Diciannove minuti
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PRONTI O NO...IO ARRIVO.
La Sterling HIgh è una scuola come tante: croce e delizia degli studenti, palconscenico per i più sportivi, fighetti, benestanti e promettenti ragazzi, gabbia per i meno appariscenti, introversi, sfigati, giovani emarginati della società.
Peter ha diciasette anni, da sempre vittima del bullismo, dal primo giorno di scuola, dal primo piede messo sul bus che lo avrebbe portato in quella realtà così diversa da lui, così lontana dalla sua personalità, dal suo modo di essere, dal suo rapportarsi col mondo esterno.
Peter è un ragazzo gracilino, non è atletico per niente, è miope peggio di una talpa, è delicato, non si interessa alle ragazze, teme di essere gay per questo, è interessato ai videogiochi e ai computer... questo si che sono la sua passione! Davanti a un pc è tutta un'altra persona, è capace di qualsiasi cosa, crea videogiochi che forse un domani gli frutteranno un pacco di soldi, crea una realtà diversa, distorta, malata, falsa, sanguinaria: una realtà in cui gli sfigati finalmente vincono e si prendono tutte le rivincite di tutti i soprusi di cui sono stati vittime da sempre.
Il problema sorge solo quando la finzione viene trasposta nella realtà, quando una mattina di un normalissimo giorno di scuola, un ragazzo qualunque entra nella propria scuola armato finoa i denti e compie una strage, una vendetta, una vittoria che si traduce in sconfitta totale.
Questa è la storia narrata in maniera a dir poco impeccabile dalla Picoult, un libro lungo, corposo, che tiene il lettore sempre sulle spine, sempre in attesa del finale, un finale che sembra totalmente certo, evidente, ovvio, quasi banale, ma che alla fine sorprende... come sorprende a fine libro fermarsi a pensare a come abbiamo vissuto gli anni a scuola: eravamo popolari come le vittime di questo libro o vittime dei prepotenti? Secchioni o normali studenti che facevano mediamente il loro dovere? Abbiamo mai subito cattiverie, scherzi, battute? Ne siamo mai stati autori? I ricordi che torneranno alla mente vi sorprenderanno senz'altro...
Buona lettura!
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“Sono stati loro a cominciare”
Scopriamo che tutto è menzogna, i rapporti che pensiamo autentici falsati, dalla paura e dalla certezza che quel comportamento, quello scherzo malvagio, quella pubblica umiliazione prima o poi toccherà anche a te.
Non riesco a provare simpatia per nessuno in questo racconto.
Non la provo per i genitori disperati per i loro figli, ora che la sofferenza e il dolore si è voltato verso loro. E forse sono cinica e meschina pensando dov'erano quando i cattivi protagonisti erano i loro figli? Come possono essere stati così ciechi mentre i loro figli distribuivano odio e violenza gratuita?
Dovrei essere solidale con le loro lacrime, con la loro disperazione e accodarmi con loro dietro il corteo funebre, ma non riesco a provare nulla di tutto ciò; riesco a sentire questo sentimento solo per quei ragazzi e genitori che si sono trovati al posto sbagliato al momento sbagliato.
Non lo provo verso i professori, ciechi, che, così come spesso accade, hanno ripetutamente punito l’alunno più facile da punire, quello più debole e indifeso, quello più remissivo che non avrebbe dato problemi. Da un lato ciechi alle continue richieste di aiuto, dall’altro disinteressati a cercare di capire cosa stesse succedendo al povero Peter.
Non lo provo per Peter che ora non giudico più una vittima. Lo è stata sempre, non c’è dubbio, ma aveva sicuramente un’altra possibilità. Urlare, urlare con tutto il fiato i soprusi subiti, anche nella difficoltà, anche nella paura, nell’isolamento e nella disperazione urlare aiuto, sempre più forte.
E chissà che almeno la “cieca” ma buona madre avrebbe sentito.
Ma Peter non ha urlato. Forse perchè sapeva di non potersi fidare, gli è mancato l’elemento fondamentale a sostegno delle sue urla, la fiducia. Fiducia nella famiglia come porto sicuro in cui rifugiarsi, fiducia negli insegnanti insensibili e indifferenti alle sue difficoltà, fiducia negli altri genitori che avrebbero dovuto insegnare ai loro figli, spiegare, parlare, raccontare, in una parola etica civile e sociale.
I genitori con la loro presenza devono infondere quella sicurezza che nella vita ti servirà, ma se da un lato ci auguriamo di essere sempre accettati dagli altri, dall'altro dobbiamo sapere che non si può piacere a tutti. Ma questo Peter lo sa, e non lo pretende. In questo, Peter è sicuramente una vittima.
