Casino totale
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“Marsiglia appartiene a chi ci vive”
Marcio insanabile ovunque (in cui dimenarsi);
Nostalgici ricordi (carcerieri del presente);
Fiumi di alcol (con cui annebbiare i sensi, annegare il rancore);
Dedali di strade (in cui perdersi);
Casino totale (in cui infrangersi);
Profumi, silhouette, occhi femminili (in cui ritrovarsi e provare a ricomporre i pezzi).
Jean-Claude Izzo dipinge Marsiglia in noir, cogliendo egregiamente i contrasti dell’integrazione multietnica dentro i sobborghi metropolitani delle “cités”, inferno degli strati sociali più disagiati, empireo della malavita, romantico luogo di visioni e sogni per i poeti bohémien.
I personaggi sono intensamente organici a questo contesto, raccontati soprattutto attraverso le parole di Fabio Montale, il vero protagonista, con la sua tormentata prospettiva sulla realtà, poliziotto con un passato intrecciato con quello delle vite difficili delle cités.
- “Eravamo diventati uomini. Disillusi e cinici. Un po’ amari anche. Non avevamo niente. Neanche il diploma. Nessun futuro. Solo la vita. Ma la vita senza futuro era meno di niente.” -
Punti come proiettili, disseminati a dettare un ritmo sincopato alla narrazione, vibrante di dinamismo, poco incline alla digressione, seppur carica di riverberi di memorie che si insinuano nell’azione come brevi strappi di flusso di coscienza. D’altro canto i capitoli sono ben cesellati (ciascuno fornito di un titolo) e, accompagnati da un cosciente utilizzo di pause grafiche a delineare aperture e chiusure di scene differenti, garantiscono una lettura scorrevole ed ordinata, ben predisposta ad eventuali interruzioni e riprese.
Mai volgare, mai cruento, mai noioso né banale, “Casino totale” è un libro che si fa apprezzare per la vividezza delle atmosfere ancor prima che per la suspense suscitata dallo svolgersi della trama.
Non è difficile carpire fra le righe una dichiarazione d’amore incondizionato dell’autore per la sua città, abbracciata con viva emozione in tutta la sua essenza, scevra da fittizie sublimazioni.
“Marsiglia appartiene a chi ci vive”...
…eppure volendo, anche chi legge e ne vagheggia fra queste pagine, se ne può portar via un pezzetto e, come un Salgari con le sue Indie, farla un po’ propria senza mai averne calcato le sponde.
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Total Khéops
“Questa era la storia di Marsiglia. La sua eternità. Un’utopia. L’unica utopia del mondo. Un luogo dove chiunque, di qualsiasi colore, poteva scendere da una barca o da un treno, con la valigia in mano, senza un soldo in tasca, e mescolarsi al flusso degli altri. Una città dove, appena posato il piede a terra, quella persona poteva dire: “Ci sono. È casa mia”. Marsiglia appartiene a chi ci vive”.
Izzo ambienta la storia nella sua Marsiglia, una città di porto che come tale non ospita solo i marsigliesi, ma anche una gran quantità d’immigrati. Se all’inizio la compresenza di queste varietà era un valore aggiunto per la città, ultimamente la situazione non è più tale:
“I francesi, il pane fresco, se l’erano mangiato tutto negli anni Settanta. E il pane secco volevano mangiarselo da soli. Non volevano che gliene venisse rubata neppure una briciola. Gli arabi, ecco cosa facevano, rubavano la miseria dai nostri piatti”.
Fra gli immigrati troviamo Ugo, Manu e Fabio, tutti innamorati della stessa donna, Lole. Dopo una grande amicizia, ognuno segue la propria strada, chi all’interno della delinquenza e chi come Fabio Montale nella giustizia, diventando poliziotto. Ma ora del trio è rimasto solo Fabio, e due cadaveri a cui rendere onore.
Quello che l’agente Montale ancora non sa, è il totale casino in cui si troverà a navigare perché sia fra i buoni sia fra i cattivi..non è ben visto.
Izzo inizia la sua trilogia con un libro malinconico, spietato ma non crudo. Si sente l’amore per la sua città, così ricca e così povera. Una città il cui fascino è proprio legato alla sua incongruenza. Se il contenuto non è certo di altissimo livello, molto buono invece è lo stile che pur presentandosi poco accattivante, porta comunque il lettore a non abbandonare la lettura. Buono il primo, a breve gli altri.
Buona lettura!
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Menta e basilico
Marsiglia. Porta d’Oriente. Città di marinai, prostitute e malavita. Città di immigrati, gente di ogni colore arrivata senza un soldo sognando un futuro di civiltà e benessere per i propri figli. Città di contraddizioni. Da un lato i rumori e i colori del mediterraneo: la risacca del mare, il profumo di menta e basilico, il gusto fresco del pastis sorseggiato al tramonto. Dall’altro l’oriente: aromi pungenti e speziati, piatti di datteri e fichi secchi, suoni di lingue sconosciute.
