vengono presentati vanno attentamente analizzati dal lettore, nel tentativo di cogliere qualcosa in più su di essi, ai quali secondo me inevitabilmente, ci si lega moltissimo.
Bisogna inoltre riconoscere anche la completezza con la quale ci vengono presentati gli stessi personaggi, tutti a loro modo estremamente affascinanti.
Chi si dedica interamente allo studio, chi cerca la libertà grazie all'alcool o alle droghe, chi cerca una soluzione con i sonniferi. L'ambientazione ci viene sbattuta in faccia con grande violenza.
L'ambientazione come già detto è quella di un college americano, seguito dagli appartamenti dei vari ragazzi e dai locali frequentati da essi ed anche in questo caso, secondo me, era estremamente facile sprofondare nel libro fino a ritrovarsi seduti sul divano in un salotto scarsamente illuminato ed annebbiato dal fumo prodotto dalle sigarette dei protagonisti. Tutto prende una forma mistica, seguendo il modello dettato dall'autrice.
Non mi soffermerò più sulla storia di per se, per non rovinare a nessuno la lettura.
Relativamente ai contenuti, se ne possono individuare una grandissima moltitudine. Il male in questo romanzo pervade qualsiasi cosa, lo si può individuare un po' ovunque...anche dove non lo si immaginerebbe nemmeno. Altro tema che salta fuori è il dubbio su chi ci circonda, sui nostri amici, sui nostri conoscenti. I temi sono ancora moltissimi e non voglio rubarvi altro tempo, quindi se ne avrete voglia, potete scoprire tutto leggendo questo libro stupendo.
In conclusione quindi consiglio a tutti la lettura di questo libro, perchè è assolutamente un capolavoro. Vi terrà incollati alle pagine senza poter reagire. Adatto un po' a tutti, ma che vi lascerà un bagaglio non da poco. Veramente un romanzo stupendo per il quale non spendo altre parole, che non gli renderebbero l'onore che merita.
"Non ci si deve impaurire di cose di cui non si sa nulla" concluse. "Siete come dei bambini: avete timore del buio."
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Bellezza è terrore
Dopo aver letto tutti i libri della Tartt, posso affermare con fermezza che Dio di illusioni, io suo romanzo di esordio, è anche quello più raffinato e affascinante.
Il filo conduttore di questo romanzo è il vero significato del male (“l’infinità di trucchi grazie ai quali il male si presenta come bene”).
Sempre in bilico tra lo straordinario e il realistico, i personaggi sembrano mossi da sentimenti genuini e spontanei, come il dovere, la pietas, la lealtà, e il sacrificio, ma in realtà la maggior parte di loro sono accecati dal loro stesso potere e denaro.
Pensiamo ad esempio a Henry, un ragazzo brillante e sofisticato, che a causa della sua prodigiosa intelligenza, trascinerà a fondo con sé tutti i suoi compagni. Eppure non riusciamo ad odiarlo. Sarà che tutti gli vogliono bene e si abbandonano a lui? O magari, noi lettori vogliamo salvarlo da un' esistenza monotona e scialba?
Francis, invece che sembra essere l'unico a non essere infettato dalla crudeltà, è pur sempre vincolato ad una vita infelice, accanto ad una persona che non riuscirà mai a guarire le ferite provocate dagli anni dell'università.
Camilla, l'unica ragazza a far parte di questo limitato gruppetto di studiosi della antichità, sembra amata da tutti per il suo comportamento misterioso e per la sua bellezza. Neanche lei riuscirà a salvarsi dal futuro che le spetta, e dimostrerà di essere priva di sentimenti autentici che non abbaino a che fare con la morte del suo amante Henry.
"Non c’è nulla di sbagliato nell’amore per la bellezza ma se non è sposata a qualcosa di più profondo è sempre superficiale”.
La scrittura è aulica, piena di descrizioni che rendono ancor più indimenticabili questi grandi personaggi della letteratura americana contemporanea.
Mi sento di consigliare questo libro a CHIUNQUE, a prescindere dai gusti personali, siccome questa opera nasconde al suo interno una varietà sorprendente di fatti raccontati con tanta perizia. Rimarrete per ore col fiato sospeso, e vi sentirete (nuovamente) studenti universitari intrepidi, che dovranno vedersela con il destino proprio e altrui.
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DOVERE, PIETA', LEALTA', SACRIFICIO
Dopo aver letto un sacco di recensioni positive su questo libro, non ho potuto non leggerlo ed eccomi qui a scrivere ciò che penso di questo libro.
