Chourmo Chourmo

Chourmo

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Chourmo è il secondo noir che appartiene alla celebre Trilogia di Marsiglia. Il commissario Fabio Montale ha lasciato la polizia, di cui non ha mai condiviso la politica repressiva nei confronti dei giovani immigrati e tantomeno le collusioni di alcuni colleghi con mafiosi e appartenenti al Front National di Le Pen. Quando il figlio sedicenne di una sua cugina viene trovato morto, dopo essere stato cacciato di casa dal patrigno a causa di un flirt con una coetanea araba, Montale deve indagare da solo tra gli interessi malavitosi sul porto di Marsiglia, le violenze razziste del Front National e i gruppi fondamentalisti islamici che fanno proseliti tra i giovani disperati dei casermoni di periferia.



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Chourmo 2016-02-25 18:23:10 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    25 Febbraio, 2016
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Chourmo Montale, Chourmo!

“Chourmo, in provenzale, significa la ciurma, i rematori della galera. A Marsiglia, le galere, le conoscevamo bene. Per finirci dentro non c’era bisogno, come due secoli fa, di aver ucciso il padre o la madre. No, oggi bastava essere giovane, immigrato o non. [..] Esisteva uno spirito chourmo. Non eri di un quartiere o di una cité. Eri chourmo. Nella stessa galera, a remare! Per uscirne fuori. Insieme”.

Jean-Claude Izzo, Marsiglia 1945 – Marsiglia 2000, è stato un poeta, giornalista, scrittore, drammaturgo e regista francese. Tra le sue opere più note è possibile citare “Il sole dei morenti”, “Marinai perduti”, la raccolta di racconti “Vivere stanca”, la collezione di scritti inediti “Aglio, menta e basilico” nonché la trilogia noir costituita da Casino Totale, Chourmo e Solea.
Secondo capitolo di questa, l’elaborato si apre con una Marsiglia ancora più oscura e segreta rispetto a quella che l’immaginazione offre al viaggiatore, una città dove l’integrazione è sempre più complessa e dove la criminalità è all’ordine del giorno. Il confine tra lecito e illecito è labile così come facile è perdersi nella via della dissoluzione. Fabio Montale non è più un poliziotto e mai si sarebbe aspettato, dopo le sue dimissioni, di dover tornare a rivestire quel ruolo, seppur non in veste ufficiale. Ma si sa, è un uomo fatto di carne e sentimenti, e non poteva certo resistere alla richiesta di aiuto della cugina Gélou, oggetto del desiderio giovanile. La donna è preoccupata per il figlio Guitou, adolescente fuggito di casa per raggiungere Naima, araba, e primo amore. Eppure qualcosa va storto e le sorti del giovane non sono delle più felici. Al nostro ex uomo di legge non resta altro che indagare e dissotterrare tutti quegli altarini e quei misteri che si intrecciano, sovrappongono ed affiancano alla vicenda principale.
Come già avevamo potuto riscontrare in “Casino Totale”, molteplici sono le tematiche che l’autore è solito trattare. Nell’opera in esame, in particolare, abbiamo modo di toccare con mano il razzismo, i primi rudimenti del fanatismo arabo nonché una prima spiegazione del suo perché, una polizia doppiogiochista, una ben radicata mafia di origine italiana, usura, droga, gioventù bruciata e allo sbaraglio in quella che è una società privata di valori e rifornita di pregiudizi e paure dedite ad alimentare l’odio, la paranoia, la discriminazione, la voglia di riscatto, l’amore perduto, il potere dell’immancabile femme fatale; il tutto corroborato da quel sottile ma perenne senso di malinconia che rende gli scritti del francese così magnetici e riflessivi.
L’autore, come proprio di molti appartenenti del genere noir, predilige l’ambientazione, l’atmosfera. Questo può portare a provare la sensazione di uno scarso approfondimento su alcuni passaggi tanto che il lettore finisce con il rileggerli nutrendo l’impressione di aver perso quel fatidico tassello risolutore delle vicende. In realtà tutto ciò è l’elemento caratterizzante del testo che vuol trasmettere e consolidare in chi legge l’idea di un Fabio sconfitto dalla vita, svuotato ed ormai concentrato sulle piccole cose, sui piaceri basilari e per questo spesso sottovalutati. Come se Jean volesse invitarci a guardarci attorno prima di dire che non abbiamo niente, perché talvolta in un semplice piatto di pasta, o nel mero gesto di una persona cara vi è tutto quel che desideriamo e di cui in realtà necessitiamo.
Contrastanti con il genere di appartenenza sono le riflessioni che Montale ripercorre pagina dopo pagina, sugli amori del passato, sulle amicizie ormai perdute, sulle scelte e non scelte che il cammino della vita lo ha portato ad intraprendere, eppure risultano significative per il proseguo delle vicende.
In conclusione, “Chourmo” è un libro che sa appassionare, che si fa conoscere pagina dopo pagina con un ritmo intercalare, lento e rapido, rapido e lento, un romanzo che contiene tanto e con un buon potenziale seppur non propriamente completamente sviluppato.