Manu, Ugo e Fabio sono figli dell’immigrazione, cresciuti sulla strada con l’unica prospettiva di una vita di miseria e delinquenza. Negli anni, hanno visto le speranze svanire negli occhi dei vecchi e la rabbia ribollire in quelli dei giovani. Hanno incassato i colpi della vita e cercato una propria strada. Manu ha riversato nel crimine il suo odio per l’ingiustizia del mondo. Ugo è scappato, correndo dietro alla sua anima inquieta. Fabio è diventato un poliziotto che non riesce a credere nella giustizia e non si è concesso alcuna possibilità di redenzione. Manu e Ugo sono morti, assassinati in circostanze misteriose. Rimane Fabio a fare i conti con un debito di amicizia che lo porterà ad indagare in cerca della verità finendo così per immergersi nelle pieghe più oscure e squallide della città, dove la malvagità umana sembra avere il sopravvento su ogni cosa. Da un lato la disoccupazione, la desolazione e la violenza rabbiosa degli emarginati. Dall’altro la paura e l’intolleranza razziale. Su tutto la mafia e il potere, a cibarsi di questo dolore.
La scrittura di Izzo è affilata, con i suoi periodi corti e taglienti fende l’animo di chi legge, evoca atmosfere, odori e colori intrisi di un senso di perpetua malinconia, infonde emozioni contrastanti e disparate. L’intreccio noir che si snoda nei meccanismi della malavita marsigliese risulta a tratti ingarbugliato: tanti personaggi, tanti nomi, tanti luoghi. Ma poco importa perché la sensazione, leggendo queste pagine, è che in fondo l’indagine non sia l’elemento principale della narrazione. Protagonista è Marsiglia con il suo spaccato sociale, tratteggiato con sguardo lucido e profondo, attualissimo ancor oggi, a vent’anni di distanza. Protagonista è il male di vivere, la disillusione di chi deve fare i conti con i sogni ormai dimenticati della gioventù per ricercare il proprio futuro, la malinconia di un uomo che cerca il senso della vita nella semplicità delle piccole cose. Un uomo che non crede più a niente, ma intanto annaffia con cura menta e basilico.
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Fabio Montale.
Marsiglia. Il quarantacinquenne Fabio Montale è un poliziotto disincantato, disilluso, tormentato, con un passato alle spalle che non riesce a scrollarsi di dosso. La sua gioventù di ragazzo allo sbando, indissolubilmente legato ai due amici di sempre, Ugo e Manu, e il reciproco loro amore verso quell’unica donna, Lole, scandiscono le pagine della vita di questo eclettico uomo.
Ugo, dopo anni di lontananza, è tornato in quei borghi di avventure e crescita per svolgere quell’ingrato compito: vendicare Manu, morto tre mesi prima del suo arrivo. Sa che non ha scampo, che dal momento in cui avrà premuto il suo indice sul grilletto, non potrà più tornare indietro, la sua stessa esistenza giungerà al termine. Seppur le loro strade si siano divise, toccherà dunque a Fabio far luce sulle morti dei suoi fratelli non di sangue e su Leila, la giovane araba per la quale prova forti sentimenti e uno sconosciuto senso di responsabilità che per tutto il tempo del loro frequentarsi lo spinge immancabilmente a fare un passo indietro, per proteggerla, per non ferirla, per non distruggerla e farla scappare così come è avvenuto con Rosa e tutte le altre donne che ha amato.
Tanti i tasselli di questa indagine di omicidi apparentemente scollegati, di fatto indissolubilmente connessi in un clima in cui presente e passato si susseguono, si intersecano, si riscoprono. Montale è un personaggio solitario, di poche parole, intuitivo seppur sottovaluto nell’ambito lavorativo, scontroso, incapace di gestire i sentimenti e di vivere nel presente, un uomo le cui passioni non sono altro che le escursioni in barca, la pesca, la buona musica, i giusti alcolici, le donne.
Accompagnato da un perenne senso di malinconia, il romanzo scorre piacevolmente tra le mani del lettore che se lo gusta pian piano, un poco alla volta. Contenutivamente tanti sono i temi trattati, dall’immigrazione algerina all’integralismo arabo, passando per lo xenofobismo, il fascismo e il nazismo, la prostituzione, la droga, i piaceri delle piccole cose, l’amicizia, l’amore, il senso dell’onore e del dovere che nulla ha a che fare con la morale, e molto altro ancora.
Un noir ben strutturato, senza pretese e senza gesta eroiche impossibili.
«Annaffiarle, significava far vivere l’anima del posto. Sei stata tu ad insegnarcelo. Li dove vive l’anima, l’altro è vicino. Avevo bisogno della tua esistenza. Per andare avanti. Aprire le porte intorno a me. Vivevo nel chiuso. Per pigrizia. Ci si accontenta sempre più facilmente. Un giorno, ci si accontenta di tutto E si crede di aver trovato la felicità».