Scrivere fantastico è veramente troppo riduttivo, un vero capolavoro per quanto mi riguarda, mi sono appassionata dal principio al modo di scrivere
di Donna (ma già ai tempi mi aveva colpito con il libro IL CARDELLINO) e subito dopo sono stata rapita dalla storia. Un libro che chiaramente mette in risalto la debolezza dell'uomo davanti alle crisi e alle avversità della vita. L'inizio della storia ci mette davanti ad un quesito, che comunque andrà avanti per tutta la durata del libro, ovvero quante scelte abbiamo fatto nella nostra vita, scelte che al momento ci sembravano le più giuste, per poi dover guardare indietro e domandarci se ciò che abbiamo fatto è stato un bene?......Abbiamo bisogno di continue conferme, di qualcuno che ci dia sempre un appoggio, che ci sappia consolare con semplici parole. Nella vita dei protagonisti ciò che li fa andare avanti è l'uso di alcol e droghe, le quali li allontanano per quel che possono dalla verità, dalla triste realtà, che però loro stessi creano, si brinda gridando VITA ETERNA.
La vita ci dà continuamente indizi, ci aiuta per poter capire al meglio ciò che ci circonda, ci dice di stare attenti. Ma non sempre siamo in grado di cogliere il suggerimento, la maggior parte delle volte si intuisce tutto quando ormai è troppo tardi..... I protagonisti si trovano a vivere in
un mondo quasi surreale, come in un film dalla trama troppo complessa, un film che però è visto solo per metà, senza poter così cogliere il tutto,come se mancassero i pezzi di puzzle e qualcosa sfugge alle loro menti.
Un altro quesito che ci si pone è :"Conosciamo davvero chi ci sta accanto? Di chi possiamo realmente fidarci?"
Nel libro è presente ogni tipo di sentimento e la morte la fa da padrone.
Quando muore qualcuno la gente si rattrista anche se non lo si conosceva e tutto si tramuta in una grande recita.
Un libro incalzante, per niente noioso, le pagine si leggono volentieri una dopo l'altra ed è facile prendere a cuore la vita di ogni protagonista.
Chi pensa che con i soldi può avere tutto, chi sprofonda nell'alcol per evadere dalla realtà, chi prende sonniferi per dormire la notte ed escludere dalla propria vita l'io malvagio, chi commette peccati impuri.... L'uomo non è perfetto........
"I MORTI CI APPAIONO IN SOGNO PERCHE' E' L'UNICO MODO IN CUI SI POSSO FAR VEDERE DA NOI. E CIO' CHE VEDIAMO E' SOLTANTO UNA PROIEZIONE,
TRASMESSA DA UNA GRANDE DISTANZA, LUCE CHE BRILLA DA UNA STELLA."
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Ogni dieci anni, un nuovo romanzo
Donna Tartt è una scrittrice che quando si mette a scrivere, lo fa sul serio, visto che per ogni romanzo gli occorre un decennio.
Non lascia niente al caso ed ogni suo pensiero diventa parola.
Il suo stile mi affascina, ma mi lascia anche perplessa; è veramente tutto necessario quello che scrive? Arrivati alla fine mi sono risposta che probabilmente se avesse tolto anche qualcosina, il risultato non sarebbe stato lo stesso.
"Dio di illusioni" è il titolo italiano, mentre quello originale è "The secret history"; per una volta preferisco il nostro, molto più accattivante e rappresentativo.
Il romanzo racconta le vicende che sono accadute in un college esclusivo americano, nel Vermont; di sei ragazzi, gli unici iscritti al corso di greco e di quello che le illusioni, il poco buonsenso e l'irrealtà della vita, possono trasformare qualcosa di "perfetto" in tragedia.
Donna Tartt gioca molto con l'equilibrio, e di come una scelta possa far pendere l'ago della bilancia dalla parte sbagliata.
Il protagonista è anche il narratore, che racconta la storia con descrizioni e dettagli davvero minuziosi, lasciando ben poco all'immaginazione e alla fantasia.
I personaggi sono descritti così bene da risultare quasi tangibili, reali.
Leggendo la biografia della scrittrice ho trovato che anche lei ha frequentato il college; ora la domanda mi sorge spontanea: "Le sue descrizioni sono dettate dall'esperienza personale o da altre cose?"