“L’esistenza è fatta così, di incroci. Scegli se andare a sinistra o a destra e ti ritrovi su una strada diversa da quella che avevi sperato di imboccare. Non era la prima volta che mi ritrovavo in una situazione del genere. A volte, avevo la sensazione di prendere sempre la direzione sbagliata. Ma quell’altra, sarebbe stata migliore? Diversa? Ne dubitavo. Ma non potevo esserne sicuro. [..] E’ così, e così andiamo avanti. Alla cieca. La scelta è sollo un’illusione. L’inganno che la vita ti offre per rendere la pillola meno amara. Non è lo scegliere che determina le cose, ma la nostra disponibilità verso gli altri”.

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Chourmo 2015-05-24 08:10:26 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    24 Mag, 2015
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Chourmo

In una Marsiglia di straziante (un po’ troppo, direi) bellezza, Fabio Montale si gode la vita da ex poliziotto tra uscite in mare, utili più ad allontanare la quotidianità che per pescare, e lunghe soste nei bar del porto. Da questo tran-tran fatto fondamentalmente di solitudine - a parte qualche vecchia conoscenza fra le quali una Honorine che è un’Adelina di Montalbano meno acida - lo strappa la cugina che gli chiede di rintracciare il figlio adolescente scomparso dopo una fuga in città (ma il lettore sa già dove è andato a finire). Da qui prende le mosse un’indagine ondivaga che dai dissapori familiari si allarga alle tensioni razziali con gli arabi, alla polizia doppiogiochista e agli intrallazzi mafiosi in materia di cemento per un insieme che sfiora (o appena intreccia) una sordida storia di droga unita a dipendenza fisica e psicologica (per non parlare dell’immancabile femme fatale). Insomma, tantissima carne al fuoco per poco più di duecento pagine ed è così inevitabile che alcuni passaggi siano poco approfonditi, con il risultato che non tutto risulta chiarissimo: caratteristica peraltro condivisa con tantissimi altri romanzi noir nei quali conta di più l’atmosfera rispetto alla precisione della trama. E qui l’atmosfera è impregnata di una profonda malinconia nella quale sta affondato il protagonista, uomo in fondo sconfitto dalla vita che ormai prova piacere solo nelle piccole cose (compreso il mangiare e, soprattutto, il bere in quantità imbarazzanti): anche i suoi scoppi di rabbia hanno durata limitata come se, passato l’attimo di furia, pure la vendetta gli si presentasse come un atto senza senso. Una tale tristezza è causa di soventi accenti lirici, specie quando Montale si lascia andare a riflessioni su se stesso e sulla propria esistenza, tra rimpianti per il passato e dubbi sul futuro, causando un inturgidimento del modo di raccontare che lascia il segno anche perché in contrasto con la temperatura di norma ‘fredda’ del genere, ma al quale lo scrittore fa ricorso qualche volta di troppo: difetto che si affianca all’eccessivo peso dato alla questione franco-algerina che già dominava il precedente ‘Caos totale’ – nella quale riecheggiano le difficoltà di integrazione infantili di Fabio (e di Izzo?) al fianco del padre napoletano – e il cui peso risulta a tratti pretestuoso nell’economia complessiva. Così, pure questo secondo capitolo delle avventure di Montale finisce per restare a metà del guado: è un bel libro che sa appassionare e farsi leggere con avidità per scoprire quel che accadrà, ma gli manca qualcosa (o forse contiene troppo) per poter dispiegare del tutto le sue potenzialità che brillano invece in molti momenti disseminati qua e là, fra i quali merita una menzione speciale tutta l’appassionante sequenza conclusiva che, al termine di un lungo inseguimento in macchina, conduce alla punizione dei cattivi.

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Chourmo 2012-02-21 14:45:32 lella gritti
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Febbraio, 2012
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La società multietnica di Marsiglia

In questo secondo libro, della trilogia di Izzo su Marsiglia e il poliziotto Fabio Montale, la descrizione della città e della sua vita si accentra sui contrasti razziali. Le immagini della città sono - come nel primo libro "Casino totale" - sempre splendide e vivide. Ma qui si va ad approfondire il rapporto tra i francesi e gli immigrati di seconda o terza generazione, con sullo sfondo i maneggi della malavita marsigliese (il milieu) e dell'estrema destra di Le Pen.
Lo spunto che da il via alla storia è l'uccisione di un sedicenne, Guitou, cuginetto del protagonista Montale. Da qui l'autore ci conduce per le strade di Marsiglia, fra i suoi colori e odori, fra le sue bellezze e le sue piaghe putrescenti della criminalità.
E' un libro che induce ad una profonda riflessione sulla integrazione (ma anche disgregazione) della società multietnica dei nostri tempi.
Anche questo un libro molto duro, consigliato agli appassionati del genere.

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