Cuore depravato
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Recensione della Redazione QLibri
24 ore per morire
AVVISO: è presente una anticipazione sul finale, che non svela nulla, ma c'è. Eventualmente non leggete le ultime 5 righe.
Sono lontani i tempi della Cornwell in cui i casi appassionavano, raccontavano una storia, raccontavano le vite delle vittime e le vite del carnefici.
Sono lontani i tempi in cui Kay Scarpetta cercava di ridare un volto, una storia, un'anima a dei corpi freddi, mutilati o di cui era stato fatto scempio.
Sono lontane le corse conto il tempo per acciuffare assassini e serial killer che hanno una storia, che hanno forse dei motivi, per quanti beceri, per fare quello che fanno.
Oggi Kay Scarpetta, sopravvissuta ad un tentativo di omicidio da parte della serial killer pazza psicopatica, sadica quale è Carrie Grethen, una sorta di fantasma riemerso dal passato visto che la si credeva morta da anni...è alle prese con una sorta di “24 ore per morire”.
Partiamo dal presupposto che questa pericolosissima serial killer è ancora viva: lo sa Kay, lo sa il suo amico e collega di lunga data Marino, lo sa l'FBI, lo sa la CIA, lo sa la nipote di Kay, Lucy Farinelli (che è stata sua compagna)...lo sa tutto il mondo, ma questa è libera di scorrazzare per il mondo a sua discrezione: ruba identità, si intromette in qualsiasi data base, server, posta elettronica che sia dell' FBI o della difesa. Rapisce e ammazza poliziotti, agenti e persone comuni come se rubasse caramelle, senza lasciare traccia e in modo assurdo, senza fare un solo rumore, le vittime si dissolvono nell'aria cose fumo.
E ovviamente nessuno fa nulla.
In queste 24 ore di racconto (sì 400 pagine per 24 ore) “Carrie la pazza” (forse un riferimento a King?) prende di mira direttamente la nostra Kay, per prendere di mira indirettamente la nipote Lucy...ma anche qui non è ben chiaro se ce l'abbia con una o con tutte e due.
La base di partenza è sempre un omicidio efferato che porta poi a tutta una serie di ragionamenti e alla “corsa contro il tempo” finale. Comunque inutile.
Dunque: la trama è inverosimile, irreale. I personaggi sono ormai delle caricature di se stessi.
Lucy Farinelli è una donna ex agente FBI, ex tutto, che vive blindata e armata fino ai denti con compagna e figlio adottivo, sembra un rambo in gonnella, capace di guidare aerei, elicotteri, barche, qualsiasi tipo di mezzo a motore, e ovviamente sfondata di soldi.
Kay Scarpetta è il capro espiatorio di tutta l'intelligence statunitense, integerrima, fredda, meticolosa, che in situazioni estreme sta 3 capitoli a fare analisi assurde.
Benton Wesley, marito di Kay e capoccia dell'FBI è una specie di monaco buddista che nulla e nessuno riesce a smuovere, nemmeno se in pericolo c'è la sua famiglia.
Pete Marino è l'unico che è ancora uguale a se stesso, per fortuna.
Carrie la pazza invece c'è e non c'è. Aleggia su tutta la storia ma non compare praticamente mai, se non in video registrati 15 anni prima.
Sarebbe stato molto più interessante offrire un'analisi della mente di questo soggetto, perché lo fa, cosa la spinge, vedere il suo “punto di vista”, avrebbe arricchito molto la storia.
Invece no, l'eroina senza macchia e senza paura è Kay Scarpetta. Sempre.
Il finale è frettoloso, richiama un po' la conclusione de “Il silenzio degli innocenti” con la caccia al serial killer di Clarice Starling negli interrati della casa del mostro, attraverso stanze e cantine segrete, solo che qui è come dicevo frettoloso (forse 2 paginette) anche se molto simile (cantine e stanze segrete di una casa antica, al buio, con una vittima ancora in bilico tra la vita e la morte).
La caccia non porta alla cattura della preda, banale espediente per iniziare il prossimo romanzo della nostra Cornwell. Si era già capito a pagina 50 che non si sarebbe arrivati a nulla.
Lo stile è anche abbastanza accattivante e la storia sembrerebbe avvincente, se portasse ad una conclusione.
Insomma: mediocre.
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Recensione Utenti
Opinioni inserite: 2
Perplessità di una vita paranoica
Questo progressiva inversione di marcia di Patricia Cornwell, sul personaggio Kay Scarpetta, non riesce a trasportarmi come prima. Scarpetta è passata dall'essere una coroner investigativa ad una paranoica che va contro quell'immagine di donna razionale che apprezzavo tanto.
Tutto il romanzo è pervaso da incertezza. Scarpetta preferisce mantenere ogni segreto, forse per un desiderio perverso di saper tutto lei. Per tutto il libro gran parte dei dialoghi sono rappresentati dalle sue conversazioni interiori che nulla aggiungono alla trama se non confusione. Benton e Lucy sono altrettanto silenziosi e riservati.
Mi appare strano che l'autrice debba utilizzare questi escamotage dipanando la trama di una interminabile tessitura per imbastire un'atmosfera intrigante che a parer mio risulta solo intrisa di vaghezza.
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L'ombra di una diabolica assassina
La narrazione si svolge su due fronti: in una lussuosa villa dove la figlia di una famosa produttrice hollywoodiana viene massacrata simulando un suicidio e nella tenuta superblindata di Lucy Farinelli, nipote di Kay Scarpetta, perquisita in ogni angolo da forze speciali dell’ FBI. Sulle due vicende apparentemente non collegate, aleggia l’ombra di una ben nota serial killer, Carrie Grethen, nemica acerrima di Kay e data più volte per morta. La diabolica e depravata Carrie agisce subdolamente, falsando le indagini e manovrando occultamente per colpevolizzare di delitti vari Lucy, la sua compagna Janet e di riflesso la zia Kay. Tutta la vicenda la si ricostruisce con una certa difficoltà non tanto attraverso un susseguirsi di fatti, quanto deducendola da interminabili riflessioni, soliloqui, dialoghi della patologa forense Kay Scarpetta con i soliti collaboratori, cioè il detective Marino, il marito Benton, la nipote Kay e pochi altri investigatori. La tensione narrativa è data da suggestioni, timori più o meno fondati, sbattere misterioso di porte, manomissione di autovetture, e soprattutto dall’angoscia e dai tremori di una Kay che sta invecchiando e che continua a percepire nell’inafferrabile Carrie un pericolo mortale. Solo alla fine si materializza un colpo di scena che spiega tanti misteri ma che non risolve definitivamente l’indagine. Il thriller non è di facile lettura, si affastellano infatti nei dialoghi tra i protagonisti elementi a volte contradditori che complicano l’iter narrativo e disorientano il lettore.
La Cornwell attraversa, e non da adesso, una fase involutiva, i suoi consueti protagonisti appaiono un po’ stanchi, la routine consueta non è forse più percorribile : occorrono nuovi stimoli, nuove invenzioni che inducano la protagonista Kay ad azioni più serrate, con qualche emozione in più. Da segnalare (con cartellino rosso) nella traduzione dall’inglese un super-superlativo sinora usato solo da comici d’avanspettacolo: “fortissimissimo”, a proposito di pioggia intensa e battente: l’effetto è singolare e stridente, non compatibile con un thriller di un certo livello. A parte questo svarione (non imputabile ovviamente alla Cornwell), l’autrice scrive sempre in modo impeccabile e credibile, tanto da immedesimarsi nelle angosce della protagonista, quasi fossero anche le sue. Da leggere, con pazienza e attenzione.