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Cala, cala, Fabio!
JEAN-CLAUDE IZZO - CASINO TOTALE 1995
SPOILER (lieve)
Fabio Montale, disincantato poliziotto con un passato da piccolo criminale, è alle prese con una delicata indagine sulla morte dei suoi migliori amici (ed ex complici) Manu e Ugo e di una ragazza, Leila, figlia di un immigrato arabo di cui è diventato amico. I due delitti alla fine appaiono in qualche modo collegati fra loro e alla guerra "mafiosa" in atto a Marsiglia.
L'indagine "gialla" scorre, e, anche se sul finale si ingarbuglia e si sfilaccia un po', giunge comunque dignitosamente fino all'epilogo.
Il vero protagonista, con un'indagine come pretesto, è Fabio Montale.
Superata la quarantina, senza compagna, il nostro vive malinconicamente e ogni tanto dà l'impressione di sbirciarsi nelle vetrine per vedere quanto è figo, con quell'aria malinconica.
Di poche parole, tormentato, solitario, ma con un certo successo con le donne, poco considerato sul posto di lavoro, ma capace di intuizioni notevoli, isolato e scontroso, ma con amici, colleghi e vicini di casa alla fine pronti e solleciti. Amante del mare, delle escursioni in barca in solitaria, dei libri, della musica e del vino.
Manca qualcosa?
No, e infatti – secondo me – il personaggio a tratti appare un po' troppo "caricato", leggendo si ha quasi l'impressione di accorgersi in anticipo di quando arriverà la battuta ad effetto o la frase noir da sottolineare (che io – ovviamente – sottolineo, eh, che questo tipo di personaggio di sicuro mi piace). Niente di male, per carità. Ma a Marlowe/Chandler veniva meglio.
"Le misi un dito sulle labbra prima che potesse dire qualcosa. Un arrivederci. Un a presto. O qualsiasi altra cosa. Non mi piacevano le partenze. E neppure i ritorni. Desideravo solo che le cose succedessero, così come dovevano succedere."
Anacleto, se avesse potuto fare una comparsata, direttamente da "La spada nella roccia" avrebbe detto "Cala, cala, Fabio!"
Comunque, al di là di queste mie idiosincrasie (Fabio Montale non è l'unico detective che si sbircia nelle vetrine) la storia scorre piacevolmente e il protagonista, anche se un po' "caricato" si fa apprezzare.
Ma c'è un motivo per cui vale proprio la pena di leggere questo libro.
Ed è che il protagonista non è Fabio Montale, ma è Marsiglia.
E sarà perché è la città natale di Edmond Dantès, ma la amo particolarmente e mi piace come la fa vivere Izzo. Mettendone proprio in risalto i molti difetti e i pochi pregi.
Una città bellissima e malinconica e che – diversamente dal protagonista – non se la tira e non si compiace.
(Poi, leggendo la – purtroppo – breve biografia dell'autore ho saputo che ha sempre vissuto a Marsiglia, tranne un periodo in cui si è trasferito a Saint-Malo che è la mia città dell'anima.
Non posso ignorare siffatte coincidenze, dal momento che so che l'universo non è pigro).
Quindi certamente finirò la produzione di Izzo, e non solo quella su Fabio Montale.
Infine, una notarella scema, ma che mi è piaciuta parecchio: l'autore dà dei piccoli titoli riassuntivi a ciascun capitolo, ad esempio: "Capitolo Nono. Nel quale l'insicurezza toglie ogni sensualità alle donne."
Lo trovo delizioso.
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Protagonista: Marsiglia
Protagonista del libro è Marsiglia. Al punto che a chi non la conosce viene voglia di visitarla. Una città affascinante, solare, ma anche pericolosa, dura, piena di contrasti e di vita. Un crocevia di vite e di sentimenti. Sospesa fra mare e terra, fra Europa ed Africa...
L'autore la descrive e ne parla quasi fosse una donna. E i personaggi del romanzo sembrano essere i suoi "figli": complessi, esaltati e depressi, sbandati, al confine. Una storia di amicizia e di sentimenti viscerali.
Un libro pieno di contrasti, che sono quelli della città, ma anche quelli dei protagonisti, con i ricordi dell'infanzia che si scontrano con i percorsi di vita pericolosi e criminali.
Lo consiglio a chi non teme le emozioni forti.
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"La mia città, sempre a metà strada tra la tragedi
Marsiglia, città e porto del Mediterraneo, pot-pourri di etnie che si fanno strada a gomitate, la violenza detiene il potere con poca speranza di riscatto per una vita migliore: "non è una città per turisti". Manu, Ugo e sopratutto Fabio fa emergere quel senso di tristezza infinita e pochi spiragli alla felicità, riconducibili ad una gita in barca per pescare e ad un piatto ghiotto fumante all'odore di basilico e cumino...