Perché me la sono posta? Semplice, perché per quasi 3/4 del romanzo, i personaggi o sono ubriachi, o sono sotto effetto di farmaci o altro...Non proprio una bella immagine dei college e dei loro frequentatori.
E' un romanzo che non si può definire né giallo, né thriller. Non si legge velocemente (oltre 600 pagine), non tanto per la quantità delle pagine, ma per lo stile dell'autrice.
Ti ritrovi a voltare pagina, non tanto perché non ne puoi fare a meno, ma perché devi continuare, è un'attrazione particolare.
Non crea dipendenza, ma mi sento di consigliarlo comunque.
Vi lascio con questa frase:
"In passato avevo amato quell'idea, che la nostra azione, cioè, fosse servita a unirci: non eravamo amici normali, bensì amici per la vita e la morte. Tale pensiero aveva rappresentato il mio solo conforto nel periodo successivo all'assassinio di Bunny: ora mi dava la nausea il sapere che non c'era via d'uscita. Ero legato a loro, a tutti loro, in modo definitivo."
Lo consiglio.
Buona lettura!
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Donna Tartt
DONNA TARTT
Questa donna è diventata nel 2014 una delle più famose scrittrici straniere in Italia, per la pubblicazione del suo “Il cardellino”, un romanzo veramente intrigante, oltre che scritto con grande maestria e grande controllo del mezzo espressivo… sia pure in traduzione italiana.
Eppure anche i romanzi precedenti, Dio di illusioni e Il piccolo amico, sono stati dei successi internazionali.
La caratteristica fondamentale di questa scrittrice sembra essere la sua lentezza: un libro ogni dieci anni, anziché, come spesso succede quando uno scrittore riesce a vendere più della media, uno ogni due-tre mesi o, almeno, uno all’anno. E’ una scrittrice riflessiva, che si documenta molto, che si perde spesso nella descrizione dei particolari, ma che non molla il lettore, lo tiene inchiodato alla vicenda narrata, lo affascina e lo avvince con le arti del giallista, senza averne le caratteristiche di essenzialità, ma anzi ampliando al massimo il numero dei personaggi, le digressioni narrative, le descrizioni, le citazioni colte. Sì, perché un’altra caratteristica è proprio l’ambientazione culturale dei romanzi. Il Cardellino è un quadro di un pittore fiammingo intorno al quale si snoda tutta la vicenda del romanzo; ma il richiamo all’arte e al culto del bello “antico” è un leit-motiv costante, che si contrappone alla triste e dura realtà della vita attuale, dove predominano il degrado fisico e spirituale.
Un altro aspetto particolare è che i protagonisti-narratori del primo e dell’ultimo romanzo (del secondo no) sono dei maschi. Quindi, abbiamo una scrittrice che si esprime attraverso un narratore dell’altro sesso, di cui sa interpretare efficacemente la psicologia. Insomma, leggendo i suoi romanzi non diresti che l’autore è una donna .. che poi proprio Donna si chiama!
Un motivo di fondo di tipo culturale si ritrova anche nel primo romanzo della Tartt, Dio di illusioni. Ma qui è la cultura classica e in particolare quella greco-antica ad ispirare il gruppo dei protagonisti, raccolti come una piccola élite intorno al professor Julian, un’illusoria divinità antica, che conduce i suoi allievi ad allontanarsi dalla vita reale, dalla piccola società del College, per provare sensazioni ed esperienze “antiche”. Il leader del gruppetto dei sei studenti di greco e latino è Henry, uno studente modello, che sa esprimersi correntemente nelle lingue morte e che condivide con il suo insegnante l’amore appassionato e straniante per la cultura classica. Un essere perfetto, un essere superiore, un superuomo quasi come il suo mentore, con cui, infatti, ha un rapporto di intima amicizia.
Eppure questo mondo rivela ben presto le sue crepe, i suoi lati oscuri, i suoi angosciosi e tragici risvolti. E la pur abietta realtà circostante – dove sembra che dominino alcool e stupefacenti vari – alla fine risulterà migliore del piccolo mondo dei giovani seguaci della classicità.
Ma, dopo averci tormentato con le angosciose vicende dei suoi personaggi per un numero elevatissimo di pagine (più seicento Dio di Illusioni, quasi novecento Il Cardellino), la scrittrice, nel primo romanzo, si preoccupa di riportarci nella normalità, di farci conoscere cos’è successo ad alcuni dei suoi personaggi (anche di quelli di cui non ce n’importa nulla) una volta diventati adulti, oppure (la nota inquietante) dopo la loro morte.