Ci basta questa giustificazione per assolverlo? E tutte le umiliazioni e soprusi subiti bastano a giustificare? No, non bastano.
Ascoltiamo che Peter era in uno stato di dissociazione mentale la mattina del 6 marzo, cioè era fisicamente presente, ma mentalmente lontano. Ciò si verifica quando si possono separare I propri sentimenti riguardo a un evento, dalla consapevolezza di quell'evento. E' come se la persona non sapesse cosa sta' facendo.
“Sono loro che hanno cominciato.”
Uccide 10 persone e ne ferisce altre 19. Questo è il dato di partenza. Da qui ci muoviamo indietro nel tempo a conoscere I ragazzi, le famiglie, le situazioni e I rapporti tra loro.
Il racconto è lunghissimo, davvero troppo. Assolutamente inaspettata la piega che prende.
Ti lascia grandi domande e poche risposte e soprattutto la certezza che la reiterazione degli errori può avere conseguenze inimmaginabili.
”Su un lato dell'atrio, davanti alla parete di vetro, c'erano dieci sedie. Erano le uniche ad avere lo schienale e a essere verniciate di bianco. Bisognava guardare da vicino per capire che, essendo fissate al pavimento, non potevano essere state trascinate lì dagli studenti e dimenticate. Non erano né allineate né collocate a distanza regolare l'una dall'altra. Non recavano né nomi né targhe, ma tutti sapevano perchè erano lì.”
Conosciamo davvero I nostri figli?
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VITTIMA o CARNEFICE. TU DA CHE PARTE STAI?
Dopo "Le case degli altri" e "La bambina di vetro", ho letto questo libro, scritto megistralmente da Jodi Picoult con uno stile fluido e scorrevole.
Se all'inizio la trama potrebbe far pendere l'ago della bilancia in maniera inequivocabile dalla parte della vittima, alla fine questo giudizio frettoloso non sarà tuttavia più così sbilanciato, perchè anche il carnefice avrà avuto le sue ragioni. Un tema troppo delicato e di attualità per essere liquidato in una recensione di poche righe. Ognuno potrà farsi la propria idea sull'argomento, a patto di non trincerarasi a priori dietro falsi stereotipi.
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Diciannove minuti per cambiare il tuo mondo
In diciannove minuti si può falciare il prato di casa, tingersi i capelli..oppure si può fermare il mondo…e ci si può vendicare.
E’ ormai il quarto libro che leggo della pluripremiata autrice, Jodi Picoult, e non vedo l’ora che arrivi in libreria l’ultimo ordinato per buttarmi a capofitto nella lettura.
Anche in questo romanzo tratta un argomento di estrema attualità: il bullismo.
Peter è un ragazzo di media intelligenza, con una grande passione per i computer e la realtà virtuale, frequenta il liceo e gioca a calcio nella squadra della scuola….ma Peter è anche, e soprattutto, una vittima del bullismo. Ogni giorno, dal primo viaggio in autobus diretto all’asilo, viene vessato e attaccato dai suoi compagni. Ogni giorno tenta di diventare invisibile, ogni giorno finge con i genitori che tutto vada bene, ogni giorno la sua rabbia aumenta e la sua paura anche.
Ogni giorno…finchè Peter non si presenta a scuola armato di pistole ed in diciannove minuti compie una strage.
Ma ormai l’autrice ci ha abituati ai colpi di scena..ed infatti…non tutto è come sembra…e la linea tra vittima e carnefice diventa pagina dopo pagina più sottile.
Scrittura scorrevole ed accurata, stile sublime.
La Sig.ra Picoult entra nella mente dei personaggi e dei lettori legandoli imprescindibilmente fino all’ultimo capitolo.
Consigliatissimo.
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UNA STORIA DI ORDINARIA FOLLIA
Questo libro affronta una tematica molto diffusa negli Stati Uniti, che è quella delle stragi a seguito dell'uso di armi da fuoco.
Il protagonista, come spesso accade nella realtà, è un adolescente che subisce le vessazioni dei compagni di scuola e decide così di vendicarsi, sparando ad alcuni di loro all'interno della scuola.
Per cui la storia poi passa attraverso i racconti di altri importanti personaggi, come l'amica, la madre di quest'ultima, nonchè il giudice e la madre nel colpevole. Con la quale è impossibile non schierarsi e per la quale è impossibile non provare pena, perchè catapultata in questa gogna mediatica contro il figlio ma ancor peggio a dover affrontare il quesito più duro: sono stata davvero una cattiva madre, per questo mio figlio ha fatto tutto ciò?
