Cecile è morta
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Il senso di colpa di Maigret
Povera Cécile, 28 anni, bruttina, con l’aspetto già di vecchia zitella, una vita scialba a far da domestica all’anziana zia che, benché ricca, non la pagava nemmeno. Aveva preso l’abitudine di andare ogni mattina al Quai des Orfèvres, dove attendeva di avere udienza da Maigret per certi rumori che avvertiva nella notte nell’appartamento dove viveva con la zia. A onor del vero il commissario aveva fatto fare degli appostamenti per alcuni giorni, ma questi non avevano avuto esito. Anche in quel giorno di foschia lattiginosa si era presentata in sala d’attesa; Maigret intendeva darle udienza, ma preso da una difficile indagine sulla banda dei polacchi si era liberato solo alle 11, quando lei già se n’era andata, lasciando però un bigliettino, con cui implorava di essere ricevuta perché nella notte era accaduta una terribile tragedia. Era inusuale per lei, anche andarsene senza aver avuto udienza, e a Maigret all’improvviso era venuto il terribile sospetto che quella donna, che i colleghi, motteggiando, dicevano essere la sua fidanzata, fosse in pericolo. E lo era, perché il suo cadavere verrà poi ritrovato in uno sgabuzzino dell’adiacente e comunicante palazzo di giustizia. Questi eventi sono il punto di partenza di un poliziesco intricato, dalla soluzione non del tutto convincente che il commissario riuscirà a dare al caso. Quindi, dal punto di vista della trama relativa alle indagini, questo romanzo di Simenon non è dei migliori; si fa apprezzare, invece, per quel senso di colpa che pervade Maigret, il cui desiderio di giustizia qui si fa personale, quasi che trovare il colpevole possa sanare una ferita nell’animo, quel rimorso per non essere intervenuto in tempo. Una volta tanto, più che l’analisi psicologica dei personaggi, è interessante quella di quest’uomo dall’apparenza burbera che si sente ferito anche nel suo orgoglio. Questa personalizzazione dell’indagine si riflette anche in una minore lucidità, tanto che la soluzione, a mio avviso, non è del tutto convincente. Un’ipotesi si sussegue all’altra, ma non si va da nessuna parte, poi, all’improvviso, un passo falso del colpevole, che fino a quel momento non era nemmeno sospettato, metterà il commissario sulla strada giusta, squarciando la confusione che ha in testa e facendo scoprire altri delitti.
Da leggere, comunque.
Indicazioni utili
GIALLO RETRo'
Scritto nel 1941 l’ambientazione in una umida , piovosa, cupa Parigi.
Un giallo classico, i suoi anni li porta addosso, ma con piacevole classe.
Il tono pacato, educato e riflessivo.
Bella la trama, ti accompagna dall’inizio fin quasi alla fine lasciando aperte piu’ strade.
Non manca di siparietti spiritosi a volte, come le onoranze funebri oberate di lavoro che ricorrono ad un cavallo non addestrato per il traino del carro funebre ed il corteo costretto a procedere al trotto !
E' gradevole seguire Maigret nella pioggia parigina, un cappello in testa, la pipa stretta tra le labbra, le spalle larghe coperte da un cappotto di lana col bavero alzato.
Qualcosa non torna, lui riflette. Ricostruisce, si immedesima.
Camminiamo con lui la mattina presto, il tragitto da casa all’ufficio di Polizia giudiziaria ed entriamo in un piccolo bistrot, il profumo del caffe’ e dei croissant appena sfornati, una punta di rum.
Perfetto. E poi Cècile.
Seduta su una sedia di velluto verde in sala d’attesa alla centrale di Polizia, ogni mattina, cerca il commissario Maigret. LO aspetta per ore e ore, vuole parlare solo con lui.
Cècile, 28 anni , vestita di nero, sembra vecchia Cècile con le mani in grembo, appoggiate su una grossa borsa, un ridicolo cappellino verde di traverso , capelli raccolti in uno chignon troppo stretto.
Cècile, che in Centrale tutti osservano e prendono in giro, sara’ mica innamorata di Maigret ?
Che aspetti Cècile, c'e' sempre molto da fare per il commissario.
Alle cinque del pomeriggio Maigret lo viene a sapere.
Cècile e’ morta.