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Branco di lupi
Questo romanzo, che potrebbe tranquillamente essere lo specchio di più di una storia vera, ci fa conoscere un ragazzo adolescente, tenero e indifeso, che si sente emarginato dal gruppo, compie una follia, lunga 19 minuti e di colpo è lui a fermare il mondo per tante famiglie, compresa la sua. Ci sono tanti sentimenti in queste pagine, divise a capitoli che sono dei salti nel tempo, prima e dopo il fatidico giorno del 6 marzo 2007. C'è tanta sofferenza, profonda al punto di rifugiarsi dentro se stessi per non sentirla. C'è tanto dolore, quello che ti taglia in due. Bello lo stile. Belli i diversi punti di vista. Forse eccessivamente lunga la parte dedicata al processo. Splendida la descrizione della sensazione di vivere al rallentatore alcuni particolari momenti.
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Siete disposti ad ascoltare?
Peter Houghton, un ragazzo di 17 anni da sempre vittima di bullismo, un giorno si reca a scuola con lo zaino pieno di armi ed uccide 10 compagni, ferendone in modo grave altri 19.
Jodi Picoult inizia da qui e poi ci racconta la storia di Peter, dall'asilo al giorno della tragedia, guidandoci su un tortuoso cammino fatto di speranze deluse, umiliazioni, solitudine, sofferenza, spargendo compassione a piene mani. La domanda che mi sono posto ad un certo punto è stata: sono disposto ad ascoltare tutto questo? Me ne frega qualcosa o chi ha commesso un'atto del genere non ha nessuna attenuante ed è solo un mostro?.
Non ci vengono raccontate solo le vite distrutte delle vittime, ma e' brava la Picoult a spogliare il mostro per farci vedere di nuovo il bambino, il ragazzo Peter, a farci entrare nel dramma dei suoi genitori , disperati che cercano di capire dove hanno sbagliato , ponendosi domande per le quali non esiste risposta, straziante in particolare la figura della madre :"Tutti avrebbero ricordato Peter per quei 19 minuti della sua vita, ma gli altri nove milioni? Sarebbe stata Lacy la sua custode...se li sarebbe portati indosso, come perle preziose, ogni giorno della sua vita;perchè se li perdeva, il ragazzo che aveva amato, cresciuto e conosciuto se ne sarebbe andato davvero".
Peter allora è una vittima ? Anche, ma non l'unica, nelle vicende di bullismo esistono altre vittime silenzionse, tutti quei ragazzi che non hanno il coraggio di uscire dal personaggio che gli altri gli hanno cucito addosso; perchè essere se stessi vorrebbe dire perdere popolarità e diventare forse un perdente.
Mentre mi chiedevo se la Picoult non fosse un pò troppo "comprensiva" con quello che in fondo era diventato un pluriomicida per il quale non riuscivo a provare particolare compassione o empatia, mi ha lasciato "di sasso" con un colpo di scena finale che sposta un pò i termini della questione e apre a parecchie ulteriori riflessioni sul difficile mondo degli adolescenti, sulle loro difficoltà di raffrontarsi tra di loro e con la propria famiglia, "...come se la risposta fosse un tatuaggio visibile invece di una cicatrice sul cuore"...
Come al solito brava, trasuda umanità e compassione da ogni riga.
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Storia molto attuale
Storia molto attuale, "Diciannove minuti" è un libro duro e tenero al tempo stesso, in cui si racconta come una vita di prepotenze e delusioni abbia portato un giovane ragazzo ad entrare a scuola e fare una strage fra i compagni... La vicenda è narrata da diversi protagonisti e in diversi spazi temporali, si passa dall'infanzia dell'accusato ai mesi successivi alla tragedia, il tutto provando sia empatia sia rabbia tanto per il colpevole, quanto per i suoi "aguzzini"... consigliato
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Consigliato
Libro interessante per contenuto quanto mai attuale. Sono un'insegnante e mi ha dato la spinta ad essere più attenta a fenomeni non denunciati di bullismo sistematico.
Scritto in stile accattivante e mai morboso (un campo dove sarebbe stato facilissimo esserlo).
Interessante anche il rapporto a volte distratto, a volte scontato tra genitori e figli.
Sapiente coinvolgimento negli stati d'animo di tutti i personaggi del libro.
Lo consiglio a tutti a prescindere. Particolarmente a studenti (delle scuole superiori almeno), ad insegnanti, a genitori.